Lamezia, parla il responsabile del Museo archeologico: “Qui veri tesori, ora al lavoro per evitare altre chiusure”

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Lamezia Terme – “Il racconto del territorio attraverso gli oggetti”. Ѐ questa la vera forza del Museo archeologico lametino, secondo Gregorio Aversa, responsabile della struttura che si trova nel Chiostro di San Domenico. “Perciò è importante – sottolinea - riallacciare il rapporto tra Museo e i siti dai quali provengono questi materiali. Ma prima di tutto, bisogna riannodare le fila con la parte amministrativo-burocratica. E noi abbiamo già preso contatti con la nuova amministrazione”. Già, perché il Museo è “in una fase di stand-by; una conseguenza anche del rapporto che abbiamo avuto finora soltanto con i commissari, che hanno curato l'ordinario. E adesso siamo in fase di ripresa”. Aversa affronta a 360 gradi le problematiche relative a una realtà che è sì suggestiva, ma che richiede molto impegno a livello di gestione, soprattutto alla luce delle risorse economiche che scarseggiano e all’impianto normativo che la regola.

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Qual è lo stato di salute del Museo?

“Questo Museo ha grandi potenzialità per la sua collocazione al centro della Calabria. Ha degli spazi di notevole dimensione. Ma il numero dei visitatori non è alto in questo momento: circa 20mila all'anno in media. Ma un calcolo più preciso si potrà fare quando la macchina si rimetterà in moto. La media dei visitatori è dettata dalla valorizzazione che si fa”. 

Vale a dire?

“La Riforma “Franceschini” ha comportato la separazione tra Soprintendenza e Polo museale; quindi questo Museo è entrato nelle competenze del Polo museale, che ha proprio il compito di valorizzarlo. Essendo però in un primo tempo un Museo comunale, bisogna definire i rapporti tra il Comune e il ministero. Quindi, da questo è derivato il problema della gestione dell'organizzazione e dei rapporti rispetto al Comune e rispetto anche all'Associazione che aveva collaborato con il Comune a suo tempo”. 

Cosa è successo, quindi, in occasione dell’iniziativa “Domenica al museo”?

“Attualmente, il Museo lametino osserva un orario che non prevede l'apertura domenicale, perché il personale garantisce l'apertura soltanto infrasettimanale. Ho fatto presente la questione al ministero. C’è carenza di personale, che è appena sufficiente a tenere aperto nei giorni infrasettimanali, parliamo di un amministrativo e tre custodi, poi c'è il supporto di otto tirocinanti della Regione. Ma il problema è in corso di soluzione”.

Quali sono i pezzi più pregiati del Museo?

“Sono davvero tanti nelle tre sezioni: preistorica, classica e medievale. Per esempio, c’è l’Hydrìa di Cerzeto, che stiamo mettendo in evidenza perché è un vaso di pregevole fattura e poi implica una serie di problematiche scientifiche, cioè se prodotto localmente oppure se è d’importazione, come più probabile. Poi, queste scene figurate che forse richiamano la Ninfa Terina. Poi, i due sarcofagi, che provengono da località vicino all'area delle Terme. Uno è in pietra lavica;  l'altro in terracotta. Sono singolari per il tipo di sepoltura e poi per l'imponenza: sono dei veri e propri monumenti. Quello in pietra lavica è realizzato con una pietra che proviene dalle Isole Eolie, a dimostrazione del contatto esistente contatto con quest’altra area del Mediterraneo. E deve essere sicuramente un luogo particolare quello, perché sono state trovate poche sepolture, ma tutte quante con caratteristiche specifiche, che ci fanno pensare che si tratti di un luogo importante dell'antica città di Terina”.

E gli altri?

Tra i pezzi più significativi, c’è un piccolo chiodo con un'iscrizione nella parte inferiore: “Aion”. Che è la divinità dell'eternità. Questo reperto sicuramente proviene da una tomba e vuole proprio simboleggiare il fatto che la chiusura dopo la morte del sarcofago avviene appunto per sempre. Il tutto a dimostrazione di come quest’area del Lametino fosse integrata nei fenomeni culturali dell'antica Grecia, come area dipendente da Kroton. Inoltre, ci sono le lame litiche provenienti da Curinga, che attestano come, nella Preistoria, nell’intera Piana lametina ci fossero numerosi insediamenti sparsi sul territorio”.

Molto apprezzate sono anche le monete.

“Vero. Terina era molto importante per la sua coniazione monetaria. Le sue monete d'argento sono bellissime. Già nell'Ottocento considerate dei capolavori. E questo diventa un valore aggiunto per questo Museo. Che bisogna far crescere, non tanto per l'importanza dei reperti che già ci sono, ma per raccordare il Museo ai siti del territorio e nello stesso tempo farlo vivere con iniziative. In questo senso, a suo tempo, l'Associazione archeologica lametina è stata importante”.

L’abbandono in cui versano gli scavi di Terina e la vicina Abbazia Benedettina è sotto gli occhi di tutti. Di chi è la responsabilità?

“Questa situazione è sicuramente dovuta alla crisi economica e alle difficoltà delle istituzioni, ma anche alla Riforma stessa, perché, come dicevo, prima tutto veniva coordinato dalla Soprintendenza, mentre adesso le competenze sono state separate. Quindi, c’è una difficoltà nella gestione. Tuttavia, penso che non ci sia una responsabilità diretta, una cattiva volontà; al contrario, c’è la necessità di riprendere il filo del discorso, riorganizzando proprio un Piano di valorizzazione generale dei beni culturali”. 

La soluzione?

Raccordare il Museo con gli scavi di Terina e l’Abbazia Benedettina per creare un percorso, in uno spirito di collaborazione reciproca, perché le singole forze non sono in grado di affrontare i problemi. I beni culturali sono importanti per la propria identità, oltre che un potenziale volano del turismo, però hanno un costo economico notevole, anche in termini di personale”.

Giuseppe Maviglia

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