Lamezia, intervista al Procuratore Curcio: "Non servono eroi o superpoteri ma una straordinaria ordinarietà" - VIDEO

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Lamezia Terme - A capo della Procura lametina da poco più di sei mesi, il procuratore Salvatore Curcio ha alle sue spalle anni in cui ha rappresentato la pubblica accusa in importanti processi, tra cui, tanti, vista la sua ventennale esperienza nella Dda, contro la ‘ndrangheta calabrese in generale ma anche lametina, quando da pubblico ministero sosteneva l’accusa contro quello che poteva essere il “Gotha” della’ ndrangheta locale.

Curcio che, nel suo discorso di insediamento si era rivolto ai cittadini lametini, affermando di lasciare sempre aperta la porta del suo ufficio, perché fermamente convinto che la giustizia sia un “servizio importante per i cittadini”, ha lavorato e continua a lavorare, portando a casa, fin da subito, i primi importanti risultati. A partire da quella operazione Eumenidi, con la quale si inaugurò la sua “gestione” e che portò una bufera sulla Sacal. Ma da lì, l’ufficio non si è fermato: con lui abbiamo tracciato un bilancio di questi mesi alla Procura lametina, cercando di capire quali siano le problematiche più urgenti di un territorio e di una città come Lamezia.  

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Quali sono gli aspetti in particolare sui quali si sta concentrando la Procura lametina?

“Scopriremo l’acqua calda nel dire che il circondario di Lamezia è ad alta densità criminale, innanzitutto di tipo mafioso, quindi, l’attività di Procura è divisa tra la procura di Lamezia Terme, che si occupa di reati ordinari, e quella di competenza del Procuratore distrettuale che si occupa di reati di mafia. È un territorio, quindi, contrassegnato da forme di criminalità anche violenta. Abbiamo chiuso il 2017, con “soltanto”, se così si può dire, due omicidi, di cui uno soltanto consumato nella città di Lamezia Terme mentre il secondo nel territorio di Francavilla Angitola e, per entrambe le vicende omicidiarie, la Procura e le forze di polizia giudiziaria, hanno subito individuato gli autori del fatto e, per quanto riguarda Berlingieri, anche con un’attività investigativa particolarmente complessa, si è arrivati a scoprire quelli che riteniamo essere i presunti responsabili arrivando alla costituzione della misura cautelare in carcere. Per quanto riguarda l’attività investigativa, abbiamo lavorato in stretta collaborazione con la Procura distrettuale antimafia, mi piace ricordare a proposito, proprio perché si è trattata di una risposta immediata ed efficace, dell’attentato dinamitardo nei confronti del negozio “Il Fornaio” di via Piave. In quell’occasione la sinergia investigativa ha consentito di identificare gli autori del misfatto e di assicurarli alla giustizia.

Più in generale, nel corso di quest’anno, l’ufficio della Procura di Lamezia, si è occupato molto anche delle ipotesi di reato relative alle cosiddette fasce deboli, quelle violenze endofamiliari che, ahimè, ho notato essere una peculiarità di questo territorio. Ha avuto un eco mediatica non indifferente l’arresto di Giordano in relazione alla segregazione della cittadina rumena. Purtroppo le notizie di reato arrivano e, analizzando i flussi del 2017, i sostituti procuratori hanno ciascuno una cifra oscillante di procedimenti noti tra i 500 e 600 fascicoli, parliamo di 2500 notizie di reati solo a noti, un numero che lascia riflettere”.

Lei ha citato tre episodi rilevanti che hanno contraddistinto la cronaca lametina in questo ultimo anno, penso al caso di Gizzeria, ma non è stato l’unico.

“I reati di stalking, violenze sessuali, maltrattamenti in famiglia, anche di una certa “qualità”, provocando al coniuge o al minore lesioni di un certo tipo, sono frequenti. È uno spaccato su cui ci stiamo concentrando e ritengo che anche la società civile debba interrogarsi su questo. Pur essendo a conoscenza di protocolli ad hoc, la Procura non mancherà di attivarsi nelle sedi opportune per sollecitare diverse soluzioni, come anche la creazione di un telefono di assistenza a cui ciascuno con una chiamata gratuita potrebbe rivolgersi in caso di necessità. Pensando a turnazioni di emergenza, magari in orari notturni, dirottando possibilmente le chiamate ai centralini operativi delle forze di polizia. Lo stesso caso della cittadina rumena lo dimostra ed è emblematico in tal senso. Penso a quando la vittima stessa racconta di essere stata lasciata alla stazione ferroviaria di Lamezia, senza soldi, documenti o telefono e è stata costretta a tornare dal suo aguzzino”.

Passando ad altre tematiche su cui la popolazione chiede risposte: penso alla questione del campo rom, dei fumi e anche dell’inquinamento ambientale, come si muove la Procura in tal senso?

