Libri: le novità delle case editrici calabresi

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Catanzaro -Il fallimento della primavera araba, sancito definitivamente con l’arresto ieri di uno dei leader del movimento, Ahmed Duma, ha come causa principale la mancanza di libertà economica. A sostenerlo in un molto ben argomentato saggio pubblicato all’interno del volume “Economia di Mercato e Democrazia. Un rapporto controverso” curato dal docente LUISS Raffaele De Mucci, ed edito da Rubbettino (in questi giorni in libreria) è Emmanuel Martin, direttore dell’Istituto francese per gli Studi Economici in Europa. Secondo Martin non vi può essere democrazia senza libertà economica. Analizzando i casi emblematici di Egitto e Tunisia l’autore intravvede un circolo vizioso per cui l’autoritarismo politico richiama la centralizzazione dell’economia, aprendo la strada al radicalismo islamico, che diventa a sua volta un utile pretesto di legittimazione dell’autoritarismo politico. 

L’esempio del governo di Mubarak che ha soffocato l’Egitto per 30 anni con il Partito Nazional Democratico, attraverso l’uso delle milizie, il controllo dei media e dei sindacati, non può essere compreso a pieno se non contestualizzando la situazione del paese dal punto di vista economico.  È in questo quadro storico ed economico che ha trovato campo fertile il radicalismo islamico, in un circolo vizioso estremamente oleato: l’autoritarismo politico, basato sulla monopolizzazione delle risorse e il soffocamento della libera concorrenza, attecchisce e funziona solo in contesti di limitazioni e privazioni economiche, in una situazione quindi di autoritarismo economico che a sua volta prepara il campo al fanatismo islamico, pretesto, quest’ ultimo, per giustificare le rigidità politiche. Non è tuttavia una mancanza di tipo culturale, quella dei paesi africani o musulmani. La loro tradizione commerciale ed economica lo rende evidente. Gli stessi regimi totalitari saltati nel corso della Primavera Araba si dichiaravano pro-business Il business rimane però prerogativa esclusiva dei poteri forti, come nell’esempio della “Famiglia” Ben Ali-Trebelsi che gestisce da sola il 40% dell’economia tunisina.

LA PIETRA D’ORIENTE è il nuovo romanzo di Pierfranco Bruni in distribuzione in questi giorni per i tipi della Pellegrini editore.

Il viaggio verso i segni dell’alchimia, del sacro e della inafferrabilità degli amori, raccontati da amanti che abitano i deserti e il mare, costituisce il passaggio verso l’indefinibile e l’infinito. Si racconta di un incontro tra Gesù e Giuda, tra Maria di Magdala e l’uomo di Nazaret, tra Paolo e Ponzio Pilato. Ma è l’Oriente con il suo fascino e i suoi sguardi che non hanno bisogno di specchi a fare da scenario, attraverso una figura femminile che resta fondamentale e si rivela nell’ultimo capitolo del libro. La donna del segreto è Nadine e collega la presenza degli amanti del Cantico di Asmà e Shadi al camminamento dello sciamano. Con questo romanzo Pierfranco Bruni, nella continuità del suo ricercare l’essenza nell’anima dei simboli, tocca i rifermenti più alti del dialogare tra la metafora del narrare e una griglia di personaggio che costituiscono i veri archetipi di una letteratura del sogno e della memoria, della magia e dell’incanto grazie ad una tavolozza che ricami i pensieri di un io narrante che diventa il dialogante contatto tra il viaggiatore incantato e il disincanto del silenzio. Pagine preziose che toccano l’originalità di un modello letterario tutto vissuto nella trasparenza dell’immaginario e della profondità. Un romanzo viaggio, ma questa volta lo scrittore, servendosi dei monaci camminanti nel deserto, apre un costante colloquio con dei personaggi che sono la sfera del linguaggio. Nadine è l’ultimo capitolo del romanzo che si apre al lettore come se fosse una lettera, ma è l’incipit di un nuovo viaggio. Ciò è nello stile del vivere la poetica di Pierfranco Bruni.

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