Lamezia, parità di genere e identità individuale nel convegno "Doppio Cognome" nell'aula Garofalo

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Lamezia Terme - Una sentenza storica della Corte Costituzionale, la numero 131 del 2022, quella che ha cancellato l’automatismo nella trasmissione del cognome paterno ai figli, affidando all’accordo fra i coniugi la discrezionalità nel decidere se tramandare agli eredi i cognomi di entrambi, in un ordine sempre concordato, o un cognome singolo a scelta fra paterno e materno, ristabilendo il principio della parità di genere e della parità fra i coniugi sancita dalla Costituzione. Se ne è discusso in Aula Garofalo in un incontro moderato dall’avvocato Mariannina Scaramuzzino, Consigliere del CPO (Comitato Pari Opportunità) e vicepresidente Ondif (Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia) per la sezione di Lamezia Terme, e introdotto dall’avvocato Angela Davoli, presidente CPO e Ondif per la sezione di Lamezia Terme. A portare i saluti l’avvocato Giuseppe Pandolfo, tesoriere COA di Lamezia Terme, l’avvocato Maria Di Terlizzi, presidente della Camera Minorile di Lamezia Terme e Consigliere del direttivo nazionale UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili), l’avvocato Serena Perri, presidente AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) per la sezione di Lamezia Terme. Tre i relatori chiamati a dissertare sul tema: il professor avvocato Paolo Falzea, Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Magna Graecia di Catanzaro, il dottor Giovanni Garofalo, presidente del Tribunale di Lamezia Terme, l’avvocato Elena Morano Cinque, Consigliera per la Parità della Provincia di Catanzaro e docente a contratto di Diritto Civile all’Università Magna Graecia di Catanzaro.

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La sentenza, definita a più voci rivoluzionaria, era stata preceduta, come ricordato dall’avvocato Pandolfo e a seguire anche dai relatori, da precedenti interventi della Corte Costituzionale sul tema – nel 1988, nel 1998, nel 2006 – caduti nel silenzio e “nell’inerzia del Legislatore”. Nel 2016 la Corte finalmente si esprime dichiarando illegittima a livello costituzionale solo una parte della norma fino a quel momento vigente, e permettendo che i genitori, di comune accordo, possano includere il cognome della madre – dopo quello del padre – nel nome della prole. Con la sentenza del 2022 – “dopo troppi anni”, sottolinea il presidente Garofalo accordando con i colleghi – l’intera norma viene considerata illegittima, e l’Italia “in coda fra i paesi europei” si avvia verso un necessario processo normativo che lo stesso Garofalo definisce “non di rivendicazione, o di vendetta sul patriarcato, ma piuttosto di normalizzazione: un processo normale, come normale era rinnovare la normativa sull’aborto, sul divorzio, sul delitto d’onore, sulla violenza sessuale. Era necessario accettare un criterio obiettivo. Per quanto riguarda l’aggiornamento dei costumi credo sia ancora da venire”. Accorda su questo l’avvocato Morano Cinque, che cita una serie di commenti letti in coda ad articoli di giornale sull’argomento, spesso scritti da donne, che non sembrano riconoscere legittimità alla sentenza. “Io stessa porto un doppio cognome, per mia scelta personale - sottolinea - e ritengo che sia una conquista di parità, e un fatto estremamente significativo per l’identità di un individuo”. Si è focalizzato proprio sul valore e sul significato non trascurabile del cognome l’intervento del professor Falzea, che lo ha definito come “ciò che inserisce il bambino in una stirpe, che lo precede e che gli succede: il cognome è ciò che ci colloca nella nostra storia. Rappresenta il nucleo dell’identità giuridica e sociale di un individuo”.

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Da qui l’importanza di far sì che all’intervento giurisprudenziale sul tema, operato dalla Corte, faccia seguito un intervento legislativo da parte del Parlamento, in modo da regolare una materia abbastanza complessa evitando ad esempio che un bambino nato oggi possa avere cognome diverso dai fratelli maggiori, o la proliferazione di cognomi con il procedere delle generazioni. Rimane l’indicazione generale a rispettare le decisioni concordate dei coniugi, intervenendo su di esse il meno possibile. Si esprime a proposito l’avvocato Nicolina Perri, Consigliere COA del Tribunale di Lamezia Terme, chiamata a tirare le conclusioni. “Il cognome rappresenta in fondo solo l’inizio dell’identità: ciò che conta in questa sentenza è proprio la manifestazione del consenso, dare la libertà ai genitori di interloquire, di poter scegliere insieme, di esprimersi in maniera paritaria. L’intervento della Magistratura deve essere per questo residuale: dobbiamo essere noi a decidere come identificare i nostri figli”.

Giulia De Sensi

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