Lamezia, processo Reventinum contro cosca della montagna: chiesta la condanna a 20 anni per Marco Gallo

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Lamezia Terme – Ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione per Marco Gallo e a 15 per Salvatore Mingoia nel concludere la prima parte della sua discussione il Pm Anna Chiara Reale nell’ambito del processo “Reventinum”. Volge, quindi, quasi al termine, nell’aula Garofalo del Tribunale lametino davanti al Presidente Silvestri, il processo scaturito dall’omonima operazione scattata il 10 gennaio del 2019 contro il "gruppo storico della montagna". Un processo movimentato che ha avuto il suo clou con la testimonianza dei coniugi Scalise-Raso (era il 20 dicembre 2022) nel corso dell'udienza hanno ritrattato quanto dichiarato in alcuni verbali di interrogatorio dell’estate scorsa ai magistrati della Dda di Catanzaro.

Tribunale acquisisce verbali dopo ritrattazioni e i "non ricordo"

Oggi il Tribunale ha, inoltre, acquisito i verbali delle dichiarazioni rese da testimoni. L'avvocato Agapito ha chiesto la deposizione di alcune note difensive, insieme a tutti i difensori delle parti civili. In particolare, in riferimento ad alcune dichiarazioni ascoltate nel corso del dibattimento. L'avvocato ha parlato di dichiarazioni che "non erano genuine nell'esame in aula" che si sono susseguite in una serie di "non ricordo". L’avvocato Mancuso anche per Siclari ha chiesto la deposizione di una memoria nella quale la difesa si oppone all'acquisizione. Il Tribunale (Presidente Silvestri) dopo alcune ore di camera di consiglio dà lettura dell’ordinanza parlando di “vuoti di memoria” e “dichiarazioni difformi fornite da alcuni testimoni”. Il tribunale ha parlato anche di atteggiamenti e segni della “subita intimidazione” e “pressioni esterne sugli stessi testimoni”, da qui la reiterazione di alcune testimonianze. Sarebbero almeno 9 quelli che in aula hanno minimizzato o detto di essere stati fraintesi e addirittura cambiato versione. Come la “Raso che ha completamente ritrattato quanto reso pochi mesi prima”. Per questi motivi è stata disposta l’acquisizione di alcuni verbali.

“L’ascesa del gruppo degli Scalise”

Il Pubblico Ministero ha esordito la sua lunga e dettagliata requisitoria parlando di un “processo complicato in quanto è una sorta di contenitore: confluiscono una serie di accertamenti giudiziari ma per nessuno abbiamo una sentenza passata in giudicato da poter muovere con dati certi”. Sta, infatti, per concludersi in appello il processo a carico dei presunti mandanti dell’omicidio Pagliuso e, nell’ultima udienza il Pg ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado e quindi l’ergastolo per Pino e Luciano Scalise (padre e figlio). Gallo, si ricorda, è stato già condannato all’ergastolo per l’omicidio sia dell’avvocato Francesco Pagliuso che di Gregorio Mezzatesta. Il Pm ha parlato dell’esistenza del gruppo Scalise inteso come gruppo criminale fino ai fatti delittuosi che la cosca avrebbe commesso. “Oggi questo ufficio non potrà dare nulla per scontato” ha detto il Pm che ha dovuto valutare una serie di dati e ricostruire innanzitutto l’organigramma criminale partendo della storia dei cosiddetti comuni della montagna come Soveria Mannelli, Decollatura, Platania.

Storia che è stata possibile ricostruire grazie anche all’escussione di numerosi collaboratori di giustizia. Equilibri che saltano fino alla “progressiva ascesa del gruppo degli Scalise sul territorio che passa per il riconoscimento del primato dei gruppi storici che hanno dominato nel Lametino”. Il riferimento del Pm è alle cosche di Lamezia disarticolate con le operazioni denominate “Perseo” prima e poi “Andromeda” che hanno decapitano i gruppi criminali dei Giampà, Iannazzo e così “si assiste all’ascesa del gruppo degli Scalise”. Fino ad arrivare agli “omicidi eccellenti, emblematici perché aggrediscono soggetti estranei, sorprendono e sconvolgono. Dimostrano fino a che punto si sono spinte le mire espansionistiche della famiglia Scalise, da sempre contrapposta con la famiglia Mezzatesta”.

