Lamezia, inaugurata mostra “Ligabue, il genio, l’uomo” al Centro Culturale Samarcanda: visitabile fino al 12 aprile

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Lamezia Terme - Inaugurata latre giorni dedicata al pittore Antonio Ligabue al Centro Culturale Samarcanda di Via De Medici, alla presenza di Gilda e Giuseppe Caleffi, i cui familiari ospitarono l’artista nella loro casa. Un pubblico partecipato, alla conferenza stampa di presentazione della mostra, “Ligabue, il genio, l’uomo”, composto da studenti, ed impreziosito da ricordi e testimonianze dirette, riconducibili all’uomo e all’artista Ligabue, di origine svizzera, la cui arte viene classificata come naïf.

Un autoritratto, due punte secche e alcuni oggetti personali del pittore a comporre la mostra, frutto dell’incontro fra Samarcanda e Casa Museo Ligabue fondata nella città di Gualtieri dalla famiglia Caleffi, visitabile fino a giovedì 12 aprile, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 20.

A prendere parte all’iniziativa Silvio Gatto, che ha dato una lettura critica dell’artista e delle sue opere e le padrone di casa Manuelita Iacopetta e Michella Cimmino che da anni continuano a portare avanti con entusiasmo e passione un progetto culturale condiviso. L’idea vede inoltre la collaborazione del Sistema Bibliotecario Lametino, del Museo Archeologico Lametino e del Progetto Gedeone.

“Nonostante la città non goda di un momento straordinario – afferma la professoressa Cimmino rivolgendosi ai giovani presenti in sala – la cultura e l’arte sono volano di crescita e di ripresa, grazie a tutti per l’attenzione”.  

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Due occhi che chiedono comprensione e il naso aquilino, dietro una personalità complessa mai uguale. “Non riuscirete mai ad avere una sua idea – dice Caleffi, che di recente ha portato una mostra di Ligabue a Rende – Ci sono tanti Ligabue”. Parte da un intreccio familiare, Caleffi, per meglio mettere in evidenza il suo carattere, da cui emerge un’opera autobiografica. “Un intreccio fra la sua famiglia paterna e quella materna – afferma – c’è una frase di mia madre sulla sua lapide da cui è facile pensare al suo forte desiderio di libertà e amore”.

In ricordo del suo spirito. Un intreccio che parte dagli anni ’20, da quando si dormiva nel fienile, e che prosegue in una incomprensione continua. Amore, tristezza, e solitudine, quei sentimenti universali che conducono il pittore spesso a distruggere le sue stesse opere, ma non nella maniera di Van Gogh.

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“Un contesto storico particolare – afferma Silvio Gatto – che Ligabue disconosce, fra gli altri senz’altro il caso più isolato. Il parallelismo con Van Gogh è superficiale – prosegue – laddove ci sono dicotomie importanti. Van Gogh non sa dipingere, Ligabue ha invece una tecnica innata, non ha riferimenti, dipinge dal nulla. Inoltre il suo rapporto con la tela. Van Gogh distrugge i suoi quadri perché consapevole di non saper dipingere, Ligabue era come uno sciamano, il suo rapporto con l’arte era interiore. Dipingeva un animale per immedesimarsi. La violenza e la repressione degli animali dietro le sbarre erano paragonabili alla sua violenza e alla sua repressione a seguito di incomprensione del mondo”. Cercava sempre l’approvazione degli altri e distruggeva le sue opere perché queste non piacevano agli altri.

“Voi siete un ignorante. Oggi avete distrutto un’opera d’arte”, conclude così, nelle parole dell’artista, Giuseppe Caleffi”. Autodistruzione che conserverà fino alla fine dei suoi giorni.     

Valeria D'Agostino

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