Donna segregata e ridotta in schiavitù a Gizzeria, convalidato fermo e carcere per 52enne

Foto_01-11222017-091901.jpg

Lamezia Terme – Va in carcere il 52enne che, come hanno scoperto i carabinieri di Gizzeria, avrebbe costretto una giovanissima donna a subire violenze e abusi per dieci lunghi anni. Dopo il fermo di due giorni fa, l’interrogatorio: l’aguzzino si è presentato venerdì mattina davanti al giudice del Tribunale di Lamezia, il Gip Emma Sonni, che doveva decidere se convalidare o meno il fermo e anche se disporre la misura cautelare. E così ha deciso: fermo convalidato e per lui si aprono ora le porte del carcere. Per la 29enne e i suoi due bambini, invece, il tentativo di ripartire in una struttura protetta dopo le violenze.

Intanto, Aloisio Francesco Giordano ha parlato davanti al giudice, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Salvatore e Simona Sisca del foro di Castrovillari, e si è professato innocente. Una versione opposta a quelle immagini agghiaccianti che si sono mostrate ai carabinieri e che rimandano ad una storia di violenza e di soprusi: una storia che sembra quasi lontana, da “film dell’orrore”, potrebbe definirla qualcuno.

E invece, questo è stato l’incubo per una 19enne che, da badante della moglie del lametino, quasi 30 anni più grande di lei, ne è diventata una vera e propria prigioniera. Costretta a stare legata ad un letto, a subire atroci violenze, sessuali e non, e che da queste violenze ha visto nascere due figli, costretti a loro volta a vivere in quella situazione di orrore e degrado. In una baracca fatiscente, che di certo non poteva essere definita casa, la giovane di nazionalità rumena, non ha avuto modo di poter interfacciarsi con il mondo: l’unico contatto era con il suo aguzzino che l’aveva rinchiusa in questo tugurio nelle campagne di Gizzeria, nella zona della Mortilla, in una parte impervia non visibile dalla strada, in condizioni igieniche penose, servizi ricavati dai secchi della spazzatura, infestati da topi e insetti, e con letti di cartone. I figli, uno di nove e l’altra di tre anni, hanno visto quell’orrore per tutta la loro giovane vita: le atrocità erano diventate la normalità, così come le violenze, e le minacce. Difficile per i carabinieri che hanno seguito le indagini, poter ricostruire la storia, perché la donna, così come i bambini non avrebbero voluto parlare o raccontare qualcosa e solo dopo giorni avrebbero raccontato il loro dolore i soprusi consumati.

Un piano ben preciso, secondo l’accusa, quello del 52enne, che pare sia di una famiglia di origini nobili, abbia studiato e abbia anche intrapreso per qualche tempo la carriera universitaria. L’uomo avrebbe fatto nascere i bambini in un ospedale fuori Lamezia, e avrebbe deciso di non dichiarare al momento della nascita uno dei due bambini, il più grande dei quali frequentava la scuola.

Ci si domanda anche come sia possibile che nessuno si possa essere accorto del degrado e dell’orrore nel quale fossero stati costretti a vivere. La stessa domanda che si è posto il Garante dell’Infanzia Marziale che ha già annunciato l’apertura di una procedura per individuare eventuali responsabilità.

La scoperta è stata possibile grazie ad un’intuizione di un carabiniere che, nel corso di un posto di blocco, ha fermato l’uomo nella sua auto insieme al bambino, si è insospettito per le condizioni del veicolo e per il suo atteggiamento e così ha deciso, insieme ai colleghi, di approfondire la situazione. Ed è stato allora che si è scoperto il tutto. L’uomo, fermato all’alba di mercoledì dai carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme, guidata dal comandante Pietro Tribuzio, è ora accusato dalla Procura di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata, mentre era stato già condannato nel 1995 per accuse simili e aveva scontato una pena di quattro anni e mezzo. 

Questo è un episodio estremo, al limite, ma Lamezia e il suo hinterland non sono scevre, purtroppo, di storie di violenza, sulle donne e sui bambini. A ridosso della giornata contro la violenza sulle donne, che si celebra come ogni anno il 25 novembre, bisognerebbe fermarsi a riflettere. I dati su Lamezia non si possono, probabilmente, definire allarmanti ma le denunce indicano che il dato non è trascurabile e quello che fa paura, è il mondo sommerso, il non detto, il sottaciuto. Il numero totale dei casi trattati dal Centro Antiviolenza Demetra, inserito dal 2014 nel 1522 (numero nazionale istituito per dare soccorso e aiuto a donne in difficoltà), dal 2010 al 2015 è di 202 casi, senza guardare in faccia età o classi sociali, come con dati alla mano si può verificare.

C.S.

© RIPRODUZIONE RISERVATA