Reggio Calabria, 14 settembre - Questa mattina all'alba i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato in Calabria il latitante Domenico Aquino, 47 anni, esponente di vertice della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata “cosca Aquino”, operante a Marina di Gioiosa Jonica, mentre si trovava nascosto all’interno di un’abitazione, di proprietà del suocero, Vincenzo Tavernese all'ultimo piano di un immobile a quattro piani in contrada Scinuso a Marina di Gioiosa Jonica. Il boss Domenico Aquino, detto “u biondo”, era ricercato a seguito di un provvedimento restrittivo che lo aveva raggiunto al termine della prima fase della maxi operazione “Il Crimine”, conclusa nel mese di luglio 2010 e coordinata dalle Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Milano. L’attività investigativa che aveva portato all’arresto di circa 300 indagati per associazione mafiosa ed altro, aveva anche delineato la figura del boss latitante all’interno della “locale” di 'ndrangheta di Marina di Gioiosa Jonica. Giudicato con il rito abbreviato lo scorso 8 marzo, Aquino era stato condannato dal Gup di Reggio Calabria alla pena di 3 anni di reclusione. Tra il 2010 ed il 2011, l’Arma, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale di Reggio Calabria nella persona del procuratore Nicola Gratteri, aveva individuato e sequestrato bunker risultati nella disponibilità ddi Aquino. In particolare i luoghi in cui il boss si sarebbe nascosto durante la sua latitanza, e scoperti dalle forze dell'ordine fino alla cattura di oggi, sono:
- 11/10/2010, nel corso di perquisizioni domiciliari presso le abitazioni dei latitanti Domenico Aquino, Giuseppe Aquino e Rocco Aquino a Marina di Gioiosa Jonica strada Porticato, sono stati rinvenuti due bunker, di cui il primo presso l’abitazione di Giuseppe Aquino di piccole dimensioni, con chiusura azionata da un congegno meccanico scorrevole tramite un telecomando che emetteva segnali ad un lampione in ferro presente all’interno della villa posta nelle vicinanze del cancello d’entrata; il secondo presso l’abitazione del fratello Domenico, nel garage seminterrato dell'abitazione, di notevoli dimensioni, il cui accesso era celato da una parete mobile azionata da un congegno meccanico scorrevole su binari;
- 29/06/2011, nel garage dell’abitazione del fratello latitante Giuseppe Aquino è stato rinvenuto un bunker delle dimensioni di . 1,60x 1,70 x 2,00, accessibile attraverso una botola a scorrimento manuale della larghezza di 0,90 cm. La perquisizione è stata estesa anche all’abitazione di Rocco Tassone presunto fiancheggiatore del latitante, dove è stato scovato un altro bunker delle dimensioni di metri 1,10 x 1,15 e 2,50, accessibile da una botola dell’ampiezza di 0,90 metri, con possibilità di apertura a scorrimento sia manuale che elettrica. All’interno di quest’ultimo rifugio sono stati rinvenuti 8,8 kg di sostanza stupefacente da taglio per la droga di tipo prometazone e 200 grammi di dorozen.
Nel febbraio e agosto scorsi i Carabinieri avevano tratto in arresto i fratelli del boss latitante, ovvero Rocco Aquino, 52 anni, già inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi stilato dal Ministero dell’Interno, esponente apicale della “Provincia” e di vertice del “locale” di Marina di Gioiosa Jonica, e Giuseppe Aquino, 50 anni, elemento di spicco dell’omonima cosca. L'intervento di oggi da parte dei Carabinieri del ROS, del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di “Calabria” e dell’8° N.E.C. di Vibo Valentia, costituisce un risultato di eccezionale rilevanza nell’ambito di un’ampia manovra investigativa sviluppata dall’Arma e coordinata dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria nei confronti delle cosche della ‘ndrangheta che ha determinato, a partire dal 2004, la cattura di numerosi capi clan del calibro di Giuseppe Morabito, Pasquale Condello, Gregorio e Giuseppe Bellocco, Giuseppe e Salvatore Coluccio, Antonio Pelle, Girolamo Molè, Sebastiano Pelle, Santo Gligora, Saverio Trimboli, Francesco Perre e Francesco Pesce, Rocco Aquino, Rocco Trimboli e Giuseppe Aquino che, dalla latitanza, continuavano a dirigere i sodalizi di riferimento.
Chi è Domenico Aquino
Domenico Aquino (09/05./965), è figlio di Vincenzo e fratello di Rocco e Giuseppe e fa parte, per diritto di sangue, dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta attiva in Marina Gioiosa Jonica (RC), già gravato da pregiudizi penali per guida senza patente, violazione legge urbanistica, modificazione dello stato dei luoghi, furto aggravato, favoreggiamento personale e concorso esterno in associazione mafiosa.
