Operazione "Coccodrillo", Gratteri: "Imprenditori mimetizzati in Pa e cosche". Almeno 25 gli appalti pubblici sospetti

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Catanzaro - Il mondo dell'economia mescolato a quello della criminalità organizzata. È questo lo spaccato emerso dall'operazione "Coccodrillo", realizzata dalla Guardia di finanza sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro e dei magistrati Nicola Gratteri e Vincenzo Capomolla. L'inchiesta ha portato all'esecuzione di 10 ordinanze cautelari e il sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 50 milioni di euro nei confronti di imprenditori catanzaresi e dei loro prestanome, individuati tra familiari e dipendenti dell'impresa di costruzione Lobello.

"Questa indagine - ha spiegato il procuratore capo Gratteri - riguarda il mondo dell'economia e delle professioni. Un'indagine difficile perché entra nell'imprenditoria e nella pubblica amministrazione. Ha riguardato la famiglia Lobello, che negli anni ha cercato di correre più veloce degli accertamenti delle forze dell'ordine. La loro società è stata colpita da una interdittiva ma mutavano assetti sociali per partecipare ad appalti pubblici, alimentando legami con famiglie mafiose del Reggino e del Crotonese. Riuscivano a mimetizzarsi, usando un vocabolario diverso a seconda dell'interlocutore".

"Imprenditori collusi con la criminalità"

"È uno spaccato chiarissimo di un gruppo imprenditoriale che ha scelto la collusione con la criminalità organizzata - ha affermato il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla - . La loro attività è stata posta in essere grazie al sostegno e alla protezione dei gruppi criminali di Catanzaro e di Reggio Calabria. I rapporti del fondatore e l'attivismo del figlio Giuseppe dimostrano un legame con i vertici di alcune cosche. Vi è una relazione reciproca di sostegno con il gruppo di Mazzagatti di Gioia Tauto e con gli Arena di Isola Capo Rizzuto, ciò garantiva la sicurezza dei cantieri. La collaborazione su opere specifiche come la Statale 106 nel Catanzarese, con la fornitura di calcestruzzo. E poi tutte le iniziative in ambito edilizio in provincia di Catanzaro e Crotone di carattere pubblico e privato".

Dario Solumbrino, comandante provinciale Gdf ha aggiunto: "Stiamo operando in maniera capillare contro i reati nel mondo finanziario. Due sono gli elementi dell'indagine: le infiltrazioni nell'economia pulita e gli illeciti arricchimenti. L'ordinanza comprende sequestro di beni e aziende pari a 50 milioni di euro. Oltre alle misure cautelari per una serie di soggetti".

Secondo Carmelo Virno, comandante del nucleo di polizia economica: "È un classico esempio di imprenditore colluso, con piena condivisione degli obiettivi. È un gruppo imprenditoriale importante, con otto società e una serie di aziende parallele intestate a prestanome. Cinque società sono state sequestrate perché attraverso queste operavano nel mondo degli appalti pubblici. Con le aziende principali non potevano agire perché colpite da interdittive. Abbiamo sequestrato ruspe, gru, macchine, appartamenti". E ancora: "Giuseppe Lobello doveva riscuotere le estorsioni della cosca Arena, evitando così che esponenti della cosca si esponessero sul territorio. Gli appalti pubblici sono tanti, almeno 25. L'organizzazione era ben collaudata: c'erano i tre Lobello e poi i parenti, come i cognati, la moglie di uno dei soggetti era a capo di un'azienda, più una serie di professionisti come Vincenzo Pasquino, ai domiciliari, che gestiva i conti correnti del gruppo. Alcuni ragionieri e commercialisti si occupavano di fatture e assegni".

Giulia Veltri

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