Catanzaro - Nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Como e Monza, il personale delle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Carabinieri del R.O.N.INV. di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea e i militari del GICO della Guardia di Finanza di Catanzaro, questa mattina hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo emesso dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro nei confronti di 23 presunti boss e affiliati al clan dei Mancuso, operante nel vibonese, ed alle cosche collegate Accorinti, La Rosa e Grande, attive nei comuni del litorale. Le accuse sono di associazione di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti. L'operazione, denominata "Costa Pulita" è stata eseguita al termine di indagini dirette dai pm Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni e coordinate dal procuratore della Repubblica facente funzioni Giovanni Bombardieri.
I NOMI:
Cosmo Mancuso, nato a Limbadi 67 anni
Salvatore Muzzupappa, nato a Nicotera 45 anni
Nazzareno Colace, nato a Vibo Valentia 52 anni
Pasquale Prossomariti, nato a Cinquefrondi 31 anni
Carlo Russo, nato a Tropea 38 anni
Giancarlo Loiacono, nato a Vibo Valentia 43 anni
Giuseppe Evalto, nato a Spilinga 53 anni
Giovanni Rizzo, nato a Cinquefrondi 34 anni
Carmine Il Grande, nato a Tropea (VV) 57 anni
Ferdinando Il Grande, nato a Tropea (VV) 34 anni
Gerardo La Rosa, nato a Tropea (VV) 42 anni
Antonino Accorinti, nato a Briatico (VV) 60 anni
Francesco Giuseppe Bonavita, nato a Briatico (VV) 70 anni
Antonio Accorinti, nato a Tropea 36 anni, residente a Briatico
Francesco Marchese, nato a Tropea (VV) 30 anni
Giuseppe Granato, nato a Briatico (VV) 51 anni
Salvatore Prostamo, nato a Vibo Valentia 40 anni
Davide Surace, nato a Gioia Tauro (RC) 31 anni
Federico Surace, nato a Tropea 25 anni
Adriano Greco, nato a Tropea 34 anni
Leonardo Francesco Melluso, nato a Briatico (VV) 51 anni
Simone Melluso, nato a Tropea (VV) 31 anni
Emanuele Melluso, nato a Tropea (VV) 31 anni
VIDEO
Indagati ex amministratori locali
Numerose perquisizioni, anche a carico di ex amministratori del Comune di Briatico, che risultano indagati in stato di libertà, sono state eseguite nell'ambito dell'operazione "Costa Pulita". L'indagine, che ha lambito anche contesti politici di passate amministrazioni del comune di Parghelia, ha avuto specifico riferimento alle risultanze dell'accesso antimafia compiuto nel Comune di Briatico, poi sciolto per mafia nel 2012. Nello stesso, inoltre, le indagini avrebbero documentato anche propositi di ritorsione, attuati nel 2011 mediante lettera minatoria, contro un giornalista, autore di articoli sulla mala gestione del municipio.
Sequestro beni da 70 milioni, anche tre navi
Beni per un valore di 70 milioni di euro sono stati sequestrati nel corso dell'operazione contro la cosca Mancuso di Limbadi. Tra i beni sequestrati ci sono oltre 100 immobili, quote societarie e rapporti bancari ed anche 2 villaggi vacanze e tre compagnie di navigazione con altrettante motonavi che assicuravano, secondo l'accusa, in regime di sostanziale monopolio, i collegamenti turistici con le isole Eolie. Durante le indagini, condotte anche con intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, inoltre, sono state sequestrate diverse armi da fuoco e, nel 2014, sono stati arrestati, in flagranza di reato, alcuni elementi di spicco delle cosche mentre si accingevano a fare un attentato mediante l'utilizzo di un potente ordigno esplosivo.
