"Storia segreta della ‘ndrangheta. Una lunga e oscura vicenda di sangue e potere", nel nuovo libro di Gratteri e Nicaso

gratteri-24-11-18-cz-libro.jpg

Catanzaro - "Il migliore libro di Nicaso e Gratteri", apre così la serata, di fronte alla platea piena del teatro comunale di Catanzaro, per la presentazione del libro "Storia segreta della 'ndrangheta" il giornalista Paolo Pollichieni. Una lunga e oscura vicenda di sangue e potere, di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso. Come per ogni libro scritto dai due, anche qui si ripercorre la storia, dal 1860 ai giorni nostri, passando dalla ricerca, dai documenti, da ciò che ci circonda. Si è parlato di ‘ndrangheta, ponendosi l'interrogativo di molti circa una possibile evoluzione fra vecchia e nuova ‘ndrangheta, e di luoghi comuni da smontare. Si è inoltre toccata la massoneria, sempre più deviata e lobbysta. Un invito ai giovani alla riflessione e alla capacità di discernere, con criticità, su quelle narrazioni positive che non esistono inculcate da intellettuali, infine la politica, uno sguardo sull'attuale Governo. 

"Pochi aggettivi per raccontare la materia - dice Pollichieni - ci sono cose nel libro che neanche immaginiamo. Ogni libro dei due detta una serie di provocazioni, soprattutto fra gli intellettuali. Molti luoghi comuni vengono spazzati via. Leggendo questo libro finisce la storiella di una mafia antica e una moderna. Una che stava con gli umili e con i poveri e adesso sta col potere. Già prima dell'unità d'Italia la mafia gestiva il potere. Qui c'è anche la prova che sin da allora, c'era una lotta dentro la magistratura, fra chi cercava di sconfiggere la mafia, e chi no". 

"Volevamo sfatare alcuni miti. Oggi si dice spesso che la ‘ndrangheta è legata al potere economico, politico con l'idea di una vecchia ‘ndrangheta capace di portare avanti codici dell'onore e del rispetto. La ‘ndrangheta è stata assoldata da quelle famiglie che si contendevano il consenso. Sono famiglie che hanno fatto la storia nella nostra regione, a livello elettorale - spiega lo studioso Antonio Nicaso - c'è sempre stata una legittimazione sul territorio sottovalutando la forza criminale, superando indenni tutte le stagioni, prima e seconda Repubblica". Poi una parentesi particolare sul bandito Musolino, condannato ingiustamente a 21 anni, nipote di Gaetano Filasto' legato alla picciotteria di Santo Stefano d'Aspromonte. "Quest'uomo viene strumentalizzato. Le forze dell'ordine dissero: ‘guardate che Musolino non è un brigante’". 

gratteri-nicaso-241118.jpg

I due, professore e magistrato, hanno sempre scritto insieme, e da sempre nel campo dell'editoria hanno incontrato non poche difficoltà, specie all'inizio. "Abbiamo iniziato con Fratelli di Sangue, che nessuno voleva pubblicare - afferma Nicola Gratteri - Porte in facce ne abbiamo ricevute tante. Alla fine Nicaso mi parlò di Walter Pellegrini. Con lui si pubblicarono subito 60mila copie. Oggi tutto questi numeri neanche la Mondadori". Secondo Gratteri, Pollichieni ha toccato un tema importante che riguarda la formazione dei giovani, dei futuri cittadini calabresi. Non precisa nomi e cognomi, il Procuratore, ma lascia intendere una dura critica che non agevola restando sul terreno della verità il racconto del presente della nostra terra. "Si sono organizzati al punto che hanno avuto la preoccupazione di fare riunioni di tutta l'intelligenza per riscrivere una nuova narrazione della Calabria positiva. Ma quali storie andiamo a raccontare ai

giovani?". 

“Non bisogna appartenere a nessuno. Solo a sé stessi e alla propria coerenza"

"Se la massoneria diventa solo centro di potere e lobby questa va contestata e criticata - aggiunge Nicaso - ai giovani bisogna dire che solo il sacrificio ci rende liberi, non i condizionamenti. Essendo figlio di un calabrese e una siciliana la cosa che più mi dava fastidio da piccolo era "a cui apparteni"? Io cosa dovevo rispondere? Ai giovani dico: Non bisogna appartenere a nessuno. Solo a se stessi e alla propria coerenza". 

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, amato e odiato. Uomo di pancia, da molti definito così, non le manda a dire, è diretto, serio, e da anni sotto scorta continua nel suo delicato e complesso lavoro di lotta alla mafia. "Dal giorno in cui mi sono insediato ho trovato 300 richieste di evocazione - dice Gratteri, in riferimento alla situazione di passività trovata all'inizio - Oggi in Procura non esiste più tutto questo. Inoltre, ho aperto uno sportello. Ricevo gente che fa la fila per parlare e denunciare. E se qualcuno ancora non è pronto a sottoscrivere una denuncia creo un circuito per farla parlare". Un fenomeno in crescita, quello dell'apertura della gente comune che decide di denunciare, perché ha intuito la fiducia, perché da Gratteri vuole essere ascoltata. "Vengono persone a denunciare da altre parti d'Italia, ma io non posso. "No giudice si fati vua parru sennò nun parru". Questo deriva dalla credibilità. Ai giovani colleghi dico: Siate corretti, ricordatevi che siete sbirri 24 ore al giorno. Il calabrese non sa con chi parlare. Deve fidarsi, altrimenti nega anche di esistere". 

Il discorso si è spostato, infine, sulla disattenzione da parte della politica a sconfiggere la mafia. Certo in buona parte collusa, ma "perché non c’è mai stata volontà politica a combattere la mafia? - si chiede Nicaso - Spesso si dice che crea lavoro. È sbagliato, la mafia non sta alle regole del mercato. Non aggiunge valore sul territorio, ma lo toglie. Dobbiamo fare una riflessione seria e onesta. Perché le mafie le abbiamo combattute solo dopo i fatti eclatanti? Perché non ci siamo mai seduti a tavola per scrivere una legislazione concreta?”. 

Quanto alla provocazione giunta da Pollichieni sulla possibilità di Gratteri a candidarsi alle prossime elezioni politiche e, infine, circa le ultime vicende di Governo sulla 'prescrizione' Gratteri ha le idee molto chiare: "Sono il felice procuratore di Catanzaro. Con riferimento alla prescrizione dico che siamo nel 2018. Io immagino una società, nella mia utopia, che non ha bisogno di pensare a prescrizione, indulto, sanatorie, questi sono termini che dovrebbero sparire dai codici. Sono delle toppe. Siamo molto lontani ancora dal pensare di poter partecipare in una democrazia, in uno Stato civile ed evoluto. Una politica che discute ancora oggi di questi espedienti vuol dire che siamo l'Africa del Nord. Vuol dire che non è cambiato nulla. È un cliché che si ripete. Un legislatore serio deve porsi questo problema. Perché un fascicolo sta 5 anni fermo in uno scaffale?".

Valeria D’Agostino

gratteri-24-11-18-cz.jpg

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA