
Lamezia Terme - Dopo gli ultimi casi di femminicidio che hanno insanguinato il paese, si sono riaccese in Italia le polemiche sulla mancata attivazione delle procedure che avrebbero potuto portare alla messa in sicurezza della vittima, e si è riaperto il dibattito sull’efficienza della rete fra sistemi ospedalieri, Forze dell’Ordine, centri antiviolenza nella tutela delle donne e dei soggetti fragili, anche quando manca nell’immediato il coraggio della denuncia. Abbiamo parlato del problema con la dottoressa Caterina Ermio, referente lametina del Percorso Rosa, già presidente nazionale dell’Associazione Donne Medico e primaria del Reparto di Neurologia del Giovanni Paolo II. La dottoressa illustra il funzionamento del Percorso attivo a Lamezia, dove è stata messa in piedi una rete virtuosa, che permette da quasi dieci anni di salvare vite e mettere in sicurezza persone in pericolo.
Cos’è il Percorso Rosa, quando nasce presso l’Ospedale “Giovanni Paolo II”, e con che finalità?
"Premesso che la violenza in tutte le sue forme è un processo complesso che si inquadra tra le necessità di salute per la persona che la subisce; che noi medici siamo obbligati a prenderci cura per legge della salute di ogni cittadino e che siamo tenuti ad istruirci e diventare competenti anche in questo ambito, abbiamo adempiuto alle richieste ministeriali di istituire il Percorso Rosa dal 2017 nella nostra ASP di Catanzaro, la prima in tutta la regione, organizzando un PDTA (Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale) specifico per tutte le fasi di assistenza. Il Percorso Rosa è un percorso di assistenza alle donne o soggetti che subiscono violenza e che giungono in Pronto Soccorso – donne, bambini e anziani. Il percorso di accesso va dal triage alla dimissione con assistenza infermieristica e medica, con accesso diretto con priorità nella sala predefinita senz’ attesa per evitare che durante l’attesa la persona possa essere raggiunta dall’aggressore".
Quali sono le modalità di accesso e in quali step si articola il percorso?
"L’accesso può essere diretto, quando la persona si reca da sola in Pronto Soccorso; o può avvenire attraverso il 118; o attraverso le Forze dell’Ordine se la violenza è già stata denunciata. Si fa accedere la persona nella stanza dedicata e in quella stanza verranno effettuate tutte le procedure e visite specialistiche del caso".
Quali sono gli sbocchi eventuali del percorso, cosa viene dopo?
"Se esiste per la donna pericolo a rientrare in ambiente domestico viene trattenuta in ospedale e segnalata al centro antiviolenza che se ne prende carico per il prosieguo; se la donna intende denunciare vengono informate le Forze dell’Ordine; se la donna vuole essere supportata si attivano i canali dedicati. Comunque si custodiscono tutti gli atti e le certificazioni di specie per eventuali richieste delle Forze dell’Ordine fino a un anno".
Da quando esiste il percorso a Lamezia, quanti accessi, per grandi linee, ci sono stati?
"Dal 2017 si sono verificati molti casi di violenza domestica e di violenza sessuale. Visto l’aumento dell’incidenza di casi nella popolazione generale è importante formare le figure professionali ad assistere con adeguata cura le persone che purtroppo incontrano la violenza".
Giulia De Sensi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
