Ludopatia, sociologo Bianco: "A Lamezia e sul Reventino si gioca tanto, servono spazi evolutivi"

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Lamezia Terme - Tra le varie dipendenze che attanagliano la società odierna rientra la ludopatia. Gli stessi meccanismi e le stesse problematiche comportamentali derivanti da sostanze stupefacenti o da alcool le determina anche il gioco d'azzardo.  Esiste da sempre, dunque, non una 'nuova' dipendenza, e se non presa in tempo,  con cure integrate, rischia di divenire un tunnel senza uscita. Non si gioca più per vincere ma si gioca per continuare a giocare,  per ripetere meccanicamente lo stesso esercizio, per riempie un vuoto. 

A parlarne, nella sala del Museo Diocesano, in un convegno organizzato dal Rotary Club Lamezia Terme in collaborazione della Comunità Progetto Sud,  sono Domenico Galati, Presidente Rotary Club,  don Giacomo Panizza, Presidente Comunità Progetto Sud,  con gli interventi successivi del sociologo Giuseppe Bianco e dello psichiatra e psicoterapeuta, il dott. Sergio Cuzzocrea. La conclusione dei lavori invece è stata affidata a Roberto Gatto, responsible dell'area dipendenza della Comunità Progetto Sud. L'obiettivo dell'incontro è la sensibilizzazione al tema del gioco d'azzardo,  un invito a parlarne non come vizio ma come patologia da affrontare attraverso esperti. Un fenomeno che dal 2010 ad oggi registra un numero elevato di giocatori d'azzardo, con conseguenze gravi sia per il singolo soggetto, sia per la famiglia,  che per l'intera società. Ne deriva,  in maniera sempre più frequente,  il ricorso all'usura e quindi alla criminalità organizzata. Un vero e proprio dramma per cui il gioco, in questa accezione, non assume mai una fine.  È solo rovina.

"In passato non si parlava di riabilitazione - afferma don Giacomo Panizza - la letteratura non parlava di tutti questi effetti.  Faccio difficoltà a chiamarlo gioco,  direi invece azzardopatia, una patologia. Non sei più tu che giochi ma è il gioco a prendere te - poi aggiunge tre parole, attraverso cui trovare delle possibili soluzioni - Pensieri,  parole,  opere.  È una realtà che va affrontata e cancellata,  ma senza telecomando,  un passo alla volta. Si deve decidere quando iniziare e quando finire il gioco. In Calabria è necessario che la politica si attivi in servizi, c'è bisogno di qualcosa di serio e che duri".

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A tracciare alcuni spunti,  mediante un'attenta osservazione diretta sul territorio, è il sociologo Giuseppe Bianco. "A Lamezia e sul Reventino si gioca tanto - dice - sono stato in alcuni bar e locali per verificare da vicino, ed ho notato molte donne, pensionati,  con un attaccamento alla slot machine, a volte della durata di una intera giornata. Per un ritorno alla comunità è bene offrire spazi evolutivi,  per accogliere e confrontarsi,  ma anche formazione  nelle scuole". 

Secondo l'ultimo manuale diagnostico, a livello internazionale, la ludopatia è a tutti gli effetti una dipendenza perché, come afferma il direttore scientifico della Comunità di Recupero Fandango, Progetto Sud,  Sergio  Cuzzocrea "Coinvolge le stesse aree cerebrali coinvolte dalla cocaina.  Siamo nella dimensione della impulsività, in soggetti immaturi con un rapporto fragile rispetto alla ricerca del piacere". Secondo Cuzzocrea,  il fenomeno in estensione non è da associarsi solo al web,  alla nuova tecnologia,  ma al livello di tensione sociale. "La società ha meccanismi distorsivi - aggiunge - nasce come una fissazione,  compulsione". Si parla di frustrazione e ricerca di piacere immediato,  ma questo può avvenire anche per altro, come per  il cibo o il sesso. La cosa fondamentale per uscirne é il trattamento specifico da individuare. "La partita si gioca nella vita - dice Cuzzocrea avviandosi a concludere con l'invito a uscire dallo stigma - non si gioca nel setting. Non esiste il disturbo ma esiste una persona, che declina il disturbo. Nessun fiocco di neve cade mai nel posto sbagliato". 

Valeria D'agostino

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