Medico ritrovato morto a San Mango D'Aquino, il ricordo del figlio: "Professionista esemplare, fino all'ultimo legato alla sua missione"

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San Mango D'Aquino -  La scomparsa del dottor Antonio Blaganò - nella notte tra mercoledì 23 luglio e giovedì 24 luglio - ha lasciato tutti per giorni con il fiato sospeso, fino alla tragica notizia del suo ritrovamento nel pomeriggio di venerdì 1 agosto, purtroppo privo di vita. Nei giorni successivi al suo ritrovamento il figlio Mario - che non ha mai smesso di lanciare appelli per il suo ritrovemento - ha affidato ad un post pubblico sui social un ricordo del padre e dei giorni che hanno scandido l'attesa e le ricerche finite purtroppo nel peggiori dei modi. 

"Antonio Blaganò è stato un padre affettuoso, un marito fedele, un fratello su cui si poteva sempre contare, uno zio gioioso e un amico generoso per chiunque abbia avuto l’onore di stargli accanto. Ma, soprattutto, Antonio Blaganò è stato un grande medico. Mi raccontava spesso di quanti anni della sua gioventù avesse sacrificato per gli studi di Medicina all’Università di Pavia, spinto dall’incoraggiamento di suo padre, nonno Francesco, che lo aveva motivato a studiare e a diventare medico. La sua vita, come quella di tutti, ha conosciuto cambiamenti e svolte, ma un punto fermo non è mai venuto meno: l’amore per la sua professione".

"In questi giorni molte persone - precisa - mi hanno scritto raccontandomi di come mio padre abbia salvato loro la vita, o quella dei loro figli o dei loro cari. Altri hanno ricordato come abbia fatto nascere i loro bambini, descrivendo l’esperienza umana e professionale unica che hanno vissuto con lui. Dopo la specializzazione in Ginecologia e Ostetricia a Pavia, papà ha esercitato per gran parte della sua carriera come ginecologo. Successivamente ha lavorato in diverse cliniche e nelle carceri, per poi scegliere la continuità assistenziale, affezionandosi profondamente alla piccola cittadina dove avrebbe voluto trascorrere la pensione: Nocera Terinese. "Papà, ma smettila di lavorare così tanto!", quante volte gliel’ho detto in questi anni. Ai dirigenti dell’ASP, che non perdono occasioni per fare comunicati su convegni inutili, ma che sul caso di mio padre non hanno nemmeno fatto un comunicato né quando è scomparso né quando è morto. Ai dirigenti dell'Asp dico che gli dovrebbero erigere una statua per aver lavorato tutti i Natali, i Capodanni e i Ferragosto degli ultimi dieci, quindici anni, quando tanti altri medici non erano disponibili, spesso per scelta, a volte per carenza di organico. Lui non diceva mai di no".

"Mi raccontava che spesso lo chiamavano chiedendogli il "favore" di coprire i turni festivi che nessuno voleva fare, e lui accettava. Negli ultimi anni i suoi turni erano massacranti: iniziava alle 20:00, finiva alle 8:00 del mattino successivo, e riprendeva alle 20:00 dello stesso giorno. La mattina della sua scomparsa stava proprio completando un turno di notte: qualsiasi cosa gli sia successa, è avvenuta mentre era in servizio, visto che le telecamere lo hanno visto uscire alle 5:00. "Ma papà - gli dicevo - ma che te ne importa? Prenditi un mese di vacanza! Si adatteranno". E lui, con la sua calma, rispondeva sempre: "Non posso, davvero. Non ci sono abbastanza medici". Ed era vero che nella continuità assistenziale c’è un grave problema di organico, ma a volte se ne approfittavano chiaramente. Papà non lavorava per il denaro: per lui essere medico era un’identità, un modo di essere, qualcosa che veniva prima di tutto. Non c’era posto in cui fosse più felice che sul lavoro. Oltre a essere un medico straordinario, era il miglior medico che io abbia mai conosciuto. Non ricordo una sola diagnosi sbagliata in tutti questi anni, anche a distanza: bastava inviargli una foto e spiegare i sintomi, e lui indicava con precisione cause e rimedi. Senza offesa per gli altri medici, ma quando mi davano un parere diverso dal suo, 9 volte su 10 aveva ragione papà. Era il frutto di tanti anni di studio, esperienza e intelligenza. Ora, nell’attesa che si faccia chiarezza su quanto accaduto, più che ricevere parole di conforto, mi piacerebbe che chi l’ha conosciuto condividesse pubblicamente un ricordo o un’esperienza vissuta con lui. Su Facebook, sui giornali, con gli amici, al bar. Sono certo che, ovunque si trovi, gli farà piacere leggerlo o ascoltarlo. Grazie".

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