Operazione "Keleos", sette arresti per l’assalto al caveau Sicurtransport di Catanzaro - VIDEO

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Catanzaro - La Polizia di Stato ha arrestato i componenti di un gruppo criminale considerati i responsabili della rapina milionaria, avvenuta nel dicembre 2016, al caveau dell’istituto di vigilanza “Sicurtransport” di Catanzaro.

La rapina,  con metodi paramilitari, secondo gli inquirenti è stata messa in atto dal gruppo di malviventi armati di mitra e forniti di sofisticate apparecchiature elettroniche, e fruttò un bottino superiore ad 8 milioni di euro.

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L’evento suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono con un potente mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono tutte le strade di accesso alla zona incendiando 11 autovetture poste a sbarramento. Ai presunti responsabili è stata contestata l’aggravante della metodologia mafiosa in quanto una parte dei proventi sarebbe stata corrisposta alle famiglie di ‘ndrangheta che hanno influenza sulla zona.

"Specialisti" pugliesi nel commando

Le indagini, che hanno portato all’arresto degli autori dell’assalto al caveau di località Germaneto di Catanzaro, sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro e condotte dai poliziotti delle Squadre Mobili di Foggia e Catanzaro e coordinato dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato ed hanno portato ad accertare quello che è stato ritenuto uno stretto collegamento tra alcuni soggetti pugliesi della zona del cerignolano ‘specializzati nel settore’ e basisti locali che avrebbero reso possibile l’evento delittuoso.

Importanti sono state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, che ha fornito agli investigatori riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario da costui svolto nella vicenda. 

Le dichiarazioni della collaboratrice hanno corroborato il quadro probatorio nei confronti di una serie di soggetti già emersi nel corso delle indagini, specificandone i ruoli rivestiti rispetto alla partecipazione alla rapina ed hanno costituito riscontri ritenuti utili all’emissione dell’odierno provvedimento di fermo in particolare per quanto riguarda la logistica e le fasi della fuga del commando dal luogo e da Catanzaro, tutte fasi nella quali la donna è stata direttamente coinvolta.

NOMI

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Cesare Ammirato, 70 anni di Catanzaro

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Massimiliano Tassone, 50 anni di Pavia

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Giovanni Passalacqua, 53 anni di Catanzaro

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Leonardo Passalacqua, 45 anni di Catanzaro

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Nilo Urso, di 42 anni di Rossano

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Dante Mannolo, 39 anni di Cutro

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Mario Mancino, 42 anni di Cerignola

 

Un dipendente della società fece da basista

In particolare la rapina fu consumata secondo un pianificato studio delle zone dove si trova il caveau e sarebbe avvenuta con la complicità di un dipendente dell’Istituto di Vigilanza, responsabile della sicurezza del caveau, che avrebbe fornito le informazioni preventive circa l’esatto posto dove operare la “spaccata” così da realizzare il “colpo” nei tempi previsti. 

I calabresi coinvolti nella rapina si sarebbero occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato utilizzati per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore che, come hanno ricostruito gli inquirenti, sarebbe composto da pugliesi.

Mezzi incendiati e chiodi sulle strade per ostacolare intervento Polizia

La sera della rapina, circa 20 persone, armate pesantemente, hanno bloccato le vie d’accesso alla zona industriale di Catanzaro dove è situato il caveau utilizzando come sbarramento autovetture e mezzi pesanti, tutti provento di furto, che hanno incendiato per ostacolare un tempestivo intervento delle forze di Polizia, cospargendo anche le strade di chiodi.

Il “commando” ha utilizzato inoltre sofisticate apparecchiature tipo “jammer” per inibire le conversazioni telefoniche e si è impossessato del denaro, dopo essere riuscito a penetrare all’interno del caveau utilizzando un grosso escavatore munito di punta demolitrice per effettuare la “spaccata”.

L'indagine, avviata nell’immediatezza con intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché con l’analisi di tabulati telefonici e delle relative celle, ha consentito di acquisire elementi tali da far desumere che all’interno del gruppo criminale autore della rapina, vi fosse la presenza di soggetti provenienti dalla Puglia, e più precisamente appartenenti ad un sodalizio organizzato cerignolano, che sarebbe dedito alla commissione di reati analoghi.

