Cristina Montoya: "In tempi di crisi, nelle ‘relazioni’ si nasconde la ricchezza”

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Loppiano - L’aver incontrato Nelida Ancora durante la veglia in preparazione della proclamazione di due Santi, Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II, mi ha consentito di conoscere la realtà dell’UCID di Lamezia Terme, il cammino di partecipazione e di proposta intrapreso e l’interessante riflessione avviata sul tema “economia di pace”. Una occasione per confrontare due esperienze di impegno e di vita, che, seppure realizzate in due Continenti e Paesi diversi, Colombia e Italia, nondimeno rappresentano una metodologia simile, perchè entrambe ispirate alla stessa fonte umana e spirituale.

Una convinzione comune: tra le numerose forme di povertà che si possono trovare nel mondo la peggiore è certamente rappresentata dall'impossibilità di pensare ad un futuro migliore. Quando le circostanze esterne sono cosi dolorose o schiaccianti che sembra non si possano cambiare, la crisi  tocca il fondo ed è proprio lì che “la speranza cristiana” diventa forza e motore di trasformazione. Questa convinzione è all’origine di una esperienza condivisa con alcuni amici che ha dato vita ad un progetto di sviluppo  in Tocancipà,  nel mio paese Colombia. Il tutto è nato da un semplice colloquio tra amici, mossi dalla comune preoccupazione per il futuro dei giovani, diventato nel tempo un progetto di cittadinanza, di coesione sociale, che ha prodotto importanti trasformazioni nel contesto politico ed economico: partecipazione e protagonismo della popolazione civile, la comprensione dell'importanza di un pensare volto al futuro, di costruire una società  fondata su un nuovo modello relazionale.

Tocancipá, a 28 chilometri da Bogotá, Colombia, un paese che conta più di 29.000 abitanti, il 60% dei quali è al di sotto dei 21 anni. Un comune “giovane”, divenuto centro di sviluppo industriale, con un reddito pro capito tra i più alti nel Paese. Fino agli anni 70’ Tocancipá (nome indigeno che vuol dire ‘Valle delle gioie del capo’) era un silente e freddo paese di artigiani e contadini. Ma la sua ubicazione strategica, l’abbondanza delle acque sotterranee  e la mano d’opera, lo hanno fatto diventare una meta per la agroindustria e floricoltura. In pochi anni il paesaggio si copre di serre e la vita della popolazione si trasforma radicalmente per la forte migrazione di mano d’opera da ogni parte del paese e soprattutto per il nuovo ruolo della donna, entrata nel mondo del lavoro. Negli anni Tocancipà diventa un polo di sviluppo industriale. Però il veloce sviluppo industriale non consente di poter soddisfare i crescenti bisogni sociali: nuove abitazioni, servizi sanitari, scuole. Cresce la violenza all'interno delle famiglie e  paradossalmente la fame. Il tutto in un Paese, la Colombia, segnato dal conflitto armato e narcotraffico. Il futuro dei giovani (che costituiscono il 40% della popolazione) diventa oscuro, terreno fertile in cui si radica la più tremenda forma di povertà: l’incapacità di pensare di poter vivere una vita migliore..

Di fronte a questa realtà con alcuni amici del Centro Mariapoli prendemmo l’iniziativa di invitare un eterogeneo gruppo di persone: educatori, giovani, politici, commercianti, casalinghe e studenti per riflettere insieme sul futuro dei giovani e dei bambini di Tocancipá al fin di “poter progettare un futuro diverso”. La sensibilità di questo gruppo ed il loro amore hanno “plasmato” una iniziativa affascinante ed impensata: la elaborazione di un progetto di prospettiva per l’intero paese. Immaginare insieme un futuro possibile e lavorare per farlo diventare realtà, un progetto, a lungo termine, dal 2005 al 2025. La grande novità di questa proposta è rappresentata dall’aver avviato un “dialogo” – così come lo propone Chiara Lubich, un cammino per lo sviluppo dei popoli – creando una realtà terza” in grado far incontrare e far dialogare tra loro: istituzioni, cittadini e rappresentanti del modo industriale,  in funzione del “bene comune”. Un lungo percorso durato sei anni, tra il 2005 ed il 2011,  un percorso con diverse fasi che hanno evidenziato l’incontro e lo scontro tra la visione del mondo nella prospettiva della fraternità, che vede la politica come una altissima forma di amore,   e l’altra, tradizionale, in cui la politica è vissuta come una lotta per il potere.

Tre le fasi più significative del progetto: la prima, far nascere uno spazio di incontro, dove tanti cittadini comuni si ritrovano per pensare ed immaginare, in modo responsabile, il futuro del proprio paese, così prende vita ‘Vision Tocancipá”.

La seconda fase allarga questo ‘noi’ ad un numero crescente di cittadini  con la realizzazione di workshop, Vision Tocancipà acquisisce visibilità.

La terza fase: ” Vision Tocancipà” prepara e realizza il Foro Educativo Municipale con il nome “Educare è insegnare a sognare in grande” nel quale partecipano 400 docenti del paese, studenti e genitori.

Visión Tocancipà, un punto d’incontro “terzo”, tra Istituzioni, Società Civile e rappresentanti del mondo economico, un luogo per “dialogare”, per cercare soluzioni insieme, consapevoli che dalla “relazione” può emergere un futuro nuovo. Vision Tocancipà si rivela un ottimo strumento per la diagnosi del contesto sociale. Il lavoro si conclude con la consegna di un documento di sintesi dei lavori ed una serie di proposte concrete presentate ai candidati politici, i futuri governanti del paese. Arriva la crisi: Vision Tocancipá trova nell'opinione pubblica riconoscimento e consenso, la classe politica tradizionale vede  il gruppo come una minaccia,  teme che si stia formando un nuovo   partito politico . Iniziano gli attacchi ma il gruppo resiste. Molte delle idee proposte contenute  nella Visión Tocancipá sono introdotte nei programmi di governo della città. Visión Tocancipà  ha con successo dimostrato che è possibile cambiare le cose, e che non dobbiamo rassegnarci di fronte al corso della storia. Una piccola prova che l'amore per il “bene comune”, che spinge ad uscire da se stessi, a superare le proprie paure  pensando al bene di tutti, a ravvivare i propri sogni mettendoli insieme con quelli altrui, ad amare la propria città, ad interessarsi del suo futuro, superando la categoria di nemico, riscoprendo la diversità come un dono, sono fonte di profonda innovazione sociale, testimonianza della forza che può avere la speranza cristiana, anche in un contesto sociale in situazione difficile. Tutto questo mi sembra molto “prossimo” al cammino di “economia di pace” intrapreso dall’UCID a Lamezia Terme, una riprova del valore universale dell’amore, della fraternità. Buon lavoro!

Cristina Montoya Esperta di comunicazione sociale e politica (Istituto Universitario SOPHIA - Loppiano - FI)

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