Reggio Calabria - L’hanno chiamata “Cumbertazione” e “5 lustri” l’operazione su 'ndrangheta e appalti eseguita dalla Guardia di Finanza tra Calabria e Lazio. Smantellata, dopo articolate e complesse indagini, un’associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alla turbativa di gare d’appalto nel settore pubblico con l’esecuzione di 33 fermi di indiziato di delitto e il sequestro preventivo si 54 imprese in tutta Italia.
Nell’elenco figurano anche la “Bilotti parking Srl”, “Lorica ski”, “Aeroporto di Scalea” ed anche un’impresa con sede a Serrastretta la “Condotte srl”. Nel lungo elenco degli appalti edili oggetto d’indagine rientrano, infatti, anche alcuni lavori ad uno svincolo nel tratto reggino dell’A3 Sa-Rc, da poco divenuta A2 Autostrada del Mediterraneo, del parcheggio dell’appena inaugurata piazza Bilotti a Cosenza, lavori sulla funivia di Lorica fino all’aeroporto di Scalea.
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"Dalle indagini emerge l'esistenza di un codice degli appalti parallelo dove più imprese si riuniscono in cartelli e concordano gli importi per partecipare alle gare di appalto e vincerle, a rotazione, il tutto con il sostegno delle cosche". Così il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, ha sintetizzato l'operazione conclusa oggi con il fermo di 35 persone, tra le quali 27 imprenditori, che si sarebbero spartiti decine di appalti nelle province di Reggio e Cosenza nel corso della conferenza stampa.
Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dal canto suo, ha evidenziato come il troncone cosentino sia la prosecuzione dell'operazione che nel luglio scorso portò all'arresto di capi e gregari della cosca Muto di Cetraro, sulla fascia Tirrenica. "Da lì - ha detto Gratteri - siamo partiti e siamo arrivati all'imprenditore cosentino Barbieri che in cordata con altri imprenditori aveva realizzato un cartello con le imprese operanti nell'area di Gioia Tauro".
Le indagini hanno accertato: il diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà, che ha costituito e consolidato nel settore degli appalti pubblici in Calabria una posizione di assoluto predominio, sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli, tra le più potenti della ‘ndrangheta, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti tra cui, i Comuni di Gioia Tauro, Rosarno, Cosoleto, la Provincia di Reggio Calabria (Stazione Unica Appaltante – S.U.A.P.), l’A.N.A.S., ecc...) nel periodo 2012/2015 per un valore complessivo superiore a 90 milioni di euro.
Cartello composto da oltre 60 società
L’illecito modus operandi, secondo i finanzieri posto in essere grazie anche ai rapporti corruttivi con funzionari appartenenti alle stazioni appaltanti nonché all’operato di diversi professionisti collusi, ha consentito di sviare il regolare svolgimento delle gare pubbliche mediante la costituzione di un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata. Proprio sotto tale profilo, nel corso delle indagini è stata individuata una cerchia di soggetti risultati pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la “Cumbertazione” (termine dialettale reggino utilizzato per indicare un’associazione chiusa).
Accanto al nucleo essenziale della famiglia Bagalà, in particolare dei fratelli Giuseppe e Luigi, nonché dei rispettivi figli Francesco e Francesco, sono stati individuati altri soggetti, con ruoli chiave nel sistema di controllo degli appalti di lavori gestito dai Bagalà. "Si pensi anzitutto all’Ing. Pasquale Nicoletta detto Rocco - sottolineano le fiamme gialle - e alla sorella, Angela, anch’essa parte del sodalizio criminale e testa di ponte della cosca Piromalli all’interno dell’amministrazione comunale di Gioia Tauro".
