Lamezia Terme, 3 luglio - Massimo Di Stefano è di nuovo in città e, insieme al cognato, intende portare avanti una protesta pacifica ma eclatante per richiamare l’attenzione delle istituzioni sulla sua situazione. Il collaboratore di giustizia chiede con forza che lo Stato garantisca una vita normale e sicura a lui e alla sua famiglia, dato che gli è stato revocato il programma di protezione. Insieme al cognato Maurizio Notaris, Di Stefano intende dar vita ad un sit-in proprio all’ingresso del tribunale di piazza della Repubblica a Lamezia. “Dal 1995, cioè da quando ho deciso di interrompere ogni sorta di legame con le organizzazioni criminali – spiega il collaboratore di giustizia – non solo io, ma tutti i miei familiari stanno vivendo pesanti conseguenze a causa della mia scelta”. Di Stefano racconta di essere nato a Catanzaro e di essersi trasferito a Lamezia all’età di 13 anni. “Io mi sento lametino a tutti gli effetti anche se non ci sono nato. Questo è il luogo dove ho vissuto per molti anni e dove ho messo su famiglia. Perciò credo che la mia protesta debba svolgersi in questa città e davanti a questo palazzo, il tribunale, che dovrebbe garantire giustizia a tutti, in egual misura”. Di Stefano reclama chiarezza da parte delle istituzioni e ribadisce: “Dopo 17 anni che ho rotto totalmente con la vecchia vita, vorrei avere delle risposte certe sulla revoca del programma di protezione – sottolinea il collaboratore di giustizia – Se io cammino per strada la mia vita stessa è a rischio. Allora cosa devo fare? - si chiede Di Stefano – devo farmi sparare perché finalmente proteggano la mia famiglia? Alla fine non vorrei che di tutta questa storia mi rimanesse solo amarezza e delusione”. Di Stefano incalza: “Non vorrei, proprio, pentirmi di essermi pentito. In questi 17 anni di collaborazione con la giustizia, la mia esistenza è stata sconvolta. Mio cognato che è qui con me, non vede la madre e la sorella da un bel po’ di anni. Gli avevano promesso lavoro e reinserimento sociale per lui, la moglie e i tre figli, ma tutte queste promesse non sono state mantenute. Allora noi rinnoviamo il nostro appello allo Stato: vogliamo poterci inserire lavorativamente e socialmente per condurre una vita finalmente dignitosa. La nostra scelta di cambiamento l’abbiamo dimostrata. Io stesso ho fato sei anni di volontariato nella Caritas”.
Sulle recenti operazioni ( denominate Medusa e Medea) della Dda di Catanzaro che hanno sgominato la cosca Giampà, l’organizzazione criminale che governa i traffici illeciti del territorio, Di Stefano afferma: “Questa non è una maxi retata, è solo un taglio pesante ad una grossa arteria. Il sistema di illegalità che è emerso dalle operazioni concluse in questi giorni – rimarca il collaboratore di giustizia - a Lamezia è sempre esistito e sempre esisterà se non cambia la mentalità, se non ci sarà effettiva volontà di scardinare questa organizzazione criminale che funziona più dell’apparato statale”. A Massimo Di Stefano abbiamo chiesto se magistratura e forze dell’ordine riusciranno a scoperchiare il ‘vaso di Pandora’ e cioè se riusciranno ad individuare la ‘zona grigia’ costituita dai cosiddetti ‘colletti bianchi’ collusi col potere malavitoso. La risposta del collaboratore di giustizia è stata molto sibillina ma fortemente significativa: “Quando litigano i lupi, vengono sacrificati gli agnelli”.
Maria Scaramuzzino
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