Lamezia, Adelchi Argada nei racconti del fratello Franco: "Oggi si batterebbe per la pace"

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Lamezia Terme - Sono passati 48 anni dalla morte di Adelchi Argada, ma di lui non è facile parlare. Forse non lo sarà mai, soprattutto per suo fratello Franco. È perché Adelchi nel ’74 aveva 20 anni – e non c’è cosa più ingiusta che morire a quell’età. È anche perché Adelchi aveva una personalità difficile da dimenticare. Rimasto orfano di padre molto presto, aveva dovuto lasciare la scuola dopo la licenza media, per andare a lavorare fuori, come operaio. Adelchi sapeva adattarsi, non aveva paura del mondo. Gli piaceva affrontarlo di petto, in maniera schietta e diretta, per onestà intellettuale e perché ne era curioso. “Soprattutto era un ragazzo molto generoso” dice Franco.

fratello-argada-22-787416ba1f39_606d2.jpgIl fratello Franco

Erano gli anni della contestazione e Otello, il terzo degli Argada, di poco più grande di Adelchi, militava nel Fronte Popolare Comunista Rivoluzionario, un gruppo extraparlamentare di estrema sinistra che lottava per la giustizia sociale. “Otello era già molto attivo politicamente, più di Adelchi - racconta Franco - che però quando era a Lamezia lo seguiva con piacere. Capitava spesso che ci fossero piccoli scontri – pugni e manganellate – con i gruppi neofascisti. Ma non era mai successo a Lamezia che ci fosse uno scontro a fuoco per motivi politici. Non era mai successo prima, a Lamezia, che uno di quei ragazzi perdesse la vita”. E invece la sera del 20 ottobre 1974 qualcuno nel gruppo avversario tira fuori una pistola, e ferisce uno dei compagni di Adelchi, Giovanni, che cade. Lui, invece di fuggire o indietreggiare, si lancia in avanti per soccorrerlo. Parte un altro colpo. Stavolta è diretto a lui, e non lascia scampo. I ricordi di Franco si confondono con le lacrime, ed è costretto ad asciugarsi gli occhi quando ricorda la telefonata con cui lo avvisarono. In realtà la voce si diffonde presto fra tutti i compagni di partito, e quella notte tanti si precipitano in ospedale. Qualcuno preso dalla rabbia va ad incendiare la sede del Movimento Sociale.

Ma presto l’odio lascia spazio ad altro: un sentimento profondo di solidarietà, di coscienza civile, collettiva, che trasforma i funerali di Adelchi in un’immensa manifestazione su Corso Numistrano. “C’era tutta Lamezia - ricorda Franco - tutte le fasce d’età, tutte le classi sociali, tutti i mestieri. Era un segnale per dire no alla violenza, sì alla pace”. Quando gli si chiede se pensa che la morte di Adelchi sia servita a qualcosa, risponde che “senza dubbio se c’è un senso è questo ed è un messaggio utile ancora oggi, in un mondo in cui le disuguaglianze sociali sono enormi, soprattutto al sud, e trionfano partiti populisti: il risveglio della coscienza civile è l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno”.

Giulia De Sensi

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