Roma - In Calabria sono 50 i comuni (per una popolazione complessiva di 99.878 abitanti) completamente privi del servizio di depurazione. Mentre le perdite idriche nelle reti di distribuzione comunali ammontano al 45,1% dell'acqua immessa nelle condotte. Nel capoluogo di regione, ad esempio, a fronte di un volume d'acqua messo in rete di 18.472 metri cubi (pari a 582 litri pro capite), 9.500 metri cubi (299 litri pro capite) vengono erogati per usi autorizzati, registrando una percentuale sui volumi messi in rete del 48,6%. A Catanzaro, secondo Istat, le perdite idriche totali nelle reti comunali di distribuzione della acque potabili vanno da 25 a 39 metri cubi al giorno per chilometri di rete.
Sono i dati che emergono dal Censimento delle acque per uso civile 2020 dell'Istat e in particolare dalle tavole statistiche messe a disposizione degli utenti in vista della Giornata mondiale dell’acqua 2022, che rappresentano la fotografia dei servizi idrici per uso civile in Italia, dal prelievo di acqua per uso potabile alla depurazione delle acque reflue urbane. Secondo quanto emerge dai report di Istat nei 21 Comuni capoluogo di Regione e Provincia autonoma italiani (dove vivono 9,7 milioni di abitanti) il 94,7% della popolazione residente risulta allacciata alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di successivi impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Il servizio pubblico di fognatura è assente per 514mila residenti nei capoluoghi. In questi casi le acque reflue urbane vengono convogliate generalmente verso sistemi autonomi di smaltimento, quali ad esempio vasche Imhoff private, soprattutto nelle aree con case sparse e zone difficilmente raggiungibili. A livello di ripartizione territoriale si nota un divario nella copertura del servizio in termini di residenti: la presenza del servizio è maggiore nei capoluoghi di regione del Nord (98,2%), si riduce nel Mezzogiorno (96,0%), per raggiungere il minimo al Centro (89,7%).
Una copertura del servizio pubblico di fognatura pari ad almeno il 95% dei residenti si riscontra in 15 capoluoghi di regione. Nei restanti sei Comuni le percentuali sono comprese tra il 94,9% di Ancona e l’87,8% di Catanzaro. Una presenza quasi completa del servizio si registra a Bologna, Cagliari, Torino e Trento, con percentuali pari ad almeno il 99%. Tuttavia, rileva Istat, “non tutti i reflui collettati dalla rete fognaria pubblica sono convogliati verso impianti di depurazione delle acque reflue urbane, infrastrutture indispensabili per ridurre l’inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei”. Nel 2020 si stima che il 93,7% della popolazione residente nei Comuni capoluogo di regione e provincia autonoma usufruisca del servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane. Sono circa 605mila i residenti privi del servizio, che in parte utilizzano sistemi privati di smaltimento e trattamento dei reflui oppure sono collegati a una rete fognaria pubblica che convoglia le acque di scarico direttamente in corsi d’acqua superficiale o a mare tramite condotta sottomarina. Le città del Nord, con il 98,2%, raggiungono la copertura maggiore del servizio, con circa 70mila residenti non serviti, mentre il Mezzogiorno si attesta al 94,0% (circa 138mila residenti non serviti) e il Centro all’88,4% (circa 397mila residenti). La percentuale di popolazione servita è inferiore al 90% nei Comuni di Perugia (85,7%), Campobasso (87,4%), Roma (87,5%) e Catanzaro (87,8%).
Diminuisce di poco l’acqua erogata nelle reti di distribuzione dei capoluoghi
Nel 2020, Istat ha rilevato che il servizio di distribuzione dell’acqua potabile nei 109 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (dove risiedono 17,8 milioni di abitanti, il 30% circa della popolazione italiana) è in carico a 95 gestori. In 100 Comuni (17,2 milioni di residenti) la gestione del servizio è specializzata mentre nei restanti nove (600mila residenti) è prevalentemente in economia. In quest’ultimo caso è il Comune che ha la responsabilità del servizio. La rete di distribuzione dei Comuni capoluogo si sviluppa complessivamente su oltre 57mila chilometri di rete, calcolati per circa l’80% della lunghezza attraverso un sistema informativo territoriale.
I gestori hanno complessivamente immesso in rete 2,4 miliardi di metri cubi di acqua (370 litri per abitante al giorno) ed erogato 1,5 miliardi di metri cubi per usi autorizzati agli utenti finali, pari a 236 litri per abitante al giorno, fatturati o forniti ad uso gratuito. I volumi movimentati nelle reti dei capoluoghi storicamente rappresentano il 33% circa dei volumi complessivamente distribuiti sul territorio nazionale. Rispetto al 2018 i volumi immessi in rete si riducono di oltre il 4%, i volumi erogati dell’1,6%. L’intensità dell’erogazione dell’acqua è fortemente eterogenea sul territorio perché legata alle caratteristiche infrastrutturali e socio-economiche dei Comuni. Nei Comuni capoluogo del Nord, dove i volumi erogati raggiungono il massimo (256 litri per abitante al giorno in media), si ha un significativo differenziale tra quelli del Nord-ovest (282 litri) e del Nord-est (220). Il quantitativo erogato si riduce nei capoluoghi del Centro (231 litri), del Sud (221), per poi raggiungere il minimo nelle città delle Isole (194). Tra i 109 capoluoghi, volumi superiori ai 300 litri per abitante al giorno si riscontrano nelle città di Milano, Isernia, Cosenza, L’Aquila, Pavia e Brescia. Di contro, sotto i 150 litri per abitante si trovano Barletta, Arezzo, Agrigento, Andria e Caltanissetta.
Perdite idriche in leggero calo nei capoluoghi di provincia
Nel 2020 sono infatti andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018). Proseguendo la tendenza già segnata nel 2018, le perdite totali di rete si riducono di circa un punto percentuale. Le perdite totali di rete sono da attribuire a fattori fisiologici presenti in tutte le infrastrutture idriche, alla vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e a fattori amministrativi, riconducibili a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi, per una quota che si stima pari al 3% delle perdite. In più di un capoluogo su tre si registrano perdite totali superiori al 45% . Le condizioni di massima criticità, con valori superiori al 65%, sono state registrate a Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). All’opposto, una situazione infrastrutturale decisamente favorevole, con perdite idriche totali inferiori al 25%, si rileva in circa un Comune su cinque. In sette capoluoghi i valori dell’indicatore sono inferiori al 15%: Macerata (9,8%), Pavia (11,8%), Como (12,2%), Biella (12,8%), Milano (13,5%), Livorno (13,5%) e Pordenone (14,3%). In nove Comuni, tre del Centro e sei del Mezzogiorno, si registrano perdite totali lineari superiori ai 100 metri cubi giornalieri per chilometro di rete, generalmente superiori al 50% in termini percentuali.
Bruno Mirante
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