Lamezia Terme - Una giornalista della testata "Corriere della Calabria", Alessia Truzzolillo, collaboratrice dell'Ansa, è stata fermata in maniera brusca e strattonata da un carabiniere in borghese, capo scorta del pm d'udienza dopo che si era avvicinata al banco dell'accusa per fotografare il magistrato impegnato nel processo Rinascita Scott contro le cosche di 'ndrangheta del vibonese. Foto che, dopo essere state vietate nella prima fase del dibattimento, ora sono autorizzate. La giornalista, davanti a numerosi avvocati, alcuni dei quali sono anche intervenuti per capire cosa stava succedendo, è stata chiamata dal capo scorta e quando si è avvicinato le ha detto, "ora tu cancelli quelle riprese".
"Poi, minacciando di farmi uscire dall'aula mi ha spinta - ha detto la giornalista - verso un corridoio. Un gesto a metà tra la spinta e l'afferrarmi da sotto l'ascella. Mi divincolo e chiedo di non essere toccata". Il carabiniere ha quindi preso il telefono della cronista sfogliando l'album personale per accertarsi che non vi fossero altre foto. La cronista è stata bloccata nel corridoio per una trentina di minuti. Dopo avere visto la scena, l'avvocato Giovanni Marafioti insieme ad altri, hanno minacciato di fare sospendere l'udienza. Alla cronista, ha riferito lei stessa, è giunta la solidarietà del dirigente del Commissariato della Polizia di Lamezia Terme, dei carabinieri presenti e del comandante del reparto in cui presta servizio il capo scorta. Anche il pm Antonio De Bernardo, saputo quanto era accaduto, si è recato nel settore riservato ai giornalisti dicendosi dispiaciuto per l'accaduto. Alcuni avvocati hanno chiesto al Tribunale di prendere provvedimenti. I giudici, dal canto loro hanno ribadito che le foto sono ammesse.
Odg Calabria: "Si faccia piena luce su episodio"
“Un episodio su cui è necessario che si faccia piena luce anche per evitare che il comportamento di un singolo offuschi l’immagine dell’Arma dei carabinieri e dei tanti rappresentanti delle forze dell’ordine che quotidianamente sono in trincea per combattere la criminalità comune e mafiosa”. È quanto sostiene il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri, in riferimento a quanto avvenuto stamattina nell’aula bunker del processo Rinascita-Scott a Lamezia Terme.
La solidarietà da testimone di giustizia Mangiardi
"Ritengo alquanto grave l'episodio accaduto ieri nell'aula bunker di Lamezia Terme, dove si sta svolgendo il maxi processo 'Rinascita Scott'. Mi riferisco al fermo e al modo brusco con il quale è stata trattata la brava e giovane giornalista del Corriere della Calabria, corrispondente Ansa, che stava soltanto svolgendo il proprio lavoro e cercava di fare quel poco che ai giornalisti, purtroppo, è concesso in quell'aula, cioè fotografare". Ad affermarlo, in una nota, il testimone di giustizia Rocco Mangiardi che aggiunge che "la giornalista Alessia Truzzolillo non soltanto è una tra le giornaliste più serie e in prima linea che abbiamo in Calabria ma, è anche una tra le più accreditate. Ritengo ingiustificabile il comportamento del capo scorta in borghese che, vedendola avvicinare al Pm, l'ha bruscamente strattonata, prendendole il telefonino e intimandola di uscire fuori dall'aula. Sono le mafie che dobbiamo contrastare, non i giornalisti". "Ritengo, quindi - sostiene ancora Mangiardi - che le scuse per questo triste episodio siano urgenti e necessarie e aggiungo il mio grazie a tutti i giornalisti che, come Alessia Truzzolillo, mettendo a rischio anche loro della propria vita, con i pochi mezzi che hanno, divieto di pubblicazioni video e divieto di registrazioni audio, si prodigano nel darci le tante informazioni su questo importantissimo processo e su tanto altro".
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