La lunga scia di sangue

Ricostruisce i fatti principali accaduti negli anni come nel 2001 “anno di rottura” nel corso del quale Pino Scalise subì un attentato dinamitardo e i Mezzatesta furono da loro ritenuti i presunti responsabili. Nel 2012 “vengono meno equilibri criminali della zona e ricostruzione di nuovi assetti”. Ricorda poi le importanti dichiarazioni di alcuni collaboratori come Angelo Torcasio che individua la geografia criminale del territorio e le relative competenze. Uno tra i primi collaboratori di giustizia delle cosche lametine che parla anche “degli Scalise che operavano nel territorio del Reventino”. E poi ancora le dichiarazioni di Saverio e Rosario Cappello. Sulla base del loro dichiarato si evidenzia una “autonomia nelle estorsioni della famiglia Scalise. Confermando che gli Scalise facevano comunque riferimento alla famiglia Giampà, tant'è vero che i proventi confluivano nella bacinella dei Giampà”. Si parla poi della spaccatura tra Mezzatesta e Scalise.

Il Pm analizza anche la lunga scia di sangue nel territorio del Reventino: l'omicidio del 19 gennaio 2013 di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo uccisi nel bar del Reventino di Decollatura. L’avvocato Pagliuso assume poi la difesa dei Mezzatesta. Successivamente vi è la latitanza di Domenico Mezzatesta che dura circa due anni. Nel giugno del 2014 venne ucciso Daniele Scalise, aveva 29 anni. Nel dicembre dello stesso anno l’omicidio del 58enne Luigi Aiello. La Cassazione rimodula la pena ed esclude la premeditazione per i Mezzatesta. E, nei confronti dell’avvocato Pagliuso “le minacce diventano realtà” il 9 agosto 2016 con l’omicidio del penalista e il 24 giugno del 2017 con quello di Gregorio Mezzatesta, successivamente l’arresto di Marco Gallo (il 31 luglio 2017).

Secondo il Pm Reale il giovane fino a quel momento, "insospettabile e incensurato", assume un “ruolo fondamentale in questa situazione: partecipazione all’associazione come killer della cosca”. “Non ci sono sentenze passate in giudicato” ricorda ancora una volta il Pm, quindi, per ricostruire i rapporti di Gallo con la famiglia Scalise bisogna basarsi su altri dati come dichiarazioni, il Gps, le localizzazioni. Poi tutti gli elementi trovati nell’abitazione di Falerna di Gallo dai buoni fruttiferi alla foto commemorativa di Daniele Scalise, alla lista degli invitati al suo matrimonio fino al rinvenimento di un testamento olografo firmato da Marco Gallo e Luciano Scalise. L’intestazione di un terreno. Così, secondo il Pm “il ruolo di Marco Gallo assume connotati più pregnanti”. Sarebbero questi i “primi passi... fino agli omicidi”. Causa da rintracciarsi nella storica contrapposizione tra la famiglia Mezzatesta e Scalise. Anche per Gallo - sostiene ancora l’accusa - vi è la “condivisione di questo risentimento per farglieli commettere”. Il pm ha ricordato anche le dichiarazioni dell’avvocato Antonella Pagliuso (sorella del penalista Francesco), in merito ad alcune minacce subite dal fratello: l’episodio del bosco e l’esistenza di una “lista nera: l’avvocato riteneva che prima o poi il cerchio dovesse chiudersi anche con la sua morte”. Il tutto nel quadro di un profondo contrasto fra la famiglia Scalise e i Mezzatesta. Infine, il Pm Reale ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione per Marco Gallo e per Salvatore Mingoia la condanna a 15 anni di reclusione per il capo 1 e l’assoluzione con riferimento al capo 4.

Le prossime udienze

L’udienza odierna si è aperta con le dichiarazioni spontanee di Pino Scalise che ha contestato gli addebiti a suo carico: "Voglio giustizia ma non che paghi io da innocente" ha detto collegato in videoconferenza. Il processo proseguirà il 7 e 9 marzo prossimi con la conclusione della requisitoria del Pm e l'inizio delle discussioni degli avvocati e infine con la sentenza.

Nel processo sono imputati: Marco Gallo, Pino Scalise, Luciano Scalise, Angelo Rotella, Salvatore Mingoia, Antonio Scalise, Carmela Grande, Bruno Cappellano. Le Parti civili costituite sono: regione Calabria, Ala, Comune di Lamezia, Provincia di Catanzaro, i comuni di Decollatura e Soveria Mannelli, la Camera penale e i familiari dell’avvocato Pagliuso. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Mancuso, Siclari, Gigliotti, Penna, Chiodo, Vianello Accorretti, Raimondi. A rappresentare le parti civili, tra gli altri, gli avvocati Ferraro, Agapito, Restuccia, Careri.

Ramona Villella

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