Reggio Calabria - Il Tribunale di Reggio Calabria, dopo cinque anni di dibattimento, ha assolto dall'accusa di associazione mafiosa l'ex senatore del Pdl Antonio Caridi. L'uomo politico era stato indagato dalla Dda con l'accusa di fare parte di una associazione segreta, capeggiata dall'ex parlamentare del Psdi, Paolo Romeo, condannato invece a 25 anni, con l'obiettivo di condizionare la politica cittadina e per avere agevolato le cosche De Stefano e Gullace, in cambio di sostegno elettorale.
Paolo Romeo e Alberto Sarra sono stati condannati a 25 e e 13 anni, al sacerdote di San Luca don Pino Strangio sono stati comminati 9 anni e 4 mesi di reclusione, l'avvocato Antonio Marra, ritenuto l'uomo di fiducia di Paolo Romeo (17 anni). L'ex dirigente ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, Marcello Cammera, è stato condannato a 2 anni di reclusione. Tre anni e 6 mesi di carcere sono stati comminati al commercialista Giovanni Zumbo, già condannato nel processo "Piccolo Carro" per essere stato la talpa dei boss Giovanni Ficara e Giuseppe Pelle.
Sono stati assolti, l'ex senatore di Forza Italia Antonio Caridi e l'ex presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa. Dei trenta imputati, 15 sono stati condannati e 15 assolti. Per undici degli imputati giudicati non colpevoli l'assoluzione era stata chiesta anche dalla pubblica accusa. Gli imputati assolti, oltre a Caridi e Raffa, sono Giuseppe Iero, Vincenzo Amodeo, Domenico Aricò, Amedeo Canale, Demetrio Cara, Maria Angela Marra Cutrupi, Teresa Munari, Domenico Nucera, Domenico Pietropaolo, Giovanni Pontari, Andrea Scordo, Giovanni Carlo Remo e Rocco Zoccali.
Il processo "Gotha" è nato dalla riunione di alcune inchieste della Dda, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, che nel 2016 hanno svelato l'esistenza della componente riservata della 'ndrangheta. L'inchiesta che portato al processo é stata coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Sara Amerio, Roberto Di Palma e Giulia Pantano. Dal processo è emerso un "sistema di potere ambiguo" che, stando ai collaboratori di giustizia sentiti in aula, è stato caratterizzato da "promiscuità tra 'ndrangheta e ambienti istituzionali". Nelle settimane scorse, nella loro requisitoria, i pubblici ministeri avevano ricostruito i fatti del processo, parlando di "una lunga stagione di sistematica penetrazione nel tessuto politico-amministrativo locale, regionale, nazionale e sovrannazionale".
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