Un ruolo di spicco è stato ricoperto da Giorgio Morabito, soggetto originario di San Giorgio Morgeto in provincia di Reggio che, già attivo nel settore degli appalti di lavori, si è affiliato alla cosca Piromalli avendo intuito che per fare il salto di qualità nel settore degli appalti doveva sposarne la causa. Accanto a tali soggetti, si sono collocate una serie di ditte compiacenti aventi sede in Calabria, nel Lazio, in Sicilia, in Campania, in Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito ad una di esse l’aggiudicazione. In taluni casi, le imprese, scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici (come nel caso dei gruppi Cittadini e Barbieri), si sono prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in ATI o RTI, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso), in altri casi, le stesse hanno presentato offerte fittizie, ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare.
In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di corruzione, imposizione ‘ndranghetistica e collusione, lo scopo perseguito dai Bagalà è stato quello di garantirsi il controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi, procurandosi l’aggiudicazione illecita delle commesse da parte di imprese colluse, per poi effettuare direttamente i lavori garantendosi la presenza sul territorio attraverso il sistema delle procure speciali rilasciate al Giorgio Morabito e ad altri. Anche laddove il richiamato cartello non fosse riuscito vincitore, infatti, venivano messe in atto manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – al fine di controllare in maniera diretta la gara. Il vantaggio derivante in capo all’organizzazione, ma in particolare ai Bagalà e quindi alla cosca Piromalli, è stato molteplice.
Da un lato, quello economico direttamente derivante dall’esecuzione dell’appalto “per procura”; in secondo luogo quello di favorire diversi imprenditori mafiosi operanti sul territorio di esecuzione dei lavori, così da aumentare il prestigio dell’organizzazione, creare sinergie imprenditoriali/mafiose, consenso ed alleanze (è questo il caso dei rapporti con Gianluca Scali e Domenico Gallo); in terzo luogo, vi è il vantaggio in termini mafiosi di eseguire visibilmente tutti i lavori in un dato territorio, come il comune di Gioia Tauro, rafforzando così la posizione della cosca Piromalli. Infatti, l’occupazione dei cantieri locali permette anche l’assunzione delle maestranze imposte dalle famiglie ‘ndranghetistiche competenti per territorio, così ulteriormente permettendo all’organizzazione di creare un sistema “per cui tutti sono contenti”, prendendo in prestito le parole del Giuseppe Bagalà, 60 anni.
Naturalmente per ottenere tali benefici, l’organizzazione ha curato i rapporti con il territorio, ossia con le cosche di ‘ndrangheta competenti localmente, riconoscendo la tradizionale “tassa ambientale” del 3%. Proprio a tal proposito, Giuseppe Bagalà ha parlato di un fondo a ciò deputato ed alimentato con una percentuale del valore dell’appalto accantonata dall’organizzazione. L’operato illecito dell’organizzazione ha interessato anche la fase più propriamente esecutiva dei lavori in quanto, in alcune gare, sono state apportate varianti non autorizzate al progetto ed è stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente e/o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto.
Le principali gare turbate
“Sviluppo water front della Città di Gioia Tauro, realizzazione piazza, sistemazione lungomare, costruzione parco urbano” – importo pubblico dell’operazione pari a 2.300.000 euro; “Sviluppo water front della Città di Gioia Tauro, costruzione parcheggio interrato con piazza” - importo pubblico dell’operazione pari a 3.000.000 euro; “Sviluppo water front della Città di Gioia Tauro, sistemazione palazzetto dello sport con annessi parcheggi e viabilità” - importo pubblico dell’operazione pari a 400.000 euro; “Riqualificazione ambientale Torrente Budello della Città di Gioia Tauro" – importo pubblico dell’operazione pari a 1.000.000 euro; “Realizzazione centro polifunzionale a servizio della città-porto sul water front della Città di Gioia Tauro" - importo pubblico dell’operazione pari a 5.100.000 euro; “Riqualificazione e ripristino percorsi pedonali stazione centro storico” della Città di Rosarno - importo pubblico dell’operazione pari a 300.000 euro; “Centro polisportivo a servizio della città – porto” della Città di Rosarno - importo pubblico dell’operazione pari a 7.000.000 euro.
