Dia Reggio Calabria arresta ex ministro Scajola

 

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Reggio Calabria - La Dia di Reggio Calabria ha arrestato l'ex ministro Claudio Scajola. Otto i provvedimenti eseguiti complessivamente stamani dalla Dia di Reggio Calabria che ha arrestato l'ex ministro Claudio Scajola. Tra gli arrestati, figurano persone ritenute legate al noto imprenditore reggino ed ex parlamentare Amedeo Matacena, anch'egli colpito da provvedimento restrittivo insieme alla moglie Chiara Rizzo ed alla madre Raffaella De Carolis. Matacena è latitante, dopo una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.

L' ex ministro Claudio Scajola, si è appreso, è stato arrestato dagli investigatori della Dia in un noto albergo della capitale. L’operazione in corso della Direzione Investigativa Antimafia si colloca nell’ambito dell’indagine denominata “BREAKFAST”, che da più di due anni vede impegnata la Dia di Reggio Calabria nella ricerca dei reinvestimenti di capitali illeciti, movimentati dalla ‘ndrangheta in Italia ed all’estero. Tra gli arrestati, oltre all’ex ministro Claudio Scajola ed alla madre dell’imprenditore reggino Amedeo Matacena, figurano Martino Politi, Antonio Chillemi e la segretaria di Scajola, Roberta Sacco. La Dia di Genova, infatti, questa mattina ha notificato a lei e alla segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordelisi, 52 anni, un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari.
I soggetti coinvolti nell’operazione sono gravemente indiziati a vario titolo di aver, attraverso la loro interposizione, agevolato l’imprenditore Matacena ad occultare la reale titolarità e disponibilità dei suoi beni, nonché di aver favorito la latitanza all’estero di quest’ultimo.
"L'onorevole Scajola è sereno, fiducioso nell'operato della magistratura e certo che la sua estraneità ai fatti contestati verrà pienamente accertata anche questa volta". Lo dichiarano i legali dell'ex ministro, avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito. "Prendiamo atto delle misure assunte dall'autorità giudiziaria nei confronti di Scajola - dicono ancora i legali - e chiediamo alla stampa di affrontare questa vicenda con professionalità e cautela, evitando sommari processi mediatici”.
Intanto, dopo le formalità di rito per l’arresto, l’ex ministro Scajola, è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli.

Inchiesta filone indagine su Belsito e Lega

L'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola rappresenta un troncone di una indagine molto più ampia coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, denominata, appunto, ”Breakfast”, che portò,nell’aprile 2012 ad indagare l'allora tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ed altre persone. Indagando sui reinvestimenti di capitali illeciti movimentati dalla 'ndrangheta in Italia e all'estero, gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, coordinati dal pm Giuseppe Lombardo, eseguirono una serie di perquisizioni a carico di varie persone. Tra queste l'imprenditore veneto Stefano Bonet, il procacciatore di affari Romolo Girardelli, detto 'l'ammiraglio' e ritenuto dagli investigatori vicino alla 'ndrangheta, e il consulente Bruno Mafrici, di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) ma residente a Milano. L’indagine è ancora in corso mentre l'ipotesi formulata dagli inquirenti è che Belsito abbia chiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all'estero di denaro tenuto in Italia. Gli inquirenti sono anche a caccia di un conto cifrato in Svizzera che potrebbe essere stato messo a disposizione degli emissari milanesi della famiglia di 'ndrangheta dei De Stefano di Reggio Calabria per riciclare il denaro. L'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ipotizza che tra i fondi neri della Lega finiti all'estero vi possa essere anche il denaro frutto degli affari illeciti della cosca De Stefano, fatto confluire nella massa di denaro gestita da Belsito allo scopo di riciclarlo e ripulirlo per nuovi investimenti.

Procuratore De Raho: "Arrestato perchè avrebbe aiutato Matacena a sottrarsi arresto"

"L'ex ministro Claudio Scajola è stato arrestato perché avrebbe aiutato l'ex parlamentare Amedeo Matacena a sottrarsi alla cattura per l'esecuzione pena dopo essere stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa". A spiegarlo è il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho. "L'inchiesta che ha portato all'arresto è nata nell'ambito di una indagine su tutt'altro argomento. Amedeo Matacena godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto".

