Lamezia Terme - “Fimmine Ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla ‘ndrangheta” è il libro al centro del dibattito a cui hanno partecipato l’autore, Lirio Abbate, e i magistrati Federico Cafiero de Raho e Alessandra Cerreti. L’incontro, svoltosi nella piazzetta di San Domenico nell’ambito di Trame3, il festival dei libri sulle mafie, è stato moderato dal direttore artistico. L’autore, che si definisce un cronista e non uno storico della ‘ndrangheta, ha voluto raccontare le storie di donne che si sono ribellate pagando un prezzo alto, a volte anche con la vita. Abbate ha raccolto grazie al suo lavoro l’esperienze delle donne che passano dall’altra parte “Nessuno costringe queste donne a stare, a vivere nell’ambito mafioso - afferma Abbate - loro sono cresciute con quella mentalità, per la loro quella vita era normale. Poi qualcosa cambia, subentra una novità: internet. Grazie anche a questo mezzo di comunicazione - continua - capiscono che c’è un mondo diverso da quello che hanno sempre vissuto, e allora cercano di evadere. E l’unica via di fuga, l’unico aiuto che trovano è quello dello Stato, quello stato che prima era nemico”.
Tra le tante storie di coraggio che ha raccolto e poi messo nero su bianco nel suo libro, c’è anche quella di Giusy Pesce, la più importante collaboratrice di giustizia di ‘ndrangheta, che si è messa contro il marito e la famiglia per amore dei suoi figli, per proteggerli e dare loro un futuro migliore. Grazie alle sue dichiarazioni, dopo due anni di udienze, sono state emesse quaranta condanne.
All’incontro era presente anche il magistrato di Reggio Calabria Alessandra Cerreti, colei che ha raccolto le sue dichiarazioni: “Aveva uno sguardo carico di fierezza e di risentimento verso di me - ha affermato il Magistrato - perché in me vedeva quello Stato che l’aveva arrestato”. “Il mio essere donna però - ha continuato - mi ha agevolata e mi ha permesso di saper toccare con lei i punti giusti per farla riflettere e quindi collaborare. Il suo, all’inizio, non era un approccio collaborativo. Successivamente le cose sono cambiate. Ha raccontato di una vita segnata, mi ha prospettato - aggiunge - e ha prospettato a se stessa la vita che avrebbe vissuto se non avesse collaborato. Lo Stato ha rappresentato, per lei e i suoi figli, una vera via di fuga”.
All’incontro anche il magistrato Federico Cafiero de Raho, Procuratore Capo a Reggio Calabria: “La presenza di tante persone fa ben sperare, questi sono momenti fondamentali - afferma il magistrato - la mafia si vince non solo con le indagini, ma soprattutto evidenziando alle persone cos’è realmente, facendole partecipare a ciò che si è vissuto, facendo comprendere quali sono i riflessi, anche di costrizione, di pressione, di perdita di libertà, questi sono momenti fondamentali”. “La formazione - aggiunge - è il primo gradino per sconfiggere le mafie. Incontrarsi con le persone, far comprendere che essere uomo o donna di clan, vuol dire andare contro tutto ciò che c’è di buono e di positivo, è uno dei primi passi fondamentali per cambiare e - conclude - arrivare più facilmente al risultato”.
C.S.
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