Lamezia, scenari di guerra e umanità nel libro “Il silenzio del mare” della scrittrice siriana Asmae Dachan presentato in città

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Lamezia Terme - Un libro profondo e denso di realtà, “Il silenzio del mare” di Asmae Dachan, giornalista scrittrice e docente universitaria di origini siriane, nata e vissuta in Italia, ad Ancona, ma legatissima al suo paese d’origine, dove è ritornata più volte a documentare la guerra come reporter free-lance. “Visitando quei luoghi e intervistando la gente, mi sono resa conto alla fine di avere un cassetto pieno di storie non raccontate, che per motivi di spazio e di tempo non potevano entrare negli articoli, ma che volevo condividere con gli altri”, spiega. Quelle storie alla fine confluiscono nel suo secondo libro, ambientato fra l’Italia e la Siria, fra le due sponde del Mediterraneo, con un protagonista fuggito dalla guerra e arrivato su un barcone che perde la sorella durante la traversata e intesse relazioni con chi gli viene in aiuto, senza mai dimenticare ciò che si è lasciato alle spalle. Asmae Dachan ne ha discusso con il docente del “Campanella-Fiorentino” Giuseppe Villella, in un incontro voluto dal Movimento Umanità e Ricerca, nato in seguito alla tragedia di Cutro, per creare un ponte di dialogo, conoscenza e riflessione attorno al fenomeno migratorio. Un progetto che ha coinvolto sul nostro territorio diverse realtà, fra cui Comunità Progetto Sud, Arci, Pax Christi, Fondazione Trame, Agesci Zona Reventino, Azione Cattolica, come spiegato dalla giovane rappresentante del Movimento Giulia Scardamaglia in fase introduttiva, prima delle letture condotte da due membri di Progetto Sud, Chiara Sacco e Fatima E.S.

Tangibile la commozione di Asmae Dachan nell’ascoltare brani del proprio lavoro in quello che lei ha definito “un contesto d’accoglienza”, sullo sfondo del reportage fotografico da lei realizzato durante il suo ultimo viaggio in Siria. Un viaggio che racconta ciò che rimane dopo i bombardamenti di una guerra nata da una ribellione al regime repressivo di Assad, che si è poi evoluta in un conflitto più complesso, una guerra civile che ha coinvolto paesi diversi, che ha visto la nascita dell’Isis, e che, se pure oggi le bombe non cadono più, non ha ancora lasciato spazio al sorgere di una democrazia pluralista. “Il mio protagonista” spiega Dachan, “vive il senso di colpa che è di tutti i sopravvissuti. Un senso di colpa che in realtà vivo anch’io quando torno in Italia dalla Siria, e lascio nei campi profughi le madri che ho intervistato. E se fossi nata in Siria anch’io? Se fossero nati lì anche i miei figli? Se fossero stati reclutati con la forza come è accaduto a tanti?”. A lenire questo senso di colpa solo la coscienza di “poter dare una voce a chi non ha voce attraverso il mio lavoro, di non lasciare che queste storie cadano nell’oblio”. Esplicito il ringraziamento all’Italia nel suo sforzo d’accoglienza, superiore, secondo Dachan, a quello di altri paesi europei e del quale è necessario andare fieri, promuovendo il dialogo, soprattutto fra le nuove generazioni, senza mai voltare le spalle a chi è “diverso ma uguale a noi”.

Giulia De Sensi

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