Sono emerse, infine, irregolarità anche nell’esecuzione dei lavori dello svincolo di Rosarno dell’autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria in relazione alla procedura del cosiddetto “accordo bonario” prevista dal Codice degli Appalti, in quanto sono state riconosciute all’impresa appaltante sostanziali agevolazioni in virtù di rapporti collusivi e/o corruttivi con funzionari pubblici. Una fitta rete di rapporti di carattere finanziario/economico, che legava un importante gruppo imprenditoriale cosentino con gli esponenti di spicco di alcuni clan, quello dei “Muto” (operante sulla costa dell’alto Tirreno), quello bruzio “Lanzino – Ruà - Patitucci” e quello reggino dei “Piromalli”. Nello specifico, seguendo gli spostamenti di un dipendente fidato dell’imprenditore intraneo alla cosca, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza hanno ricostruito le dinamiche, le relazioni e gli accordi con gli altri gruppi criminali operanti sul territorio calabrese. Grazie a questi solidi intrecci, 10 aziende riconducibili allo stesso imprenditore sono riuscite ad aggiudicarsi i più importanti appalti (costruzione e gestione) nella provincia di Cosenza nel triennio 2013/2015.
Valore appalti ammonta ad oltre 100 milioni
Il valore complessivo degli appalti ammonta ad oltre 100.000.000 di euro derivanti dalla costruzione, riqualificazione e gestione venticinquennale (da qui il nome dell’operazione) degli impianti e dei servizi annessi.
I cantieri interessati sono: riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo-culturale di piazza “Carlo Bilotti” e realizzazione di un parcheggio interrato, nonché relativa gestione per 28 anni del parcheggio multipiano, della struttura polifunzionale (ivi compreso il museo) e del MAB; Comprensorio sport-natura di Lorica e relativa gestione per 25 anni; riqualificazione delle aree prospicienti l’aviosuperficie di Scalea ai fini della realizzazione di servizi turistici e della riduzione dell’impatto ambientale, nonché relativa gestione per 25 anni.
Per questi motivi, appurata la connotazione “mafiosa” dell’imprenditore e delle imprese a lui facenti capo, la DDA di Catanzaro ha disposto mirati provvedimenti cautelari reali puntando al sequestro dei cantieri sopracitati, delle 10 società coinvolte, dei relativi conti correnti, dei numerosissimi beni ad esse intestate: 38 immobili (ville, box, locali commerciali), 1 struttura alberghiera, munita di 144 camere e con annessa spiaggia, piscina, ristorante e impianti sportivi, 1 locale notturno (discoteca), 1 sala slot e videolottery, 5 automezzi. Il tutto per un valore di oltre 10 milioni.
L’operazione è stata condotta sotto il coordinamento delle Direzioni Distrettuali Antimafia di Reggio Calabria e di Catanzaro da personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e di Cosenza, con l’ausilio del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e dei Nuclei di Polizia Tributaria di Roma, Viterbo, Latina, Rieti Mantova, Milano, Agrigento, Messina, Palermo, Ragusa, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Caserta, Napoli, Salerno, Pisa che ha eseguito su tutto il territorio nazionale il fermo di indiziato di delitto, emesso dalle D.D.A. nei confronti di 35 soggetti responsabili dei reati associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’art. 7 L.203/1991, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, rapina ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso (art. 7 l. 203/1191). nonché il sequestro preventivo di 54 imprese.
I provvedimenti rappresentano l’epilogo di un’articolata attività investigativa condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria e dal Nucleo PT di Cosenza, nell’ambito di due distinti procedimenti penali incardinati rispettivamente presso le Direzioni Distrettuali Antimafia di Reggio Calabria (operazione “Cumbertazione”, e di Catanzaro (operazione “5 Lustri”), volta ad approfondire i profili imprenditoriali della criminalità organizzata operante nella piana di Gioia Tauro e nel cosentino, legati al settore degli appalti pubblici, le quali trovano punto di convergenza nella figura di alcuni imprenditori legati alla ‘ndrangheta.
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