Lamezia Terme - "Ho investito tanto con ruoli di responsabilità per otto anni e oggi devo dire che finalmente ho raccolto i frutti”. Mimma Caloiero, fresca di nomina a primario, ovvero direttore del reparto di Pediatria dell'ospedale di Lamezia Terme, non nasconde la sua soddisfazione dopo anni di impegno e abnegazione con grande professionalità e senso di responsabilità. Con la dottoressa Caloiero, abbiamo parlato di questa importante nomina e della situazione all'interno del reparto.
Come è strutturato il reparto?
"Abbiamo 10 posti letto: 8 più 2 Obi, l'Osservazione breve che ci da la possibilità di una migliore gestione. Con l'Obi gestiamo sempre bambini che transitoriamente sono stati in ospedale. Li stabilizziamo e non abbiamo problemi. Abbiamo quindi il reparto ordinario, l'Obi e poi anche gli ambulatori. La nostra accoglienza è 0-18. In altre regioni è 0-16. Le dico che a Napoli, per esempio, ci sono i ragazzini da 16 a 18 anni che sono disperati perché i reparti per adulti non li prendono ma li prendono i pediatri. Ecco, in questo siamo un po' anomali, ma in bene".
Il reparto allo stato attuale è completo?
"Abbiamo ancora un po' di carenza di medici, come infermieri andiamo bene però stiamo facendo un Avviso. Al momento la carenza di medici è quella che si sente di più".
Lei opera da tanto a Lamezia, come giudica la mancanza del reparto di Terapia intensiva neonatale?
"Guardi, Lamezia intanto è stata la prima Terapia intensiva della Calabria. Ha una storia e una tradizione importante. Improvvisamente per legge hanno deciso che per bacino d'utenza non gli toccasse, che venisse istituita solo alla provincia di Catanzaro. Però se noi andiamo a vedere numericamente quanti bambini lametini vanno in Tin in un anno, saranno 15/20 al massimo. Questo significa che il grosso è rimasto e va in un certo senso valorizzato perché c'è una Neonatologia che avendo una tradizione viene fatta bene. Io a Neonatologia per molti anni sono stata ad interim, ora è stato nominato il dottore Morrone, un neonatologo che viene da Cosenza. Io ci ho tenuto perché venisse un neonatologo specialità per seguire meglio il reparto. Noi di fatto siamo integrati, nel senso che quando c'è bisogno di fare dei turni andiamo noi sopra, e loro vengono da noi. C'è un tipo di integrazione funzionale delle risorse. Anche perché io la vedo così, come responsabile anche del Dipartimento penso che il Dipartimento serva proprio a questo che se c'è una sofferenza in un reparto debba subentrare l'altro".
Un suo parere sulla carenza di medici pediatri in città ma più in generale sulla carenza di medici?
"C'è una carenza di medici in tutta Italia che parte dal numero chiuso di laureati in medicina. Rispetto al fabbisogno i laureati in medicina sono di meno. Poi tra le specializzazioni, quella più carente è la pediatria. Questo perché in Italia per fortuna siamo organizzati diversamente rispetto ad altre nazioni dove la figura del pediatra di base non c'è. E questo per garantire il pediatra di base e il pediatra ospedaliero. I neonatologi, non sono altro che specialisti in pediatria che poi si formano in neonatologia. C'è questa carenza in Italia di pediatri che non può che risolversi aumentando i posti in specialità, e in parte questo è stato fatto a Catanzaro. Anche perché poi c'è un sistema che si fa lo stesso giorno in tutta Italia. Quindi, per esempio, a Catanzaro entrano degli specialisti che sono magari della Campania, della Lombardia, si specializzano e poi se ne vanno. Come può essere che pure dei calabresi che sono fuori ritornano. Il problema qual è? Che mentre coloro che entrano da noi si specializzano e poi se ne vanno, i nostri che si specializzano fuori non tornano, restano fuori perché c'è il concetto che la nostra sanità purtroppo non va bene, per cui hanno difficoltà a rientrare perché hanno paura".
Cosa comporta allora fare i medici in Calabria?
"Noi dobbiamo avere un senso di abnegazione con le carenze che ci sono. Noi non abbiamo il medico che entra, fa le sue ore e se ne va. Se non siamo portati a fare i medici, soffriamo. Perché dobbiamo affrontare delle difficoltà dovute alla carenza di medici, a volte anche alle carenze strumentali, logistiche. Insomma, io penso che ci vuole coraggio. Guardi, io ho avuto l'opportunità di andare fuori, ho fatto dei concorsi in Emilia Romagna, sono stata più volte tentata. Però il mio amore per la Calabria, per la mia terra è tanto e ogni volta questo amore mi ha riportato qua. E ora questo concorso mi ha dato la motivazione giusta. Ho investito tanto con ruoli di responsabilità per otto anni e oggi finalmente ho raccolto".
Antonio Cannone
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