Scajola, secondo l'accusa, avrebbe aiutato Matacena a sottrarsi alla cattura, cercando di farlo uscire dal Dubai, dove si trova attualmente, per farlo andare in Libano dove sarebbe stato al sicuro dall'arresto per l'esecuzione pena per la condanna a 5 anni subita per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex ministro avrebbe tentato di aiutare l’imprenditore in virtù dei rapporti che ha con la sua famiglia. Dopo essere fuggito dall'Italia, infatti, Matacena ha girato alcuni Paesi fino ad arrivare negli Emirati Arabi Uniti dove era stato arrestato dalla polizia locale al suo arrivo all'aeroporto di Dubai su segnalazione delle autorità italiane. Pochi giorni dopo, però, è tornato in libertà in quanto non è stata completata la procedura di estradizione in Italia.
La giurisdizione degli Emirati arabi, dove non esiste il reato di criminalità organizzata e con i quali l'Italia non ha accordi bilaterali, prevede che i cittadini stranieri in attesa di estradizione non possano essere privati della libertà oltre un certo limite di tempo. Matacena non poteva però lasciare il paese arabo in quanto privato del passaporto. Per la giustizia italiana è rimasto un latitante. E' in questa fase, secondo l'accusa, che sarebbe intervenuto Scajola che avrebbe cercato di aiutare Matacena a trasferirsi in Libano. Gli altri arrestati, invece, stavano cercando di sistemare dei factotum di Matacena al vertice di alcune società.

A far partire le indagini è stato un contatto tra Amedeo Matacena e Bruno Mafrici, consulente con studio a Milano, indagato nel troncone dell'inchiesta ''Breakfast'' che ha coinvolto anche l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito. Una telefonata nella quale Matacena e Mafrici parlavano di affari ma che ha dato il là all'indagine della Dda che, ha spiegato De Raho, ''ha focalizzato i rapporti con altri soggetti che favorivano la latitanza dello stesso Matacena e che operavano per evitare che i beni dello stesso potessero essere sequestrati’'

“L'aspetto che colpisce tutti - ha aggiunto il procuratore Cafiero De Raho - è che una persona che ha ricoperto posizioni di vertice e di responsabilità nello Stato possa occuparsi di un condannato per mafia fuggito all'estero per non espiare pena’’. “Come se - ha continuato - non significhi nulla per chi gli è a fianco e lo sostiene. Ma la legge è uguale per tutti e la Procura ha un precetto cui non verrà mai meno, l'obbligatorietà dell'azione penale. Non ci sono intoccabili''. ''Aspettiamo l'esito del procedimento - ha detto ancora De Raho - per gioire. Il quadro indiziario è grave e si basa su elementi acquisiti in una indagine con prospettive e obiettivi diversi. Nella nostra richiesta avevamo contestato agli indagati anche l'aggravante dell'articolo 7 per aver favorito un'associazione mafiosa, ma il gip non ha ritenuto di accoglierla''.

Matacena condannato per legami cosca Rosmini

L'ex deputato Amedeo Matacena è stato condannato a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa perché ritenuto vicino alla cosca di 'ndrangheta dei Rosmini. La condanna è divenuta definitiva il 6 giugno 2013 con la sentenza della Cassazione. Noto imprenditore, non solo calabrese, Amedeo Matacena è figlio dell'omonimo armatore, noto per avere dato inizio al traghettamento nello Stretto di Messina e morto nell'agosto 2003. In Parlamento è stato eletto due volte, tra il 1994 e il 2001, con Forza Italia. I suoi guai giudiziari sono cominciati con la maxi inchiesta ''Olimpia'' con la quale, nei primi anni '90, la Dda di Reggio Calabria ricostruì molti eventi criminali, tra cui un centinaio di omicidi, e i rapporti 'ndrangheta-politica in città fin dai primi anni '80. Nel 2010, dopo la condanna in primo grado, Matacena è stato assolto dalla Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria. La Corte di Cassazione, accogliendo un ricorso della Procura generale, annullò però la sentenza disponendo il rinvio ad un altro collegio. E nel nuovo processo d'appello, il 18 luglio 2012, è arrivata la condannata, divenuta definitiva con la decisione della Cassazione. Motivando la loro decisione, i giudici della Cassazione hanno sostenuto che ''evidentemente non si può stringere un 'accordo' con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini (e tanto lo sapeva da aver preteso la esenzione dal 'pizzo')''. Non solo, nelle motivazioni si sostiene anche che ''è lo stesso vertice della cosca che afferma che Matacena non può essere sottoposto a estorsione, che in passato lo stesso ha 'sempre favorito' l'associazione, che, anche nel presente, Matacena è disponibile’'.

