Lamezia Terme - "L’uomo, il medico, il ricercatore e il professore. E, infine, il Santo. Una vita e una missione", quella di Giuseppe Moscati, punto di riferimento per quanti, attraverso la medicina e la ricerca scientifica, vogliono promuovere il bene del prossimo e migliorare la vita della comunità. Il profilo del “medico degli ultimi”, vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900, è stato raccontato dal dottore Paolo Gulisano, nell’ambito dell’iniziativa che si è tenuta nei giorni scorsi al Polo Tecnologico 'Carlo Rambaldi'.
Parlando agli studenti del suo libro “Giuseppe Moscati. Il Santo Medico”, Paolo Gulisano ha tratteggiato la vita di un uomo che non ha abbandonato la sua professione, ma è rimasto medico fino alla fine e, da medico, è diventato santo. Aveva capito che questa era la sua missione, a cui doveva consacrare tutta la sua vita, nel servizio del prossimo. Scelte radicali, quelle del medico campano, che rinunciò alla carriera di scienziato e universitaria per servire gli ammalati. Durante il giorno, prestava servizio in ospedale e poi, fino a tarda sera, curava le persone nel suo ambulatorio. Aveva creato una sorta di sistema di redistribuzione del reddito: nella sala di attesa del suo studio, c’era un cappello-cilindro con la scritta “chi ha, metta; chi non ha prenda”. Non “un’immaginetta da venerare” Moscati ma “un modello da seguire, in particolare in questo periodo postpandemico, in cui abbiamo capito l’importanza della medicina e del servizio agli ammalati. In una fase in cui persino le istituzioni ci imponevano di non visitare i malati, la coscienza ci ha portati ad uscire per andare a curare”. Da qui l’invito di Gulisano a prendere coscienza del fatto che la medicina non è solo tecnica, ma è cura, prossimità, vicinanza all’altro.
Il ricordo del periodo della pandemia anche nel saluto iniziale della dirigente Anna Primavera, per la quale “il messaggio, la testimonianza e la professionalità di figure come Giuseppe Moscati rimane nel tempo, non passa mai. Lui scelse di stare al capezzale dei malati, anche a rischio di contagiarsi. È passato quasi un secolo dalla sua missione, ma oggi lo sentiamo vicino perché abbiamo bisogno di riscoprire quell’umanità che è alla base dell’attività medica e scientifica”. La dirigente ha anche ricordato la professoressa Maria Aiello, docente del Polo, scomparsa recentemente. Ricordo a cui si è associata la professoressa Sinopoli, che ha avuto “parole di apprezzamento e di affetto nei confronti di una collega ed amica che aveva il grande dono dell’ascolto”. Per il professore Mario Vigliarolo, che ha moderato l’incontro, “l’insegnamento di Giuseppe Moscati ci invita a considerare ogni ammalato non come un paziente o un cliente, ma come una persona. Questo è un messaggio importante sia per quanti di voi frequentano l’indirizzo medico e intraprenderanno professioni nell’ambito medico-sanitario, sia per quanti seguiranno altri percorsi professionali: la persona è al centro di ogni attività umana”.
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