Favori ex vice sindaco a cosca per voti
L'ex vicesindaco di Parghelia, Francesco Crigna, è tra gli amministratori pubblici indagati in stato di libertà nell'inchiesta. Secondo l'accusa sarebbe stato in stretto contatto con esponenti della famiglia Il Grande, referenti in quel comune di Mancuso. Dalle indagini sarebbe emerso che le imprese edili e di movimento terra facenti capo alla cosca, dopo l'alluvione che ha colpito il piccolo centro del vibonese nel febbraio-marzo 2011 sono state affidatarie in via quasi esclusiva di una serie di lavori per il ripristino di strade e dell'alveo di torrenti. Lavori che secondo l'accusa, spesso sarebbero stati assegnati indebitamente con una procedura di "somma urgenza". Crigna, inoltre, avrebbe attestato falsamente in favore di un componente la cosca, il possesso dei requisiti necessari all'assegnazione di un alloggio da parte dell'Aterp di Vibo. La famiglia Il Grande, in cambio dei favori ricevuti, si sarebbe impegnata a reperire voti per Crigna e altri suoi alleati politici in occasione delle consultazioni elettorali.
Indagato presidente Provincia Vibo
Concorso esterno in associazione mafiosa: è l'accusa ipotizzata dalla Dda di Catanzaro nei confronti di Andrea Niglia, presidente della Provincia di Vibo e sindaco di Briatico dichiarato incandidabile il 20 marzo scorso dalla Corte di Cassazione, indagato in stato di libertà nell'inchiesta "Costa Pulita". La casa di Niglia è stata perquisita stamani. Secondo l'accusa, in qualità di sindaco di Briatico, si sarebbe attivato per favorire la cosca Accorinti. In particolare, per la Procura, l'ex primo cittadino avrebbe posto in essere "condotte riservate e fraudolente tese a salvaguardare l'attività del villaggio Green Garden costituente una delle principali fonti di guadagno della cosca". Niglia era stato eletto presidente della Provincia di Vibo il 28 settembre 2014 con l'appoggio dei renziani del Pd, esponenti di Ncd, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Il 20 marzo scorso la Cassazione ha stabilito l'incandidabilità e quindi la decadenza. Contro questa decisione lo stesso Niglia ha annunciato di aver avviato un'azione di sospensiva e revoca dell'atto.
Statua Madonna in processione su barca boss
L'indagine "Costa pulita" ha consentito anche di svelare l'ingerenza del clan Accorinti sulle cerimonie religiose della zona. In particolare, durante la processione a mare della Madonna del Monte Carmelo, che si svolge ogni 15 luglio a Briatico, i carabinieri durante il servizio di osservazione, hanno constatato che la statua della Vergine veniva trasportata a bordo dell'imbarcazione denominata "Etica" condotta proprio da Antonino Accorinti, indicato come il capo. Un ex parroco del paese ha spiegato agli investigatori che "certi soggetti del luogo dovendo imporre il loro dominio nel paese si indirizzavano alla parrocchia nel tentativo di influenzare e dominarne l'attività pastorale". Anche la tradizionale cerimonia dell'Affruntata sarebbe stata infiltrata dalla 'ndrangheta. Infatti, come documentato da tre annotazioni dei carabinieri, "vi è la presenza tra i portatori delle statue di soggetti in massima parte, o riconducibili, o facenti parte delle compagini criminali".
Attività delittuose pianificata da Pantaleone Mancuso in pubblico esercizio
L’attività in questione avrebbe consentito di individuare un pubblico esercizio, situato a Nicotera Marina, abitualmente frequentato dal boss Pantaleone Mancuso, 55 anni, detto “Luni Scarpuni” ove questi, malgrado sottoposto in quel periodo al regime della sorveglianza speciale di P.S., pianificava una gamma di attività delittuose, esercitando una pervasiva e soffocante azione di condizionamento dell’economia della zona costiera, comprendente rinomati luoghi d’interesse turistico, mediante l’incessante ricevimento, presso tale esercizio pubblico, di una vasta schiera di criminali a capo di altre, subordinate, articolazioni della consorteria mafiosa ed imprenditori che gli si rivolgevano per il classico pagamento del “pizzo” o, per converso, per concordare modi e tempi della conduzione di importanti affari che la sua potente famiglia mafiosa finiva così per controllare. Monitorando, a mezzo di intercettazioni ambientali il locale, è stato, così possibile accertare, tra l’altro, la presenza della ‘ndrangheta dietro al business delle minicrociere con ciò confermando la pervasiva infiltrazione della criminalità organizzata in tutti i settori dell’economia legale; parallelamente è stata fatta piena luce su alcuni danneggiamenti compiuti in danno di esercenti e privati cittadini per assumere il controllo, in regime di monopolio, del trasporto marittimo “Tropea-Isole Eolie” e di villaggi turistici della costa oltre che per convogliare lavori pubblici e privati verso ditte collegate al sodalizio. A margine di ciò è emersa, da un lato, l’intenzione di Mancuso di eliminare fisicamente soggetti e gruppi antagonisti, percepiti come ostacoli all’affermazione del predominio criminale della cosca, dall’altro, il delinearsi di una strategia di rafforzamento della famiglia Mancuso e di riavvicinamento dei vari appartenenti, che risultano essere referenti di altrettanti gruppi familiari, dediti a diverse attività delittuose, nelle proprie zone d’influenza, sotto l’egida della famiglia Mancuso.
