
Lamezia Terme - Un po’ come accade a Ferragosto quando si è tutti in vacanza e la politica, quasi di nascosto e senza rumore, prende decisioni importanti mentre gli italiani sono al mare. In questo mese di dicembre, mentre nell’aria pian piano si sente il Natale e la gente sembra distratta, per Lamezia arriva la conferma (più volte annunciata dall’amministratore unico Sacal, Franchini) dello spostamento della base Canadair. A parte qualche voce isolata, quelli che “contano”, ovvero chi sta nelle istituzioni e ha sostenuto il presidente Occhiuto e le sue scelte adottate dalla Sacal, non hanno proferito parola. Magari qualcuno si è dilettato a tessere le lodi di Lamezia e della fiction Sandokan nella quale, tra l’altro, a quanto sembra nessuna maestranza locale ha prestato la sua opera. A cominciare dal sindaco Murone, dai neo consiglieri regionali Ionà e Bevilacqua, dal parlamentare Furgiuele, si sono guardati bene nel mandare ai giornali uno straccio di comunicato stampa per contestare la scelta e accusare il governatore di defraudare il territorio lametino che pure tanto generoso è stato con lui. Sì, dirà, però, della realizzazione degli hangar di Ryanair e si potrà tranquillamente rispondere che Ryanair ha investito ma anche grazie ai soldi di tutti i calabresi, ha avuto la possibilità di incrementare le rotte. Come dire: a sto prezzo!
Insieme alla vicenda Sacal, c’è l’emergenza criminalità. In questo caso i “nostri”, compresa una parte del Pd, che ormai si riunisce in due tronconi separati, hanno espresso la solita solidarietà pelosa alle vittime delle intimidazioni. Al di là di ciò che dovrà fare la magistratura inquirente e le forze dell’ordine, quello che si chiedono i cittadini è se questa classe dirigente è capace di sollevare le sorti della città o se al contrario “tirerà a campare” senza incidere nel tessuto sociale e culturale. Perché il guaio grande di Lamezia è stato sempre quello di avere, tranne rare eccezioni, politici senza carisma, asserviti ad altre città, che non hanno inciso sui tavoli che contano. La criminalità si alimenta se le istituzioni sono deboli, non danno risposte concrete, tentennano e si genuflettono a interessi ambigui. La criminalità trova campo libero laddove i politici pensano ai fatti loro e non lavorano per gli interessi della comunità.
La lettura dei recenti episodi, se per alcuni casi spinge ad arrivare a conclusioni logiche, per altri i segnali sono più preoccupanti perché riguardano imprenditori conosciuti con un peso economico di un certo rilievo e non possono essere considerati alla stessa stregua del piccolo commerciante vessato dal racket. C’è evidentemente qualcosa di più che “torna” a muoversi oltre a “coprire” spese legali. Nuovi equilibri da ristabilire tra cosche? E che riguardano la già contaminata economia? In tutto ciò quanta responsabilità c’è della politica e della classe dirigente in generale?
Antonio Cannone
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