“La Procura di Lamezia in passato, con i colleghi che mi hanno preceduto, si è mossa e lo ha fatto bene, perché, oltre a mandare giudizio per i reati 452 bis, 452 quater e, per quest’ultimo reato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lamezia è una delle prime in Italia in riferimento al disastro ambientale, aveva provveduto al sequestro dell’intera area. Poi ha proceduto con indagini anche in relazione agli episodi che si sono verificati nel 2017, dalla fine di aprile in poi. Però i nostri compiti sono determinati: l’ufficio di Procura individua i responsabili, per i fatti penalmente rilevanti, può scattare l’arresto, li può mandare a giudizio e in caso farli condannare, ma non risolve la problematica del campo rom di Scordovillo, che abbisogna ovviamente e necessariamente di un concorso di condizioni riconducibili ad una attività di tipo amministrativo che, attraverso una pianificazione analitica e meticolosa, come è stato fatto in altri comuni della provincia di Catanzaro e a Catanzaro stessa, arrivi gradualmente allo sgombero e alla bonifica dell’area. È chiaro che, trattandosi di una attività non indifferente, abbisogna di una pianificazione a medio e lungo termine. Non si può pensare di sgombrarlo in 48 ore e di collocare in adeguata sistemazione alloggiativa tutti gli abitanti di Scordovillo. È una attività che va pianificata, ma se non si inizia mai è difficile che si possa avere una fine. Sono dell’idea che bisogna avere un profilo molto pragmatico e pratico, senza fare grosse dichiarazioni di principio. Si comincia con lo sgombero di uno o due famiglie, e si cominciano a sistemare loro, e si va avanti, fino allo sgombero totale e bonifica dell’area”.

E invece, per la questione mare e depuratori? Si parla sempre del problema mare sporco a ridosso della stagione estiva, come lo affronta dal suo punto di vista la Procura?

“Su questo argomento abbiamo iniziato già dall’anno scorso a gennaio e febbraio, portando avanti una attività diversa rispetto al solito: abbiamo coinvolto una serie di organismi di polizia giudiziaria, con competenze specifiche tecniche di settore come i carabinieri forestali, quelli del Nucleo operativo ecologico, la Guardia di Finanza, il reparto aeronavale, la Capitaneria di porto e abbiamo iniziato con loro una attività a tappeto, portando anche i primi risultati: due sono stati gli “incidenti di percorso” su due depuratori, l’ultimo dei quali nella seconda metà del mese di agosto a San Mango d’Aquino sul quale siamo intervenuti nell’immediatezza. Sono stati controllati a tappeto tutti i depuratori che, anche indirettamente, hanno a che vedere con il Golfo di Sant’Eufemia ed è stata portata avanti una attività di controllo capillare. Per la nuova stagione, riproporremo lo stesso schema di attività di indagine e ci siamo già sentiti con il Procuratore di Paola per cercare di riproporre questo modello investigativo in sinergia con quella Procura, che è poi il territorio confinante con il nostro. C’è da dire anche che non tutto è inquinamento dato dal cattivo funzionamento e dai liquami dei nostri depuratori. Il dato che un po’ penalizza questo golfo è quello delle correnti che portano detriti, plastica, anche dalle Isole Eolie. Per quanto riguarda il discorso monitoraggio della depurazione, abbiamo lavorato in maniera stringente. Ovviamente è stata coinvolta anche l’Arpacal per tutte le attività di controllo e anche per le analisi di laboratorio”.

Tornando alla cronaca, oggi (l’intervista è stata rilasciata il 19 gennaio, ndr) ricorre il primo anniversario dell’omicidio di Francesco Berlingieri.

“Per quanto riguarda questo omicidio, ritengo che questo ufficio abbia portato avanti una attività di indagine complessa, articolata, particolare perché in mano, al di là dei dati di generica, avevamo veramente poco. Siamo partiti da alcuni fotogrammi dalle riprese di videocamere di sorveglianza private e ci tengo a ribadirlo, solo ed esclusivamente private. Aspetto sul quale mi sono battuto molto, perché ancora non ho incontrato un fascicolo penale al cui interno ci siano riprese di videocamere comunali”.

Questo comporta un allungamento dei tempi?

“Non solo dei tempi e dei costi dell’indagine ma rappresenta un vulnus a quella che è la sicurezza della stessa cittadinanza. Per quanto riguarda quell’omicidio, devo dire che la Polizia è stata molto certosina e scientifica nel raccogliere i dati: subentrano anche problemi di allineamento delle varie telecamere. Non ci siamo limitati nelle indagini, abbiamo utilizzato sofisticati mezzi, anche la geolocalizzazione. I risultati che abbiamo avuto comunque sono assolutamente convergenti e le indagini non si fermano qua. Poi stiamo parlando di un soggetto che è indagato per reati dello stesso tipo, per un omicidio nel territorio di Catanzaro”.