Nelle indagini anche cosca Il Grande
Le indagini hanno infatti riguardato anche la cosca Il Grande, operante nel territorio di Parghelia, prendendo origine dalla denuncia di una serie di danneggiamenti avvenuti nel 2009, presso un villaggio turistico del comune costiero del vibonese, a seguito della quale si è potuto riscontrare il particolare interesse della “famiglia” Il Grande per il controllo delle attività turistiche presenti sul territorio d’influenza, controllo attuato sia eseguendo lavori all’interno delle strutture ricettive, sia con l’imposizione della propria massiccia presenza tra i dipendenti di diversi villaggi. Inoltre la cosca Il Grande, con la complicità di dirigenti del comune di Parghelia, si accaparrava, durante il periodo 2009-2012, numerosi appalti pubblici rientranti nelle competenze di quell’Ente e pretendeva, senza alcun titolo, che le ditte aventi in appalto lavori in quel territorio versassero alla “famiglia” stessa una parte del ricavato.
Il referente di Pantaleone Mancuso
Altre significative risultanze sono state acquisite a carico di Nazzareno Colace, ritenuto il referente di Pantaleone Mancuso per la zona del porto di Vibo Marina e della zona industriale di Porto Salvo. Proprio in quest’ultimo sito Colace avrebbe esercitato la propria forza intimidatrice nei confronti di almeno tre imprenditori; per fare desistere il primo dal proseguire un’attività economica che si poneva in concorrenza con quella di alcuni membri della sua famiglia, minacciando il secondo di non fargli rilasciare le autorizzazioni amministrative necessarie all’avvio di una rilevante iniziativa economica, a meno che non avesse accettato la partecipazione sua e quella del capo cosca Pantaleone Mancuso alla nascente attività e intervenendo su un terzo, titolare di una ditta di trasporti per farlo desistere dall’eseguire una commessa vantaggiosa al fine di farla eseguire da una ditta compiacente. Nel corso dell’attività, supportata da intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, sono state sequestrate armi da fuoco e, nel 2014, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, alcuni elementi di spicco delle locali cosche, in procinto di mettere in atto un attentato mediante l’utilizzo di un potente ordigno esplosivo.
In sintesi dalle indagini è emerso inoltre che: le ‘ndrine avevano imposto il loro giogo nel settore della navigazione sia nei confronti degli altri rappresentanti delle società, sia nei confronti dei vari gestori delle strutture ricettive, di fatto spesso costretti ad indirizzare i propri clienti esclusivamente verso le società di navigazione controllate dalle organizzazioni mafiose.
Tra fermati anche autori minacce cronista
Nel mirino del clan Accorinti era finito anche il giornalista Pietro Comito. Le minacce al cronista, all'epoca in servizio nella redazione vibonese di Calabria Ora, sono ricostruite nelle oltre 1400 pagine del decreto di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro nell'ambito dell'inchiesta "Costa pulita". In un articolo Comito aveva scritto di un assessore che avrebbe svolto il ruolo di autista per un boss. Inoltre il giornalista aveva raccontato dei festeggiamenti di alcuni capi bastone dopo le elezioni amministrative. Dopo gli articoli, gli investigatori hanno intercettato una conversazione nel corso della quale uno degli affiliati diceva: "Ha detto tuo padre che lo deve spaccare a quello come lo troviamo". Pochi giorni dopo in redazione era stata recapitata una lettere anonima: "O Petru Comito ta tagnu (ti taglio, ndr) a testa si scrivi subbu u Comuni i Briatico e fatti i cazzi toi ...".
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