'Ndrangheta: Spaccio cocaina, arresti a Milano Reggio e Catanzaro

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Milano - I carabinieri del Ros stanno eseguendo, nelle province di Milano, Reggio Calabria e Catanzaro, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, richiesta dalla procura distrettuale antimafia di Milano, nei confronti di 13 indagati per traffico di sostanze stupefacenti. I provvedimenti scaturiscono da un'indagine su una rete di spaccio di cocaina attiva nel milanese, composta da pregiudicati calabresi attivi in Lombardia, contigui, secondo gli investigatori dell'Arma, alle cosche 'ndranghetiste Mancuso di Limbadi, Barbaro-Papalia di Platì e Ursino-Macrì di Siderno che avrebbero cercato di colmare i vuoti lasciati dai tanti arresti dell'operazione "Il Crimine" del 2010. L'indagine 'Tamburo', chiamata in questo modo per il ritmo incalzante del traffico di cocaina gestito dal gruppo, nasce nel marzo 2010, quasi a cavallo con la conclusione della grande operazione 'Il Crimine' del luglio dello stesso anno, quando furono arrestate 300 persone in esecuzione di altrettante ordinanze emesse dal gip di Milano e Reggio Calabria. Un colpo durissimo che aprì spazi per le cosche rimaste estranee alla vicenda: i Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), i Barbaro-Papapia di Platì (Reggio Calabria) e gli Ursino-Macrì di Siderno (Reggio Calabria). Tutte monitorate dagli investigatori a partire proprio dal maggiore rappresentante dei Mancuso, Salvatore, di 47 anni, ritenuto a capo di una cosca che la Commissione parlamentare antimafia ha definito una delle più forti militarmente ed economicamente. I carabinieri hanno così seguito i traffici di Salvatore Mancuso, che però poco tempo dopo è stato arrestato dalla Dda calabrese per un'altra vicenda. Ma intanto sono stati accertati i suoi legami con Antonio Muià, 65enne originario di Siderno, uscito dal carcere nel 2004 dopo una condanna a trent'anni per sequestri di persona a scopo di estorsione commessi in Lombardia tra gli anni '70 e '80 con i fratelli Giuseppe e Michele. In particolare, si ricordano i sequestri di Augusto Rancilio (ucciso durante la prigionia), Luigi Balzarotti, Pasquale Ventura, Maria Giuseppina Parodi e Rosanna Restani. Muià emerge come figura di spicco nel traffico di cocaina - il gip di Milano Luigi Varanelli parla nell'ordinanza di "spaccio in grande stile" - acquistata da altri calabresi e rivenduta all'ingrosso. Elemento interessante, secondo gli investigatori, è che non si tratta di un'organizzazione 'ndranghetista, ma di un'unione di 'ndranghetisti appartenenti a famiglie diverse che superano le discordie che hanno nei territori di appartenenza al Sud, pur di fare affari al Nord. Oltre a Muià, gli altri arrestati sono Gabriele Bonaldi, di 53 anni, Rosario Britti (65), Riccardo Colosimo (40), Antonino Guarnaccia (43), Giuseppe Fiorello Lombardo (65), Luciano Longo (36), Daniele Martino (71), Giuseppe Misiano (26), Giuseppe Molluso (31), Giuseppe Pagano (41), Massimo Sorbilli (42), Giovannino Verre (42).

Traffici con i Narcos, in manette i rampolli dei clan

La droga spacciata per le strade di Taranto aveva tre canali di approvvigionamento: i Narcos colombiani per il tramite della Spagna, il clan mafioso barese Parisi-Palermiti, e la 'Ndrangheta calabrese. A gestire il presunto traffico internazionale di cocaina, eroina ed hascisc, con l'aggravante della disponibilità di armi e munizioni, l'organizzazione criminale smantellata stamani da carabinieri e guardia di finanza che hanno eseguito 30 provvedimenti cautelari (17 in carcere, 8 agli arresti domiciliari e 5 di obbligo di dimora) emessi dal gip di Lecce Antonia Martalò su richiesta del pm della Dda Alessio Coccioli. A capo dell'organizzazione criminale c'era - secondo l'accusa - Aldo Catapano, detto 'Alduccio', figlio del più noto pregiudicato appartenente agli storici gruppi della mala tarantina, Giuseppe Catapano. Secondo gli inquirenti, Aldo Catapano si era ricavato una rilevante posizione nell'ambito degli equilibri criminali tarantini, gestendo una fitta rete di giovani emergenti, dediti al traffico e allo spaccio delle sostanze stupefacenti. Nel linguaggio in codice la droga era indicata come 'cozze',  'neve', 'dolcetto' e le operazioni di taglio 'tric e trac'. Durante le indagini i carabinieri hanno sequestrato un chilo e cento grammi di cocaina nell'abitazione di Giuseppe Ciracira, uno degli arrestati, ed hanno individuato e sequestrato un laboratorio clandestino per il taglio e il confezionamento della droga ricavato in un deposito di legna in disuso. La sostanza stupefacente sequestrata (con un elevato grado di purezza) era stata tagliata con un farmaco, il cui principio attivo è usato come antiparassitario in veterinaria. I militari hanno sequestrato anche una mitraglietta, una pistola, due fucili ad aria compressa, munizioni e ricetrasmittenti. L'operazione è stata eseguita a Taranto e nelle province di Bari, Brindisi, Matera e Pescara con l'impiego di cani antidroga. Le indagini hanno consentito di verificare come Aldo Catapano, per la gestione dei suoi traffici illeciti, si avvalesse della strettissima collaborazione di Daniele Leale, nipote del più noto Franchino Leale, un tempo affiliato al clan dei fratelli Modeo, che negli anni '80 e '90 operava nel settore del traffico degli stupefacenti a Taranto. In manette - secondo gli investigatori - sono finiti esponenti di spicco della 'seconda generazione' della criminalità tarantina e 'rampolli' della vecchia guardia dei clan storici ionici.

Frase di un 'ndranghetista arrestato: "Meglio pregiudicato che uomo di Stato"

"È meglio un pregiudicato che un uomo di Stato". A pronunciare questa frase, registrata durante un'intercettazione dai carabinieri del Ros, è uno degli 'ndranghetisti arrestati dai militari nel corso dell'indagine “Tamburo”, che ha portato alla cattura di 13 persone affiliate a importanti cosche calabresi operanti nel traffico di stupefacenti al Nord. Nell'intercettazione in questione si può ascoltare lo scambio tra due trafficanti che mascherano la compravendita di cocaina con il presunto acquisto di camion. Per affermare la propria credibilità, uno dei due dice che "è meglio un pregiudicato che un uomo di Stato", ma il suo interlocutore gli risponde: "...da quella bocca escono cose che ci faranno prendere dieci anni di galera".

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