Lamezia Terme - "In qualità di gruppo provinciale del Movimento delle Agende Rosse “Paolo Borsellino”, con sede a Lamezia Terme, sentiamo l’urgenza di intervenire sul tema dell’antimafia militante e sulla presunta deturpazione dell’immagine della città a opera di chi proprio qui parla e scrive di mafia" è quanto affermano in una nota il Movimento Agende Rosse - Gruppo provinciale “Paolo Borsellino” – sede di Lamezia Terme, la Coordinatrice Silvia Camerino e il Gruppo direttivo: Salvatore Borsellino, Antonio Chieffallo, Giulia Dattilo, Marco Folino, Daniela Lucia, Emanuela Stella.
“Lamezia Terme - sottolineano - è anche terra di mafia che dobbiamo raccontare con coraggio e lealtà, consapevoli che dentro alla maturazione del desiderio di una città felice, s’annida e s’è annidato da sempre un dramma, che non supereremo avvalendoci dell’inconsistente potere dell’affatturazione di parole cangianti e devote al sole morente. Il cambiamento si regge sulla struttura di una visione etica, politica e civile della società. Avere un’identità chiara, che non si allea con l’esclusività di una cerchia di eletti o elettori, poiché il sentimento, come scriverebbe Gesualdo Bufalino sarebbe quello di una rabbia di Dio, l’esempio di una stagione che non esiste”, con queste parole, la coordinatrice del gruppo Silvia Camerino ha sottolineato l’importanza della consapevolezza e del racconto".
"A Camerino hanno fatto eco - proseguono - i membri del direttivo, Salvatore Borsellino, Antonio Chieffallo, Giulia Dattilo, Marco Folino, Daniela Lucia ed Emanuela Stella. Sottoscrivendo le parole della coordinatrice, noi attivisti intendiamo chiarire che l’antimafia militante non è superflua o addirittura controproducente: è, al contrario, sempre più urgente e necessaria. E lo è in particolar modo a Lamezia e in Calabria, dove ci si ostina ad essere ingenuamente o consapevolmente ciechi nei confronti della presenza capillare del sistema mafioso. Qui l’attivismo quotidiano è fondamentale non solo per porre interrogativi e mettere in evidenza situazioni scomode, ma anche per sensibilizzare e sottolineare l’esistenza del marcio, dell’illegalità, dell’ingiustizia".
"In qualità di attivisti delle Agende Rosse riteniamo che - precisano - se si percepisce come superfluo dar luce a questo cancro sempre più capillare e mutato nel suo agire, con il rischio che addirittura una parte della collettività si senta offesa - a dispetto delle famiglie che attendono giustizia, delle numerose inchieste giudiziarie e giornalistiche, di un quotidiano costellato da un fare mafioso ancora troppo diffuso - allora è evidente che si debba continuare a sottolineare l'importanza dell'approfondimento, nonché della memoria delle vittime innocenti. Parlare di mafia a Lamezia Terme e, comunque, in qualsiasi città che è stata ferita da questa piaga, non è mai semplice. Significa sfidare la stanchezza, la rimozione e i silenzi comodi. Noi Agende Rosse lametine viviamo con dolore il dover assistere a chi attacca l’attivismo antimafia, riconoscendo comunque in questi attacchi poco amore per la cultura e molta insofferenza verso la verità. Una verità che gli attivisti dell’antimafia non smetteranno di cercare e di proteggere, perché non è accettabile che, con la scusa della critica culturale, si faccia passare il messaggio che chi racconta la mafia debba essere rieducato, messo da parte o derubricato a ossessione monotematica".
"Se qualcuno dagli scranni politici decide di nascondere la testa sotto terra, finendo per essere negazionista, rischia di legittimare l'idea che la mafia - più correttamente la massomafia dei colletti bianchi - possa sostituirsi allo Stato nell'amministrazione di un'intera città. Ad offendere la Lamezia Terme onesta e innamorata della legalità sono coloro che oscurano l'evidenza dei fatti giuridici: si tratta di una fetta di città che supera di gran lunga la manciata di voti che un singolo partito può ottenere, perché è trasversale e ha piena fiducia nel lavoro di contrasto alla mafia portato avanti da giudici intellettualmente onesti e coraggiosi. Lamezia Terme non ha bisogno di negare a sé stessa - di fronte all'evidenza - che la mafia sia parte integrante del suo territorio ancora oggi; né può permettersi di censurare la letteratura che porta a galla il substrato criminale dell'intero Paese. Il negazionismo verso il fenomeno mafioso alimenta la cultura mafiosa del silenzio assenso, soprattutto se la motivazione alla sua base è un puro opportunismo politico".
"Sentiamo proposte in merito a festival di letterature e ne siamo entusiasti, perché la cultura, i libri e le discussioni su di essi alimentano il senso civico e la libertà di pensiero e d’espressione. Tuttavia non reputiamo costruttivo contrapporre tali lodevoli iniziative, seppure al momento solo auspicate, a manifestazioni parallele che hanno come fulcro i libri sulle mafie: la riflessione critica, la ricerca e l’esposizione dei fatti trovano spazio in questi eventi. Scrivere di mafia presuppone che vi sia stata una ricerca, che vi sia una preparazione documentale e che siano state registrate testimonianze delicate e difficili. Dare spazio a simili incontri è un dovere di tutti, da testimoniare ogni giorno, senza che chicchessia si ritenga offeso. Una comunità dovrebbe offendersi laddove si pretenda di farla ristagnare nell'omertà, nel timore del confronto e della libera espressione, anche e soprattutto rispetto ai mali che la affliggono e dai quali sente il bisogno di riscattarsi. La lotta alle mafie è ancora in corso. E ogni voce che la tiene viva è presidio di libertà".
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