A conferma della sua appartenenza alla ‘ndrangheta, già nel 1997, nell’ambito di una indagine finalizzata all’accertamento dell’ipotesi delittuose di cui all’art.416 bis c. p., al fine di rendere inoffensive le enormi abitazioni della famiglia con vere e proprie fortificazioni abusive, la DDA di Reggio Calabria, con provvedimento nr.89/97 RGNR DDA dd. 29.07.1997, ne disponeva la perquisizione delle unità immobiliari (tra cui quella dell'interessato), con contestuale sequestro delle telecamere esterne, dei proiettori di luce e quant’altro ritenuto utile alle indagini.
Dalle indagini negli anni è merso come all’interno della famiglia Aquino risultavano peraltro inseriti noti brokers internazionali del traffico di cocaina dal Sud America, come gli Scali (Antonio, Natale e Vincenzo) ed i Lucà (Francesco, Nicola e Giuseppe), alcuni dei quali al centro dell’indagine “Decollo” del ROS che nel gennaio 2004, aveva portato a 154 provvedimenti restrittivi con il sequestro di oltre 5000 kg di cocaina e la documentata importazione di altri 7800 kg. Le indagini avevano anche documentato l’evoluzione criminale della famiglia Aquino dedita negli anni '70 soprattutto alla commissione di truffe e fallimenti fraudolenti e, in una seconda fase, pienamente attiva nel narcotraffico internazionale con collegamenti funzionali in Canada e negli U.S.A., oltre che nel riciclaggio dei relativi proventi, per lo più reinvestiti nel settore immobiliare.
Infine, Domenico Aquino era stato colpito dal provvedimento di fermo per il quale era ricercato, emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Il Crimine”. L’operazione nella quale le Procure di Milano e Reggio Calabria hanno raccordato e coordinato numerosi procedimenti penali collegati fornendo un quadro complessivo ed unitario degli assetti organizzativi della ‘ndrangheta, delle sue articolazioni extraregionali e dei comuni interessi illeciti, accertando come la matrice criminale, dopo un lento processo evolutivo, già delineato da alcuni collaboratori di giustizia nei primi anni ’90, abbia raggiunto una nuova configurazione organizzativa, in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni, soprattutto nei settori dell’infiltrazione negli appalti pubblici e del traffico internazionale di stupefacenti. Le investigazioni hanno infatti tecnicamente documentato come le cosche della provincia di Reggio Calabria rimangano il centro propulsore delle iniziative dell’intera ‘ndrangheta, nonché il principale punto di riferimento di tutte le articolazioni extraregionali, nazionali ed estere. A tali scopi è stato anche creato un organismo assolutamente inedito, denominato “Provincia”, riferimento dei responsabili di tre “mandamenti” in cui sono stati ripartiti i “locali” del capoluogo e delle aree tirrenica e ionica. Un ordine gerarchico all’interno di tale organismo che, tuttavia, garantisce ai singoli sodalizi ampi margini di autonomia e che risulta assicurato dai tradizionali gradi (“sgarro”, “santa”, “vangelo”) e ruoli (capocrimine, mastro di giornata e contabile) nei diversi livelli dell’organizzazione. L’attività investigativa ha documentato come tale modello organizzativo sia stato esteso anche alle proiezioni nel nord Italia (Lombardia, Liguria e Piemonte) e all’estero (in Svizzera a Zurigo e in Germania a Francoforte e in altre località) con la costituzione di “locali” e, laddove maggiore è risultata la loro concentrazione, di organismi assimilabili ai “mandamenti”, come in Lombardia e Liguria. Tali articolazioni, seppur dotate di libertà decisionale relativamente alle attività locali, rimangono comunque dipendenti dalla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. Proprio nel corso delle indagini sopra menzionate, sono state documentate numerose riunioni tra i maggiori esponenti delle cosche del mandamento ionico, per la risoluzione di problematiche interne, tra cui quella relativa all’omicidio di Carmelo Novella. Sono così emerse ulteriori conferme sull’operatività degli organismi denominati “provincia” e “mandamento” e la rispettiva influenza nella determinazione degli assetti dei sodalizi dipendenti, tra cui quello di Gioiosa Ionica, all’interno del quale veniva ricomposta una scissione, con la nomina a capo società di Rocco Aquino, fratello di Giuseppe e Domenico Aquino, in sostituzione di Nicola Rocco Aquino. Inoltre è stato possibile individuare gli interessi economici della cosca nella gestione, anche attraverso prestanome, di alberghi, esercizi pubblici, imprese edili ed immobili. Alcuni di essi, (un albergo, un bar e due imprese edili) che ammontano ad un valore di 10 milioni di euro, sono stati sottoposti a sequestro preventivo.
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