Lamezia Terme – Inaugurata al Museo Marca di Catanzaro la mostra personale di Francesco Antonio Caporale, con una vasta partecipazione, dietro la cura del critico d’arte Teodolinda Coltellaro, visitabile fino al 10 gennaio 2017. La mostra, che prende il nome “Di solo pane”, presenta oltre 30 opere, un lavoro su cui Caporale, pittore e scultore lametino, si dedica da un anno e con intensa creatività e ricerca porta a termine presentando diversi nutrimenti: “il pane, la forma del pane, il sapore del pane, il colore del pane, il corpo del pane: un fertile rincorrersi e rigenerarsi di elementi percettivi per un alimento fondamentale che accompagna il destino dell’uomo” queste le parole del critico Teodolinda Coltellaro.
A presenziare in conferenza stampa, oltre all’artista e al critico d’arte, anche il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro e Rocco Guglielmo del Museo Marca. E per la collana ‘Quaderni del Marca’, la mostra di Caporale diventa anche un libro, pubblicato da Silvana Editoriale, con critica di Teodolinda Coltellaro e immagini delle opere. “Esprimo il mio orgoglio per l’artista lametino che espone in un museo di eccellenza – commenta il sindaco di Lamezia – la Calabria ha bisogno di ancorarsi alla cultura per poter decollare – e ancora – Lamezia e Catanzaro devono sinergicamente pensare a qualcosa di comune, lontane dalle logiche del passato”. Si tratta, dunque, di una progettualità condivisa che oltre al sentire personale dell’artista lega appunto due territori, quindi l’aspetto artistico come filtro sociale per la crescita di un paese. “Caporale lo seguo da tempo – spiega la Coltellaro – con la tematica del pane, elabora progettualmente quello a cui già da tempo ambiva, il pane che ha un vissuto territoriale, il pane nero che unisce i vissuti narrati dai nonni a una visione prettamente spirituale, direi quasi sacrale”. Nei primi anni ’80, nel solco concettuale della Transavanguardia, nascono le ‘fantasie neo – barocche’ dell’artista, opere che affondano radici nell’estensione immaginativa del suo sentire e che, dal gioco multiforme delle superfici, si aprono allo spazio, incorporandolo con motivi installativi e alchimie visive. “Fra le sue categorie espressive, frutto di una contaminazione e una continua ricerca – dice ancora il critico d’arte – c’è la pittura che diventa scultura, che si amplia e si appropria di elementi pittorici e poi acquista una narrazione costante”.
Francesco Antonio Caporale ha un suo spessore che va al di là di questa mostra e ha una propria storia. La sua mai sazia curiosità conoscitiva è la molla primaria del suo fare artistico che, evolvendosi, spazia tra un’ampia scelta di temi, affrontati sempre con grande duttilità e padronanza di strumenti tecnici. “L’idea nasce da un ascolto che avevo fatto in radio, dove si diceva della pasta nera, del pane nero, da lì la raccolta del grano bruciato, il pane della povera gente – spiega Caporale con poche e sapienti parole come a dimostrare che l’arte visiva è un processo meccanico della mente e dello spirito e non necessita di oralità. Perché tante rane raffigurate? Sono le immagini del vissuto dell’artista che affiorano, vividi e attuali, suggestioni di sopita bellezza: campi di grano in cui smarrire lo sguardo, melograni con cui dissetarsi, giochi di ragazzi che quietano la fame di giorni assolati, mentre le rane saltano sul pane nero e gli scoppi di risa si mischiano alle espressioni divertite e ironiche ‘Che fai? Mangi pane e rane!’. “Di solo pane – nella conclusione del critico Teodolinda Coltellaro – diventa un prezioso ossimoro poiché il sogno creativo dell’artista, nel suo dipanarsi, scopre, con stupito candore, il vero corpo del pane: quel suo corpo che nutre il proprio corpo e che trova posto nell’animo; quel pane di cui l’uomo sazio può vivere solo se riempie i granai dello spirito”.
V.D.
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