'Ndrangheta, operazione "Blu notte" della Dda di Reggio: 76 arresti in varie regioni

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Reggio Calabria - I Carabinieri stanno eseguendo in varie regioni una misura cautelare in due operazioni congiunte contro la 'ndrangheta: i militari del Gruppo di Gioia Tauro (Reggio Calabria) 65 arresti - 47 in carcere, 16 ai domiciliari - e due obblighi di dimora; i Ros di Brescia 13 arresti - 12 in carcere, uno ai domiciliari -. Le cosche colpite sono i Bellocco di Rosarno, gli Spada di Ostia (due destinatari di misura), i Lamari-Larosa-Pesce della piana di Gioia Tauro. Per la parte di Brescia, il Ros ha operato insieme alla Guardia di finanza per un sequestro preventivo di imprese, beni immobili, quote societarie per un valore di circa 5 milioni.

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Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsione, usura, danneggiamento, aggravati dal metodo mafioso, nonché associazione finalizzata al traffico di droga, riciclaggio, autoriciclaggio e associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e frodi in danno dello Stato.

Trovati nuovi assetti cosca Bellocco

I nuovi assetti della cosca Bellocco - al vertice della "società di Rosarno" con interessi sull'intero territorio nazionale e in diversi Paesi esteri - sono stati portati alla luce sul fronte reggino dell'operazione condotta oggi dai Carabinieri in maniera congiunta tra Reggio Calabria e Brescia e che ha portato a decine di arresti in tutta Italia. L'indagine, denominata 'Blu notte' è stata svolta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Gioia Tauro tra il settembre 2019 e l'agosto 2020 nei confronti di elementi di spicco della cosca Bellocco. Il provvedimento dell'Autorità giudiziaria ha determinato anche il sequestro preventivo di una ditta attiva nel settore dello sfruttamento delle risorse boschive (taglio, trasporto e trasformazione del legno), utilizzata per agevolare le attività criminali della cosca, il cui valore complessivo è stato stimato in 700.000 euro. Alla fase operativa dell'operazione, hanno partecipato circa 1.000 carabinieri di Reggio Calabria, che in 16 province italiane, supportati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e dalle varie articolazioni territoriali, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di 65 soggetti dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Dda. 

Cellulari e sim in carcere per il boss Bellocco

L'indagine "Blu notte" ha fotografato il cambio di vertice della cosca di Rosarno un tempo guidata dal vecchio patriarca Umberto Bellocco, detto "Assi i mazzi", deceduto il 22 ottobre scorso. A lui viene ricondotta anche la nascita della Sacra Corona Unita pugliese, fatta risalire alla notte di Natale del 1981 nel carcere di Bari. Grazie alle intercettazioni fatte dai carabinieri, il procuratore Giovanni Bombardieri e i pm Francesco Ponzetta e Andrea Sodani sono riusciti a registrare il "passaggio di mano" al nipote omonimo Umberto Bellocco, di 39 anni detto "Chiacchiera". L'uomo ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio e il conseguente controllo di tutti i consociati e ha dato prova, secondo i pm, di essere un leader temuto: le persone ammesse a confrontarsi con lui hanno esternato sempre atteggiamenti ossequiosi ed accondiscendenti, dimostrando il loro assoggettamento. "Chiacchiera" era in grado di comunicare anche dal carcere. Dopo la condanna per associazione mafiosa, definitiva dal 2014, Bellocco è stato detenuto a Lanciano ma questo non gli ha impedito di rimanere "in comunicazione - scrive il gip - con l'esterno mediante una serie di telefoni e schede forniti grazie alla collaborazione di alcuni soggetti sia interni che esterni all'istituto". In questo modo Bellocco avrebbe potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute come capocosca. Gli approfondimenti dei carabinieri hanno permesso alla Dda di accertare anche le responsabilità di coloro che hanno costituito la filiera necessaria a fornire microtelefoni cellulari, sim-card e ricariche. Gli investigatori sono riusciti a documentare anche l'affiliazione di due soggetti arrestati oggi. Il loro ingresso è avvenuto nonostante alcune frizioni che minavano gli equilibri interni. Le affiliazioni, infatti, sono state effettuate con l'avallo di un altro esponente di vertice della cosca Bellocco, Francesco Nocera. Recluso nel carcere di Saluzzo (Cuneo), anche lui aveva un cellulare attraverso il quale ha concesso il suo benestare che si aggiungeva a quello di Vincenzo Lombardo, uno degli esponenti della cosca Bellocco riconducibile al ramo dei "Testazza".

Pressione opprimente Bellocco su economia

L'inchiesta "Blu notte" della Dda di Reggio Calabria ha evidenziato come la cosca Bellocco abbia attuato un'opprimente pressione sulle attività economiche operanti nella zona di Rosarno. Le indagini dei carabinieri, infatti, hanno fatto luce sulle richieste estorsive del clan nei confronti dei titolari di molte attività economiche. Imposizioni che perduravano da anni e che servivano a finanziare le trasferte dei familiari dei detenuti che dovevano recarsi ai colloqui in carcere. La cosca Bellocco ha imposto la cosiddetta "guardiania", esclusivamente nell'intento di far sentire la presenza degli esponenti mafiosi nella zona. In sostanza, secondo i pm guidati dal procuratore Giovanni Bombardieri, c'era un controllo diffuso delle campagne, attuato attraverso persone incaricate di "farsi vedere", esigendo pagamenti che variavano in base all'estensione del fondo posseduto e ai quali dovevano sottostare tutti, anche se formalmente affiliati alla 'ndrangheta. I soggetti più riluttanti ad assecondare le pretese dei boss subivano furti e danneggiamenti a causa dei quali gli veniva imposto di rivolgersi ai rappresentanti della cosca che, così, agivano in surroga agli organi dello Stato. Inoltre, i vertici della famiglia mafiosa erano riusciti a intrecciare rapporti con alcuni imprenditori che ricercavano la loro copertura, stabilendo un regime falsato dove, alle corresponsioni economiche, conseguiva la possibilità di operare in ambiti di concorrenza alterata. La "cassa comune" della cosca era custodita da una donna, Maria Serafina Nocera, di 69 anni, madre del boss Umberto Bellocco. Anche nei suoi confronti, il gip ha disposto il carcere. Sarebbe stata lei, secondo gli inquirenti, a gestire in maniera oculata i soldi del clan che dovevano servire per il sostentamento dei detenuti e per l'attuazione del programma criminale del figlio. Le investigazioni, infine, hanno permesso di riscontrare pure le forti pressioni subite da un medico odontoiatra di Cosenza costretto da Francesco Benito Palaia, il cognato del boss Umberto Bellocco, a rilasciare certificazioni che attestavano false patologie. Per i pm della Dda di Reggio Calabria, quei certificati servivano all'indagato, arrestato stamattina nell'operazione "Blu notte", per ottenere permessi medici spendibili come alibi che gli avrebbero consentito di allontanarsi dall'abitazione, dove era sottoposto agli arresti domiciliari, ed effettuare incontri con altri esponenti mafiosi.

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