Cosenza - E’ stato arrestato dai carabinieri il pregiudicato cosentino, Domenico Mignolo, 28 anni, contiguo alla cosca di 'ndrangheta 'Rango-Zingari', accusato di aver ucciso, per sbaglio il 29 marzo scorso, il 26enne Antonio Taranto. Avrebbe ucciso perchè il clan non gli pagava lo stipendio. Secondo gli investigatori, l'uomo avrebbe fatto fuoco dal balcone della sua abitazione colpendo nel mucchio la persona sbagliata. Le indagini, condotte dal reparto operativo dei carabinieri di Cosenza, e coordinate dalla procura della Repubblica di Cosenza (Antonio Bruno Tridico e Donatella Donato, con la direzione del procuratore della Repubblica, Dario Granieri, e del procuratore aggiunto, Marisa Manzini), hanno portato alla luce il reale movente del gesto. Secondo gli inquirenti il 28enne era particolarmente adirato per non aver ricevuto 'lo stipendio' dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto.
Intercettazioni, dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, attività compiuta dalla polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti e consulenza balistica: sono queste le fonti di prova che hanno portato alla richiesta di custodia cautelare, eseguita stamane dai carabinieri, nei confronti di Domenico Mignolo accusato di avere ucciso, lo scorso 29 marzo, Antonio Taranto, di 26 anni. I particolari dell'indagine che, a distanza di oltre otto mesi dall'omicidio, ha portato all'arresto di Mignolo sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa nella sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza. "Sappiamo - ha detto il procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini - che tutto origina da una lite avvenuta in discoteca, lite degenerata sino all'omicidio avvenuto in altro luogo. In questa fase possiamo formulare solo ipotesi, ma sicuramente Domenico Mignolo aveva avuto dei dissapori con Taranto e con un'altra persona presente ai fatti. Di certo c'era la volontà di uccidere quel soggetto o quei soggetti con cui era entrato in contrasto. Siamo in fase di indagine e tutto l'aspetto del movente dovrà essere sviluppato". La lite tra il gruppo di Mignolo e quello di Taranto, secondo la ricostruzione degli inquirenti, iniziata in un locale, sarebbe continuata in via Popilia dove poi è degenerata. Mignolo sarebbe rientrato nella propria abitazione e affacciatosi dal balcone avrebbe sparato nel gruppo, colpendo Taranto. L'arma del delitto, probabilmente un revolver calibro 38, non è stato ritrovata.
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