Roma - Ampio e dettagliato il focus sul territorio del lametino all'interno della relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia presentata oggi in riferimento all'ultimo semestre 2021. Gli investigatori nazionali si soffermano sulle operazioni più importanti fatte sul territorio, a partire da quella "Alibante" contro la cosca Bagalà e tracciano un quadro sulle principali attività criminali.
Le cosche attive a Lamezia
"Nel territorio di Lamezia Terme ed in particolare in quelli di Sambiase, Sant’Eufemia, Curinga e Nocera Terinese - si legge nella relazione - risulterebbe attiva la cosca Iannazzo-Da ponte- Canizzaro. La cosca Torcasio-Cerra-Gualtieri sarebbe operativa a Nicastro soprattutto nel centro storico e in località Capizzaglie. Nel restante territorio di Nicastro sarebbero attivi i Giampà. Proprio nel lametino il 3 maggio 2021, nel corso della operazione “Alibante” 132 dei Carabinieri sono state tratte in arresto a Catanzaro 19 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta. L’operazione oltre ad attestare un durissimo colpo al locale di ‘ndrangheta denominato Bagalà operante sul versante tirrenico lametino con importanti rapporti con esponenti di vertice dei clan Mancuso di Limbadi e Pelle di San Luca rappresenta una risposta concreta delle Istituzioni alla richiesta di aiuto di due imprenditori vessati dalla consorteria criminale. In merito il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, si è così espresso: “è un risultato importante non solo sul piano giudiziario ma anche sul piano della risposta nel tranquillizzare l’opinione pubblica e la collettività che di Noi si possono fidare proprio come si sono fidati i due imprenditori che sono stati per anni vessati”.
"Qui anche imprenditori senza scrupoli"
Un passaggio importante si ha sulla capacità di infiltrazione nel mondo dell'economia. "Nel territorio di Lamezia Terme - scrivono nella relazione Dia - altri riscontri mostrano la presenza di una imprenditorialità senza scrupoli. Al riguardo il 25 maggio 2021 la Guardia di finanza ha eseguito una misura cautelare nei confronti di 5 imprenditori lametini nell’ambito dell’operazione “Sheffield” che ha fatto emergere come gli indagati, a partire dal 2016, svolgessero l’attività di trasporto su strada sfruttando una settantina di dipendenti versanti in uno stato di bisogno derivante anche dall’assenza di opportunità occupazionali alternative (vi è da aggiungere, che successivamente il Tribunale del Riesame ha annullato il sequestro a carico degli imprenditori coinvolti, accogliendo le tesi difensive, e tale provvedimento del Tdl è stato di recente anche confermato dalla Corte di Cassazione". "A margine dell’attività - proseguono - è stato disposto il controllo giudiziario delle due società, oltre al sequestro preventivo della somma complessiva di circa 3,5 milioni di euro, equivalente al profitto realizzato con lo sfruttamento di lavorativo".
Il traffico illecito di rifiuti
Focus anche sui reati ambientali. "Relativamente ai reati riguardanti il traffico illecito dei rifiuti - si legge nella relazione - è opportuno richiamare l’operazione “Quarta chiave” 135 condotta dai Carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro, del 18 giugno 2021, che ha consentito di trarre in arresto 29 persone quasi tutte di etnia rom, nonché sequestrare preventivamente 2 ditte individuali e 4 società a responsabilità limitata. L’inchiesta ha permesso di far luce sull’esistenza di una vera e propria impresa che effettuava illegalmente la raccolta e il trasporto di rifiuti verso ditte specializzate nel riciclo di rottami ferrosi provenienti dal territorio di Lamezia Terme. Le relative indagini erano state avviate nel luglio 2019 a seguito di un rogo di rifiuti divampato nelle vicinanze di una struttura ospedaliera".