Sequestro beni per 50 milioni

Personale della Dia di Reggio Calabria sta eseguendo numerose perquisizioni anche in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia, oltre a sequestri di società commerciali italiane, collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro. La Dia reggina è coadiuvata dai Centri operativi e sezioni Dia di Roma, Genova, Milano, Torino, Catania, Bologna, Messina e Catanzaro. I provvedimenti restrittivi a carico di Scajola, Matacena e gli altri indagati sono stati emessi dal Gip di Reggio Calabria Olga Tarzia su richiesta della Dda diretta dal procuratore Federico Cafiero De Raho. In particolare, la Direzione investigativa antimafia di Catania sta eseguendo perquisizioni, acquisendo anche documenti, a Messina e nelle isole Eolie nell'ambito dell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola. Gli accertamenti eseguiti dalla Dia di Catania riguarderebbero l'imprenditore reggino ed ex parlamentare Amedeo Matacena.
Ad essere perquisiti, inoltre, anche l’ufficio di Claudio Scajola ad Imperia, dove gli uomini della Dia cercavano carte e documentazione bancaria, e la villa dell’ex ministro, dove sono stati sequestrati computer fissi e portatili, tablet, alcuni smartphone e documentazione cartacea relativa a alcune società riconducibili all'inchiesta su Amedeo Matacena.

Anche Giorgio e Cecilia Fanfani, figli di Amintore Fanfani, figurano tra le persone sottoposte a perquisizione nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. I due non sono indagati e vengono definiti, nel provvedimento della Dda, "soggetti di interesse investigativo risultati in contatto ed in rapporti anche di affari con gli indagati", insieme ad altre sette persone pure perquisite senza essere indagate. Di Cecilia Fanfani, tra l'altro, si parla anche nell'ordinanza di custodia cautelare in merito all'arrivo a Dubai di Matacena, proveniente dalle Seychelles, allo scopo di rinnovare il visto necessario al prolungamento della sua permanenza proprio alle Seychelles. "Strategie, queste - scrive il gip - frutto di una regia concordata e in parte collettiva: infatti la stessa Chiara Rizzo che in alcune conversazioni captate (una con Carlo Biondi, figlio di Alfredo Biondi, avvocato ed ex politico); l'altra con Elvira (identificata in Elvira Tinelli) attribuisce a Cecilia Fanfani tale scelta e la possibilità di usufruire dell'appoggio di uno studio legale per risolvere 'il problema'". Oltre ai due figli di Fanfani sono stati perquisiti Maria Teresa Scajola, Elisabetta Offmann, Pierluigi Bartolini, Giuseppe Speziali (padre di Vincenzo), Giovanni Morsenti, Daniele Santucci ed Emo Danesi.

Gip Tarzia: “Da contatti spregiudicatezza ex ministro”

C'è una sempre "maggiore spregiudicatezza" nelle conversazioni intercettate dagli investigatori della Dia e relative ai contatti tra l'ex ministro Claudio Scajola e la segretaria Chiara Rizzo. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, Olga Tarzia. Il 12 dicembre del 2013 Scajola contatta la Rizzo per coinvolgere, quale sua portavoce, nell'operazione finanziaria relativa ai beni di Matacena la sorella Maria Teresa. "Dopo un paio di ore - scrive il Gip - si registra la presenza di un nuovo contatto tra lo Scajola e la Rizzo, con sempre maggiore spregiudicatezza”.

"Già da tempo Matacena aveva cercato di mettere al riparo l'importante attività imprenditoriale mascherando la sua presenza quale titolare di fatto delle società Ulisse e Amadeus spa". Si legge ancora nell’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale Reggino. "Matacena - aggiunge - ha curato i suoi interessi attraverso un apparente distacco dalle società, attuando un collaudato modus operandi con un 'tourbillion' di trasformazioni societarie, cessione di quote e girandole di incarichi sociali”. L’ex ministro avrebbe, secondo quanto è scritto nell’ordinanza, "sfruttato le proprie relazioni personali" per aiutare Amedeo Matacena. Nel corso del tempo ci sono stati "spostamenti di somme di denaro - aggiunge il giudice - per garantire la latitanza del Matacena, attività dirette a rendere attuabile il pianificato spostamento del Matacena dall'Emirato di Dubai alla Repubblica del Libano, luogo individuato da Scajola sfruttando le proprie relazioni personali”. Il Gip ha definito l’ex ministro, nelle pagine dell’ordinanza, completamente "asservito" alle necessità di Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena. Il 12 dicembre del 2013, infatti, Scajola chiama la Rizzo e la "conversazione riguarda lo spostamento - sostiene il Gip - di denaro da un conto corrente all'altro. Si denota l'asservimento totale dello Scajola alle necessità della Rizzo".

