Lamezia: Operazione Medusa, la Commissione e il contrasto al vertice

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Lamezia Terme, 30 giugno – Dall’operazione Medusa emerge un classico quadro piramidale della cosca Giampà con al vertice, nonostante la detenzione in carcere a Padova, del “professore” Francesco Giampà, il quale sarebbe anche riconosciuto quale capo del 'locale' di Nicastro, riconosciuto anche dagli altri gruppi criminali ‘ndranghetistici al di fuori del territorio lametino”.

Le decisioni più importanti, vista la permanenza in carcere del capo, venivano prese da una “commissione”, così definita dal pentito Torcasio, che era composta da cinque elementi:

Giuseppe Giampà, Pasquale Giampà detto Millelire, Vincenzo Bonaddio detto Ca-Ca o Lucky, Aldo Notarianni detto Piluosci e Rosario Cappello detto chillu `da muntagna, quest'ultimo ora tra i collaboratori di giustizia).

Tutti i pentiti concorderebbero, nelle loro dichiarazioni, a individuare questi cinque soggetti facenti parte della cosiddetta “commissione”. Si tratterebbe di persone che “agiscono in nome e per conto del Professore sul territorio, seguendo le sue direttive, veicolate principalmente attraverso i colloqui carcerari con i prossimi congiunti”.

La struttura appare organizzata in maniera sistematica così che, come affermato dai vari collaboratori, nonostante qualcuno di loro si trovi in carcere “continuano ad arrivare a destinazione le cosiddette imbasciate”. Infatti, uno degli elementi emersi nel corso delle indagini sembra sia la permeabilità  riscontrata specie all'interno di un carcere, dove è stata rilevata “la possibilità per i detenuti della cosca Giampà di operare con una certa 'libertà" all'interno della Casa Circondariale” comunicando fra loro.

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Il contrasto tra Giuseppe Giampà e lo zio materno Vincenzo Bonaddio

I pentiti, in particolare Rosario Cappello e Angelo Torcasio, avrebbero messo in luce un dissidio interno alla stessa cosca scoppiata nell’ultimo anno e mezzo per questioni inerenti la gestione delle estorsioni. Anche Saverio Cappello, in uno dei suoi interrogatori riferisce sul ruolo di predominio di Giuseppe Giampà e i contrasti insorti con lo zio materno: “Negli ultimi tempi il padre aveva chiaramente concesso a Giuseppe Giampà il comando del gruppo. I rapporti tra Giuseppe e lo zio Bonaddio Vincenzo si erano un po' incrinati in quanto, da un lato, Giuseppe gli contestava di essere troppo duro e, dall'altro, sempre Giuseppe si lamentava del fatto che Bonaddio avesse eseguito delle estorsioni senza metterne al corrente il resto del gruppo e quindi trattenendo per se i soldi. Questo peggioramento di rapporti, peraltro, non si è manifestato in una vera e propria rottura nel senso che Giuseppe non ha mai apertamente avuto discussioni con Bonaddio, limitandosi semplicemente ad emarginarlo, vale a dire a prendere decisioni senza consultarlo, oppure a non chiamarlo quando c'era da decidere qualcosa".

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