Procuratore di Reggio Bombardieri: "Controlla interi settori economia"
”La 'ndrangheta preferisce lavorare sottotraccia”. E’ il commento del Procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, interpellato dall'AGI, riguardo ai contenuti dell’ultima Relazione semestrale della Dia sulle mafie italiane e straniere in Italia. “Un atteggiamento voluto – prosegue Bombardieri – e di questa sua scelta c’è traccia in alcuni importanti processi, come ‘Ndrangheta stragista’, in cui è emersa la riluttanza e la contrarietà di molte delle più importanti cosche ad avallare le strategie stragiste di Cosa nostra, preferendo cercare contatti con ambienti istituzionali e aggredire le istituzioni dal loro interno con la corruzione, infiltrandole più che combattendole”. Per il capo della Procura reggina, “questa strategia ha contribuito al suo rafforzarsi e di consolidare nel tempo i propri rapporti di affari ed i propri legami, anche grazie a chi non vedeva o faceva finta di non vedere, spesso in passato, grazie a chi sottovalutava appositamente la pericolosità di questa potentissima organizzazione criminale e le sue proiezioni nazionali ed internazionali”. Secondo Bombardieri, “la grande forza economica ed il controllo capillare del territorio ha consentito alla 'ndrangheta di affermarsi, quando non se ne è addirittura appropriata, in interi settori economici: nell’edilizia, nelle forniture, nella grande distribuzione, così inquinando fortemente l’economia legale, sino, in alcuni casi ed in alcuni territori, ad imporre le proprie regole anche per l’apertura di nuove attività commerciali imponendo una sorta di “autorizzazione” preventiva da parte dell’organizzazione criminale che tali territori controllava”.
Per il procuratore distrettuale di Reggio Calabria, inoltre, “la ‘ndrangheta si occupa di investimenti finanziari, di investimenti in settori dell’economia e della innovazione produttivita che aprono a mercati nuovi e internazionali. Non bisogna dimenticare – sottolinea - che in alcune indagini è emersa chiaramente la disponibilità per la ‘Ndrangheta di operare con le criptovalute”. Bombardieri, spiega, poi, che le misure di prevenzione sono al centro dell'attività della Procura. "Sono strumenti fondamentali per indebolire le cosche. In particolare – evidenzia il procuratore della Dda reggina - oltre alle richieste di natura oblatoria, grande attenzione è stata rivolta ai nuovi strumenti di controllo previsti dagli artt. 34 e 34 bis D.Lgvo 159\2011, considerata la diffusione sul territorio di imprese che, pur non direttamente coinvolte nella realizzazione dei fini illeciti delle organizzazioni criminali, ne subiscono comunque il condizionamento. Per la rimozione di queste situazioni di fatto - dice - è stato ritenuto prioritario un intervento graduale mediante la richiesta al Tribunale dell’adozione di provvedimenti temporanei di spossessamento gestionale e di controllo giudiziario finalizzati a realizzare “il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate”.
"Non criminalizzare porto G. Tauro"
Non bisogna criminalizzare il porto di Gioia Tauro. Lo dice il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, all'AGI. "La preoccupazione del mio ufficio - spiega - è sempre stata quella di non “criminalizzare” il porto di Gioia Tauro; di non far apparire il Porto stesso legato esclusivamente ai traffici internazionali di stupefacente. Il porto è una grande realtà economica che può rappresentare effettivamente il volano per l’economia legale di tutto il territorio, che proprio di queste occasioni di lavoro ha bisogno. E di questo è consapevole – sottolinea - la stessa società concessionaria che opera nel porto, che proprio in questa ottica di affermazione della legalità si è posta anche nei rapporti dei suoi vertici con l’autorità giudiziaria”. Per Giovanni Bombardieri, “non bisogna però nascondere che storicamente il porto ha costituito una porta di ingresso degli stupefacenti in Italia ed in Europa. Sin dalla sua realizzazione – sostiene - le ingerenze delle cosche di ‘ndrangheta dell’Area Tirrenica reggina sono state forti ed inquinanti, basti pensare a quanto processualmente accertato in passato. Oggi gli stringenti controlli messi a punto dalla Polizia Giudiziaria e dalla Agenzia delle Dogane con il coordinamento della nostra Direzione Distrettuale Antimafia - prosegue - hanno consentito e consentono sempre più di intercettare grosse spedizioni di stupefacente (per tonnellate e tonnellate) che dal Sud America passano per il Porto di Gioia Tauro, tanto, in alcuni casi da spingere le stesse cosche a preferire porti diversi per le loro illecite attività. Tutto ciò, è anche frutto della fiducia che la Dda di Reggio Calabria ha saputo creare, specie negli ultimi anni, intorno a sé, che la rende protagonista di continui e sistematici coordinamenti e collegamenti con le autorità giudiziarie e di polizia giudiziaria nazionali ed estere, per un nuovo metodo di lavoro che proprio nel collegamento e nel coordinamento delle indagini di diversi Uffici fonda la sua efficacia”.
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