Reggio Calabria, 15 settembre – “Antonio Pelle, il mammà della 'ndrangheta di San Luca, aveva progettato nel tempo la sua evasione dal carcere”. “Durante il periodo di detenzione - afferma il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri - grazie ad alcune intercettazioni ambientali, eravamo riusciti a capire che Pelle, forse con complicità all'interno del carcere, era riuscito ad avere dei medicinali dimagranti. Di questi farmaci, però – aggiunge Gratteri - aveva fatto uso spropositato tant'è che era stato necessario ricoverarlo all'ospedale Pertini. Dalle intercettazioni ambientali è anche emerso che Antonio Pelle puntava a scendere velocemente sotto i cinquanta chilogrammi, così mi mandano ai domiciliari, rifiutando spesso il cibo. Ottenuti gli arresti domiciliari circa un anno fa grazie al referto positivo di un gruppo di consulenti, Antonio Pelle era rientrato nella sua abitazione di contrada Bosco di Bovalino, nei pressi di San Luca, dov'era stato arrestato dai carabinieri tre anni orsono e dov'era attivamente controllato. Poi, cinque giorni addietro, il ricovero all'ospedale di Locri, e la fuga”.
Un ospedale senza alcun controllo
Un ospedale senza controllo dal quale si può entrare ed uscire indisturbati, così come confermato pochi giorni fa da un giornalista de Il Quotidiano, introdotto nell’ospedale e in alcuni uffici senza che venisse fermato da alcuno. Nell'ospedale, tra l'altro, non c'è neanche il posto fisso di polizia, dismesso nell'ottica di una razionalizzazione dei costi imposta al Dipartimento della Pubblica sicurezza dai tagli alle risorse.
E al centro di inchieste giudiziarie dopo l’omicidio Fortugno
L'ospedale e l'Azienda sanitaria di Locri sono stati al centro di diverse inchieste della magistratura dal momento che secondo gli investigatori, nella struttura ci sarebbe stata, per anni, una vera e propria infiltrazione della 'ndrangheta. Gli organismi di gestione della stessa azienda furono sciolti nell'aprile 2006, dopo che la Commissione di accesso nominata all'indomani dell'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso a Locri il 26 ottobre 2005, giunse alla conclusione che l'Asl era divenuto un centro di affari e di potere in cui sarebbero stati privilegiati i pesanti interessi della 'ndrangheta nel settore sanitario.
Perquisizioni senza alcun esito
Intanto, sono diverse le perquisizioni a tappeto che si stanno succedendo in tutta la Locride per la ricerca di Antonio Pelle. I carabinieri stanno setacciando tutte le campagne della zona ed hanno compiuto perquisizioni in casa di familiari ed amici di Pelle alla ricerca dell'evaso. Al momento, però, di Pelle nessuna traccia. Le indagini mirano anche a stabilire se Pelle abbia goduto dell'appoggio e dell'aiuto di qualcuno per allontanarsi dall'ospedale.
Le prime reazioni politiche: Governo risponda a Paese su questa fuga
“L'evasione del boss Pelle dall'ospedale di Locri è un episodio gravissimo su cui va fatta immediata chiarezza". E' quanto afferma il vicesegretario dell'Udc Mario Tassone, componente della commissione Antimafia. “E' inammissibile che per una leggerezza del genere si possa pregiudicare e mortificare lo straordinario lavoro compiuto in questi anni da magistrati e forze dell'Ordine contro una delle faide più pericolose e sanguinarie del panorama criminale internazionale, come quella di San Luca. Chiediamo al governo di dare spiegazioni sull'accaduto al Parlamento e al Paese”.
Dello stesso avviso Rosa Villecco Calipari, vicepresidente dei deputati PD e parlamentare calabrese che aggiunge “se, come afferma il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, grazie ad alcune intercettazioni ambientali, si era riusciti a capire che Pelle stava progettando da tempo la sua fuga, non è tempo di chiedersi se il boss avesse complici, ma se sia stato davvero fatto tutto perché questa non avvenisse facendo chiarezza sul livello di sorveglianza al quale era sottoposto nell'ospedale di Locri”. “So che la Dda di Reggio Calabria, d'intesa con la procura di Locri, ha avviato un'inchiesta, ma apprendo che nei suoi giorni di ricovero in ospedale il boss non era sottoposto ad un piantonamento fisso e che le forze dell'ordine si recavano a fare controlli in vari momenti della giornata”. “Dopo tanti commenti positivi - conclude Calipari - oggi è una brutta giornata per i calabresi onesti. E' sconcertante che si possa pregiudicare lo straordinario lavoro compiuto in questi anni da magistrati e forze dell'ordine contro una delle faide più pericolose. Per questo chiediamo al governo di dare spiegazioni sull'accaduto al Parlamento e a chi la 'ndrangheta la combatte ogni giorno”.
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