Lamezia Terme - La ricostruzione delle dinamiche criminali nella cinta dei paesi montani dell'area lametina, i rapporti fra le principali cosche e, soprattutto, i ruoli e le vicende che hanno segnato l'omicidio eccellente dell'avvocato Francesco Pagliuso. Nelle centinaia di pagine in cui sono racchiuse le motivazioni della sentenza del processo di secondo grado scaturito dall'inchiesta “Reventinum” - ed emessa lo scorso 5 giugno - i giudici della corte d'Appello di Catanzaro ripercorrono le tappe salienti del processo e introducono nuovi elementi di valutazione sul perché e su ordine di chi sia stato ucciso l'avvocato Pagliuso.
Il possibile ruolo della cosca Iannazzo
Tra gli aspetti più significati racchiusi nelle motivazioni della sentenza vi sono i passaggi che i giudici dedicano ai possibili mandanti dell'omicidio Pagliuso, per il quale come esecutore materiale è già stato condannato Marco Gallo in altro processo, mentre nella sentenza di secondo grado Luciano Scalise è stato condannato all'ergastolo come mandante, mentre il padre Pino Scalise è stato assolto dall'accusa di essere tra i mandanti (ma condannato a 23 anni e 10 mesi di reclusione per il reato di associazione mafiosa e altri reati). Secondo i giudici di secondo grado, infatti, "vi sono alcuni elementi - affermano i magistrati - trascurati dal primo giudice, dai quali è possibile anche desumere una versione alternativa, ossia, che l'avallo e il placet a Luciano Scalise, sia stato dato direttamente dalla famiglia Iannazzo, sotto la cui protezione si trovavano sia Vescio Giovanni che lannazzo Francesco, i due uccisi da Mezzatesta Domenico". Per poi aggiungere: "Un tale omicidio eclatante non poteva scaturire da una decisione isolata della famiglia Scalise, ma necessitava di un placet, di un assenso". Nessun dubbio da parte dei giudici, invece, sul movente "l'inquadramento di tale delitto - affermano - è nell'ambito della faida tra gli Scalise ed i Mezzatesta".
La simbologia dei santi
I giudici, anche per inquadrare i diversi delitti elencati nei capi d'imputazione in un contesto mafioso, si soffermano su alcuni presunti rituali criminali. "Non può trascurarsi di considerare la peculiare simbologia che ha connotato le date di alcuni omicidi, in ossequio ad una antica tradizione 'ndranghetista, di perpetrare gli omicidi per vendetta, nei giorni in cui ricorre la celebrazione dei santi, i cui nomi risultano essere i medesimi delle vittime da 'vendicare': il 21 dicembre 2014 data dell’omicidio di colui che è ritenuto essere uno dei partecipi dell’omicidio di Scalise Daniele, nonché formalmente indagato per tale reato, si celebra il beato Daniele; il 9 agosto 2016 data dell'omicidio di Pagliuso si celebrano il Beato Giovanni Guarna da Salerno e il Beato Francesco Jagerstatter, in riferimento agli uccisi Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo".
G.V.
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