"Non è l'arena" a casa di Iannazzo: il silenzio della gente e la condanna di De Magistris: "La sua scarcerazione è stata devastante"

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Lamezia Terme - Puntata di "Non è l'arena", la trasmissione in onda la domenica sera su La7, dedicata alle scarcerazioni di condannati per mafia durante la pandemia per motivi legati all'emergenza sanitaria. Le telecamere di Massimo Giletti affrontano diversi casi con ospiti in studio e dedicano un servizio anche a Vincenzino Iannazzo, 65 anni e detto "U Moretto", che lo scorso 3 aprile aveva lasciato il 41 bis del carcere di Spoleto per andare ai domiciliari perché i giudici avevano considerato il suo stato di salute incompatibile con il regime carcerario alla luce dell'emergenza Covid. Gli arresti domiciliari sono stati revocati qualche giorno fa e Iannazzo è stato condotto nel reparto di medicina protetta dell'ospedale Belcolle di Viterbo.

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Prima della revoca dei domiciliari, una troupe di "Non è l'arena" ha effettuato un servizio a Lamezia, nel quartiere in cui si trova la villa in cui Iannazzo ha trascorso i domiciliari. Il giornalista Danilo Lupo si avvicina all'abitazione presidiata da un'auto della polizia, tentando invano di intervistare Iannazzo, ritenuto il capo dell'omonima cosca di 'ndrangheta, attiva nel territorio di Lamezia e condannato con sentenza della corte d'Appello a 14 anni e 6 mesi di reclusione.

Il giornalista riesce a intervistare alcune persone in forma anonima, una delle quali si definisce un parente di Iannazzo e spiega a Lupo che non può avvicinarsi alla villa perché proprietà privata, altri passanti si rifiutano di rilasciare dichiarazioni, una sola persona si concede alle telecamere, sostenendo che "Iannazzo ancora non ha ricevuto una condanna definitiva - spiega l'uomo intervistato - ed è fuori per motivi di salute, in ogni caso per quanto ne sappia è una brava persona".

Terminato il servizio, in studio la parola passa a Luigi de Magistris, sindaco di Napoli e per molti anni magistrato in Calabria: "Trovo devastante che siano stati concessi i domiciliari a Iannazzo, appartenente a una delle famiglie di mafia più potenti della Calabria e con una capacità economica che attraversa l'Italia e l'Europa, la cui forza collusiva con la politica e la magistratura è stata certificata in sentenze. Il messaggio che dà lo Stato con la sua scarcerazione è quello che evidentemente la lotta alla 'ndrangheta non è una priorità, da qui anche l'omertà di molte persone intervistate".

 

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