 A proposito, tante sono state le ipotesi su questo e ai possibili legami con un episodio delittuoso avvenuto a Lamezia e che ha scosso la città di Lamezia, mi riferisco all’omicidio dell’avvocato Pagliuso. Ci possono essere dei collegamenti tra questi delitti?

“Su determinate situazioni non posso rispondere e non sarei titolato a farlo su fatti che non sono di mia stretta competenza e del mio ufficio. Però le dico che tra noi e la Dda c’è una stretta collaborazione, uno scambio informativo e investigativo continuo, per cui quello di cui la Dda è in possesso e che ci interessa è messo tempestivamente a nostra disposizione e lo stesso vale al contrario. Quello che pensiamo possa essere di interesse della Dda è messo a loro disposizione. Diciamo che questo stretto coordinamento e questa costante sinergia investigativa non può che essere produttivo”.

Riguardo, invece, allo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia, lei che ha avuto modo di conoscere bene sia la criminalità organizzata calabrese che quella lametina, visto che ha rappresentato la pubblica accusa nei vari processi che hanno riguardato le cosche del territorio, cosa pensa? Trattandosi del terzo scioglimento, arrivato a distanza di 26 anni dal primo, vuol dire che nulla è cambiato?

“Il discorso è molto complesso, quello che desta particolare preoccupazione è che in alcuni casi ci sia stata identità soggettiva, cioè che altri consiglieri facessero parte di altri consigli sciolti. Sempre per lo stesso motivo. È un problema di qualità dell’offerta politica? Non le saprei rispondere, certo è che una svolta bisogna darla. Certo è che è il terzo scioglimento e, pur non entrando nel merito, penso che un qualcosa che sfocia nella patologia c’è e, quindi, è una problematica che la cittadinanza deve affrontare”.

Operazioni come l’ultima della Dda, “Stige”, o lo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia, ci ricordano che la ‘ndrangheta può pervadere l’attività amministrativa. Secondo lei i comuni limitrofi a quello di Lamezia, potrebbero essere anche loro interessati?

“Posso fare un discorso di carattere generale: fare l’amministratore è complicatissimo, farlo in una terra come la nostra, che è estremamente contaminata dalla presenza di criminalità di tipo mafioso, è una sfida praticamente. Purtroppo spesso e volentieri abbiamo assistito ad amministratori che hanno preferito scegliere la scorciatoia del connubio e della contiguità con queste genere di organizzazioni che di fatto hanno finito per inquinare tutta l’attività amministrativa. Mentre una volta si poteva anche sostenere che la criminalità di tipo mafioso potesse in qualche modo essere servente al potere politico, ora è il contrario: è il potere politico che, spesso e volentieri è servente alle logiche di mafia e questo ha contrassegnato la realtà storica e politica di tutto il meridione”.

Un modello che si è esportato, anche questo.

“Dobbiamo fare i conti con una organizzazione criminale che attualmente rappresenta la leadership nel panorama mafioso e ha capacità reddituali enormi, sconfinate. Il problema della ndrangheta on è come fare i soldi, ma dove mettere tutti quelli che ha fatto. La capacità pervasiva della ‘ndrangheta spazia dalle intimidazioni, alle grandi capacità di corruttela che ha per la semplice ragione che, disponendo di risorse illimitate, può permettersi qualunque cosa. Quindi o c’è un contrasto serio, sano, improntato su valori non scalfibili o la loro capacità pervasiva è penetrante”.

Non l’antimafia delle parole ma dei fatti, quindi.

“Purtroppo in questo ultimo periodo abbiamo assistito a delle cadute “socialmente pericolose” perché, quando un movimento che si prefigge di perseguire determinati valori e principi viene meno, e viene meno in malo modo, è chiaro che a livello sociale provoca ricadute pesanti. Perché procura più danni una situazione del genere che perdere un processo di mafia: penso ad un giovane che si è avvicinato con tanto entusiasmo, con voglia di fare, che vede sgretolarsi quella stessa idea a cui aveva aderito con tanto entusiasmo, è chiaro che poi è un ragazzo disincantato, difficile poi è convincerlo che quello è una parentesi negativa e che non vengono meno le idee e i principi ai quali aveva aderito”.

Si perde di credibilità.

“Sì, è proprio questo che contrassegna in negativo la società calabrese, la mancanza di credibilità e di punti di riferimento credibili. Bisogna essere testimoni quotidiani del proprio impegno. Quello che manca alla nostra società non sono gli eroi o i superpoteri. Quello che manca è una straordinaria ordinarietà”.

Claudia Strangis

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