Lamezia, la denuncia: "Mia madre abbandonata in Pronto soccorso nonostante le costole rotte"

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Lamezia Terme – “Quello che è accaduto a mia madre giovedì 7 agosto al pronto soccorso di Lamezia Terme non è solo una vicenda personale: è il simbolo drammatico di una sanità calabrese ormai al collasso, che troppo spesso calpesta la dignità dei pazienti e lascia le famiglie nello sconforto”. È la denuncia della figlia di una paziente recatasi al pronto soccorso, nei giorni scorsi, a seguito della caduta della madre.

“Ha riportato la frattura di due costole – racconta la donna - una delle quali scomposta. Trasportata in ambulanza, è arrivata in pronto soccorso poco prima delle 21. Nonostante la gravità, dopo i primi controlli di saturazione ed elettrocardiogramma è stata “parcheggiata” all’interno, senza che nessuno la prendesse in carico. Non c’era caos, non c’era emergenza diffusa: solo indifferenza. Il tutto aggravato da atteggiamenti di bullismo e maleducazione da parte delle infermiere all’accettazione. Quando mia madre ha iniziato ad accusare un dolore lancinante e difficoltà respiratorie, ho temuto il peggio. Ho dovuto cercare disperatamente un medico e chiedere, quasi supplicando, che si salvasse la vita di mia madre. Un medico, che non era nemmeno assegnato al caso, ha deciso di prendersene cura con professionalità e umanità. Grazie a lui si è potuto accertare con RX e TAC la gravità della frattura, con rischio di complicanze al polmone. Senza il suo intervento tempestivo, non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere. Ma da quel momento è iniziato un calvario fatto di attese interminabili, mancanza di assistenza di base, ritardi ingiustificabili. Due ore per ottenere un pannolone. Un’anziana con costole fratturate invitata ad alzarsi da sola per andare in bagno. Minacce di catetere imposte come “ricatto”. Mia madre, che dopo quasi due giorni in barella è stata trasferita in obi, immobilizzata, con dolori lancinanti, è stata lasciata per tutta la notte completamente bagnata, dopo aver chiesto per ben tre volte di essere cambiata dalla mezzanotte in poi. Nessuno è intervenuto. Ha dovuto sopportare ore in condizioni disumane, con la camicia da notte zuppa, le lenzuola fradice da strizzare, fredda e umiliata, mentre il personale si limitava a rimandare. Solo alle 7:30 del mattino un’infermiera si è presentata, dicendole di “aspettare il cambio turno”. Questo non è un semplice disservizio: è una violenza psicologica e fisica verso una persona fragile, che meritava cura e rispetto. È una vergogna che grida giustizia”.

Non è accettabile, dichiara “che un pronto soccorso, luogo che dovrebbe salvare vite e offrire sollievo immediato, si trasformi in un inferno di attese, indifferenza e maltrattamenti. Non è accettabile che un paziente con questa gravità venga trattato come un peso. Non è accettabile che la dignità delle persone — anziane o meno — venga calpestata con tale leggerezza. Questa non è solo la storia di mia madre: è il destino che purtroppo tocca a troppi calabresi ogni giorno, costretti a misurarsi con una sanità inesistente, fatta di carenze croniche di personale, cattiva organizzazione, disinteresse verso i bisogni dei cittadini. Perché queste persone, abilitate ad avere in mano la salute dei pazienti, non vengono valutate, formate, monitorate? Perché non si procede con provvedimenti disciplinari seri verso chi manca di umanità e rispetto? La Calabria non può più tollerare questo stato di abbandono. La politica, le istituzioni, le direzioni sanitarie devono assumersi la responsabilità di cambiare radicalmente un sistema che sta negando ai cittadini il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione. La sanità non è un privilegio: è un diritto. E la dignità delle persone deve venire prima di tutto”.

 

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