Indagato nipote ex senatore Speziali

Vincenzo Speziali, nipote e omonimo dell'ex senatore del Pdl, è indagato nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria. Il suo nome figura in un decreto di perquisizione insieme a quello degli otto arrestati che in questo atto sono accusati di associazione a delinquere e associazione mafiosa. Speziali, in particolare, grazie al matrimonio con una parente dell'ex presidente libanese Amin Gemayel, secondo l'accusa avrebbe goduto di notevoli entrature in quel Paese, dove avrebbe dovuto rifugiarsi Amedeo Matacena. Dal decreto di perquisizione emerge che a Speziali si sarebbe rivolto in più occasioni a Scajola. Inoltre, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho ha spiegato ai giornalisti che Speziali sarebbe coinvolto anche nelle indagini relative al soggiorno libanese di Marcello Dell’Utri. Speziali dal canto suo ha negato ogni accusa, affermando di “non avere nulla a che fare con Amadeo Matacena”.

"Non c'è nessuna parentela tra mia moglie e l'ex presidente libanese Amin Gemayel” ha poi aggiunto il nipote dell’ex senatore Pdl. “Cado dalle nuvole, - ha continuato - mi hanno messo in mezzo a una storia che non conosco”. "Mi auguro di poter vedere preso i magistrati per mettere in chiaro la mia posizione", ha aggiunto. Per quanto riguarda il suo rapporto con Scajola ha aggiunto: “Certo che Scajola si è rivolto a me, ma solo perché sembrava potesse essere candidato alle europee e io potessi collaborare alla sua campagna".

Direttore Dia De Felice: “Confermato nostro impegno”

''In un momento di difficoltà generale, la Direzione investigativa antimafia è riuscita a tenere alta ancora una volta la propria professionalità e la propria efficienza''. A dirlo, incontrando i giornalisti, è stato il direttore della Dia, Arturo De Felice. ''Solo un'organizzazione con all'interno finanza, carabinieri e polizia - ha aggiunto - poteva trattare un'indagine così delicata, con accertamenti di natura patrimoniale anche su società con sede all'estero. Per una coincidenza, oggi la Dia, insieme alla Guardia di finanza, ha compiuto un'operazione anche a Milano. Credo che non sfuggirà all'opinione pubblica il nostro impegno''. De Felice ha anche sottolineato ''la stretta sinergia di indagine con la Dda reggina’'.

Un'indagine ''difficile'', ma che è servita ad ''evitare la completa schermatura'' delle società facenti capo ad Amedeo Matacena dalla possibilità di essere sequestrate in futuro. E' l'aspetto sottolineato dal capocentro della Dia di Reggio Calabria, Gianfranco Ardizzone. ''Non capita tutti i giorni di imbattersi in fusioni inverse di società'', ha detto Ardizzone, facendo riferimento al tentativo degli indagati di far confluire una società più grande in una più piccola per evitare che a Matacena, essendo stato condannato per mafia, potesse essere sequestrata. ''Sarà adesso la magistratura - ha aggiunto Ardizzone - che si attiverà per avere conto dai Paesi esteri delle società che in quei territori operavano''.

REAZIONI

Messina (Idv): "Ritorno a 20 anni fa"

"L'arresto di Scajola, di alcuni esponenti di infrastrutture Lombarde e dell'Expo, ci fa tornare indietro, a più di 20 anni fa, quando con l'inchiesta di 'Mani Pulite' si mettevano in luce gli intrecci e le ombre all'interno dei palazzi del potere. Ogni giorno siamo bombardati da notizie di arresti e di indagini che coinvolgono anche nomi importanti, a spregio di una crisi che strozza i cittadini. Certamente arresti di questo tipo ci rincuorano perché significa che stiamo lavorando bene per spezzare segreti e cancellare macchie importanti di illegalità, ma ci piacerebbe vivere in un'Italia in cui gli uomini e le donne siano incorruttibili e moralmente integri senza cedere. Invece siamo nel Paese in cui Berlusconi, condannato, fa comizi elettorali in tv e si dice 'addolorato' rispetto all'arresto. Se questi sono gli esempi, cosa possiamo aspettarci? Niente corone d'alloro per salvare nessuno e viva la giustizia".

D'Alema: "Rispettiamo magistratura"

"Sono in Calabria per occuparmi di lavoro, di sviluppo, di rapporti con l'Europa e non di cronaca giudiziaria. Sinceramente non ho nulla da commentare. Normalmente noi rispettiamo l'azione della magistratura e non la commentiamo". Lo ha detto Massimo D'Alema a Rocca Imperiale rispondendo ad una domanda sull'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola.

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