Lamezia, regista italo-argentino Carlos Branca al Grandinetti per Ama Calabria: “Questa è la terra delle mie origini”

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Lamezia Terme - Regista e attore teatrale italo-argentino di fama internazionale, impegnato anche nel teatro Lirico, Carlos Branca è l’esempio vivente di come il vero talento si accompagni alla gentilezza. Nato a Buenos Aires da genitori italiani – la madre è originaria di Acri in provincia di Cosenza – ha collaborato stabilmente con Luis Bacalov, compositore di colonne sonore per Fellini e Pasolini e vincitore del premio Oscar per le musiche del film “Il Postino”. Branca torna in Italia seguendo la sua passione all’età di 44 anni, e da allora è quasi costantemente in tournée nei principali teatri di tutta la penisola. Ma non dimentica mai la terra delle sue origini, e il 16 dicembre sarà al Grandinetti per AMA Calabria con “Astor, un secolo di tango”, spettacolo nato per il centenario dalla nascita di Astor Piazzolla, celebrato nel 2021. Lo spettacolo, definito dai critici “un concerto di danza”, vede collaborare il maestro Mario Stefano Pietrodarchi, solista al bandoneon e fisarmonica, che suonerà Piazzolla dal vivo accompagnando le coreografie del Balletto di Roma.

Cosa la unisce più profondamente all’opera e alla personalità di Astor Piazzolla?

"Piazzolla è uno dei musicisti più importanti del ‘900, un rivoluzionario. Lo sento vicino perché sono argentino come lui, figlio di italiani come lui, e soprattutto perché è un artista che non si chiude in un unico genere: ha avuto una formazione accademica, ma fonde il jazz con la musica classica e con il tango. È la dimostrazione che la musica può essere bella o brutta, ma non esiste un genere superiore a un altro. Bacalov, che considero il mio maestro, si chiedeva perché ci fosse un genere definito “musica leggera”: significa forse che la musica classica è pesante?".

Com’è stato occuparsi della regia di uno spettacolo così composito, dove la musica dal vivo si sposa con la danza?

"È stato molto complesso, anche perché abbiamo lavorato in pandemia, e io mi trovavo a Bologna, mentre il Balletto faceva le prove a Roma, ma per me è stato comunque estremamente emozionante. Siamo partiti dall’elaborazione storica della vita di Piazzolla, curata da mia moglie Rosanna Pavarini, e incentrata sull’umanità di un artista che insegue la sua passione. Le vicende si sono trasformate in musica e danza, attraverso i corpi dei ballerini, che hanno cercato di incarnare l’anima di Piazzolla, nel suo dolore ma anche nella sua rivincita finale. Nel corso della sua vita, Astor Piazzolla è stato aspramente criticato, sia dagli accademici che dai tangheros, appunto perché la sua musica non rispondeva a nessun canone predefinito. Ma la sua grandezza sta proprio in questo. E la Storia glielo ha riconosciuto".

La sua storia personale, come questo spettacolo, unisce due continenti. Lei crede davvero che l’arte possa essere un ponte fra le culture, anche in tempi difficili come i nostri?

"Sì, assolutamente. Soprattutto la musica, che non ha bisogno di una traduzione per essere compresa, e per questo è fra le arti più sublimi. Come un profumo è invisibile, ma può generare immagini ed emozioni. Come può farlo il teatro, che è il prodotto della cultura di un popolo, ed è capace di comunicare concetti complessi meglio di come farebbe qualunque politico. E la pittura, come nella Guernica di Picasso, che esprime il dolore della guerra, unisce visioni diverse ed è universalmente comprensibile".

Cosa rappresenta per lei la Calabria, e cosa si aspetta dal suo pubblico?

"Per me la Calabria è la mia casa. Ci vado spesso per vedere i miei cugini che vivono in provincia di Cosenza, e ho anche già portato qui degli spettacoli – una volta, dieci anni fa, con Bacalov e Michele Placido, e più recentemente per un altro lavoro, al Teatro Politeama di Catanzaro. Qui si parla quella che è la lingua di mia madre, dunque tornare significa sentirmi accolto. Essere in Calabria è come vedermi allo specchio".

Giulia De Sensi

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