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Infatti, già nel mese di agosto del 2016, era arrivata una segnalazione anonima che ipotizzava un possibile assalto presso un caveau di un istituto di vigilanza in Calabria, con l’utilizzo di un escavatore, da parte di alcuni soggetti di Cerignola.

Proprio in relazione a questo, la Squadra Mobile di Foggia segnalava la presenza di soggetti di sicuro interesse investigativo, provenienti da quel centro sul territorio calabrese ed in particolare nella zona compresa tra Cosenza e Lamezia Terme, precisando che si trattava di personaggi sospettati di essere gli autori di altri delitti della stessa natura perpetrati sul territorio nazionale.

In quel frangente, specifici servizi di osservazione e di pedinamento permettevano di controllare a più riprese i soggetti sospettati mentre si trovavano in Calabria acquisendo infine un inequivocabile dato che deponeva per il loro stabile allontanamento, sul finire dell’estate, dal territorio calabrese.

Il team investigativo, che ha agito con il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, partendo dagli elementi d’indagine inizialmente acquisiti, ha ricostruito dettagliatamente le fasi precedenti e successive all’assalto con serrate investigazioni che avrebbero avvalorato la partecipazione all’azione di alcuni soggetti di Catanzaro che avrebbero ideato il colpo ed avvrebbero approntato la logistica fondamentale per la realizzazione dell’evento. Le stesse indagini ben presto fornivano una serie di acquisizioni confermative dell’iniziale assunto investigativo e permettevano di ricondurre la paternità dell’azione criminosa perpetrata ai danni della Sicurtransport alla collaborazione dei soggetti calabresi con membri della organizzazione criminale cerignolana.

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I furti delle auto in provincia di Cosenza

Nel dettaglio si evidenziava la sicura riconducibilità dei furti delle autovetture a soggetti della provincia di Cosenza anche con riguardo al furto dell’escavatore e del relativo rimorchio, trafugato in danno di un imprenditore di Rossano impegnato nell’attività di movimento terra che peraltro aveva denunciato il furto del mezzo dopo circa un mese dall’effettiva sottrazione.

Uno studio sistematico dei tabulati telefonici e delle relative celle, ha permesso poi di acquisire elementi in ordine al coinvolgimento nell’evento in trattazione di un soggetto di sicuro spessore criminale, considerato riferimento nella comunità rom stanziale di Catanzaro, legato a soggetti inseriti in contesti di criminalità organizzata sia in questa provincia che in quella di Crotone. É stato acclarato che l'uomo si sarebbe recato in più occasioni a Cerignola; si accertavano inoltre i continui rapporti dell’uomo con l’imprenditore di Rossano, proprietario dell’escavatore utilizzato per la “spaccata”.

Nel corso dell’attività nei confronti dei soggetti cerignolani assumeva rilevanza una perquisizione a carico di un uomo sospettato di far parte del commando degli assaltatori del caveau a seguito della quale veniva rinvenuta una pistola, con matricola abrasa; i relativi accertamenti tecnici di polizia scientifica permettevano infatti di verificare che la stessa era stata sottratta ad una guardia giurata nel corso di un’altra rapina.

Trovata banconota con contrassegno “Sicurtransport”

Inoltre, le attività investigative di intercettazione a carico dei pugliesi, permettevano di ottenere elementi in ordine alla presenza di una parte del bottino presso l’abitazione di un soggetto contiguo al gruppo criminale indagato. La perquisizione, effettuata nell’ottobre del 2017, permetteva in effetti il rinvenimento di una somma di denaro pari a 119.000 euro e, in tale somma, di una banconota riportante il contrassegno della “Sicurtransport”, circostanza che avvalora la riconducibilità della intera somma di denaro alla rapina.

L’insieme delle risultanze investigative determinava la Procura della Repubblica di Catanzaro ad emettere nello scorso dicembre un decreto di perquisizione con contestuale avviso di garanzia nei confronti di numerosi soggetti ritenuti coinvolti nell’azione criminosa tra cui quasi tutti i soggetti colpiti dall’odierno provvedimento cautelare.

Parte del bottino in dono ai capi delle principali consorterie di ‘ndrangheta

Secondo le investigazioni eseguite, parte del bottino sarebbe stato poi distribuito, quale dono in segno di rispetto e deferenza, ai capi delle principali consorterie di ‘ndrangheta del catanzarese e del crotonese.

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