Roma - Blitz della Polizia in diverse regioni italiane contro presunti appartenenti alla cosca Molè, una delle storiche famiglie di 'Ndrangheta: sono oltre cento le misure cautelari chieste e ottenute da tre procure distrettuali antimafia, quelle di Milano, Firenze e Reggio Calabria. Al centro dell'indagine, nel corso della quale è stata sequestrata anche una tonnellata di cocaina proveniente dal Sudamerica, la cosca della Piana di Gioia Tauro, le sue ramificazioni in Lombardia e Toscana e le proiezioni all'estero. Gruppi che, seppur dotati di una certa autonoma, operavano in stretta sinergia.
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I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione. A condurre le indagini sono state le squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno, coordinate dal Servizio centrale operativo della Polizia. Al filone milanese dell'inchiesta ha lavorato anche il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como. I dettagli dell'operazione sono stati illustrati in tre distinte conferenze stampa in procura a Milano e Firenze e in questura a Reggio Calabria.
L'intercettatazione: boss, "arriviamo a casa come le raccomandate"
"Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa": così ha detto intercettata una delle persone finite in carcere oggi nel blitz contro la 'ndrangheta. La frase che mostra "minaccia e autorevolezza" è stata citata durante la conferenza stampa indetta a Milano per spiegare il carattere di "arcaicità e modernità della 'ndrangheta", con imprenditori, come ha spiegato il procuratore facente funzioni Riccardo Targetti, costretti a diventare "complici e a fornirei l loro know-how" sia con la permanenza degli aspetti della "tradizione" violenta delle cosche.
15 anni di 'ndrangheta fra le province di Como, Varese fino alla Svizzera
L'indagine che ha portato ai 54 fermi in Lombardia da parte della polizia e della guardia di finanza, spiega un comunicato congiunto predisposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha permesso di ricostruire 15 anni di presenza della 'ndrangheta nell'area fra le province di Como e Varese fino alla Svizzera, una storia che può essere suddivisa in tre fasi. Dal 2007 al 2010 ci sono state numerose estorsioni nei confronti di imprenditori locali. Nel lungo periodo fra il 2010 e il 2019 alle estorsioni si sono aggiunti il controllo e la gestione economica di appalti importanti per servizio di pulizia di grandi imprese grazie alla collusione di un imprenditore dalla "faccia pulita" che era formalmente il titolare di cooperative del settore con cui era stato realizzato un sistema di frode per evadere le tasse e finanziare la criminalità organizzata. Il sistema di frode è stato in parte scardinato con alcuni arresti e questo a portato dal 2018 alla ripresa "su larga scala" delle estorsioni. La 'ndrangheta non si è però infiltrata solo nel settore delle pulizie. Ci sono "gravi indizi" che sia arrivata a coinvolgere trasporti per conto terzi, il facchinaggio. Nel caso della ristorazione, c'è l'esempio di un ristorante milanese in un punto panoramico, gestito da una società riconducibile agli indagati, dichiarato fallito "per aver sistematicamente omesso il versamento delle imposte". E "in via indiziaria" sono accusati di aver usato estorsioni e violenza e di illecita concorrenza per gestire dei subappalti di una storica società lombarda del settore delle bevande, connessa alla logistica. Questa 'ndrangheta "2.0' non aveva però abbandonato i vecchi affari come quello del traffico di droga con un occhio alla Svizzera e in particolare al cantone di San Gallo, che era "una vera base logistica" per alcuni degli indagati che ci stavano stabilmente e avevano iniziato a ramificarsi per costruire ramificazioni locali, un filone d'indagine per cui autorità giudiziaria italiana e Ministero Pubblico svizzero hanno creato una squadra investigativa comune. E il coordinamento investigativo fra polizie giudiziarie e Dda di Milano e Reggio Calabria ha confermato "la struttura unitaria della 'ndrangheta" confermando il legame fra i 'locali' lombardi e calabresi e il "rilevante ruolo di Milano e della Lombardia" negli interessi della criminalità organizzata al Nord.
Alcuni imprenditori lombardi "ridotti sul lastrico"
Imprenditori lombardi prima "ridotti sul lastrico", attraverso meccanismi di estorsione "a tappeto" ed usura, e poi "sfruttati" per le loro competenze e con le loro imprese 'divorate' dai clan. E' il quadro che emerge dal filone lombardo della maxi inchiesta contro la 'ndrangheta che oggi ha portato ad oltre 100 misure cautelari, per come è stato descritto dai pm di Milano Sara Ombra e Pasquale Addesso e dall'aggiunto della Dda Alessandra Dolci. Ombra ha raccontato anche un particolare di una testimonianza della moglie di un imprenditore ("una famiglia sul lastrico, sfrattata"), riportando le parole della donna: "Mio marito era costretto a dormire in macchina". Una "ndrangheta 2.0" che ha "cambiato rotta", stando alla descrizione di Dolci, con gli "imprenditori trasformati da vittime in strumenti di arricchimento e collusi". Il pm Addesso ha chiarito che ad "unire" alcuni imprenditori lombardi alle cosche della 'ndrangheta è la "evasione fiscale", perché una volta che gli imprenditori accettano di far entrare la 'ndrangheta "la massimizzazione dei profitti" viene realizzata attraverso "l'evasione".
Indagato anche ex sindaco del Comasco
Nel filone lombardo della maxi inchiesta, risultano indagati anche l'ex sindaco di Lomazzo (Como) Marino Carugati e anche un ex assessore della giunta che era guidata dal primo cittadino, entrambi, tra l'altro, già condannati per bancarotta. Lo ha precisato il procuratore aggiunto della Dda milanese Alessandra Dolci nella conferenza stampa in Procura a Milano. Dolci ha messo in luce i "rapporti" tra il clan, attivo in Lombardia soprattutto tra le province di Varese e Como, e "ex pubblici amministratori", ossia i due indagati.
REAZIONI
Lamorgese: "Soddisfazione per vasta operazione"
Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha manifestato la propria "soddisfazione per le vaste e articolate indagini condotte dalla Polizia di Stato, con il coordinamento delle Direzioni Distrettuali Antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze e con il supporto del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, che hanno portato all'arresto su tutto il territorio nazionale e all'estero di più di 100 persone ritenute appartenenti alla 'ndrangheta". "Le complesse operazioni, che hanno, tra l'altro, consentito di intercettare un importante traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di sequestrare un ingente quantitativo di cocaina, testimoniano ancora una volta l'elevata capacità investigativa e la professionalità delle nostre forze di polizia nel contrasto alle organizzazioni criminali i cui interessi illeciti assumono sempre più un carattere transnazionale", ha concluso la titolare del Viminale.
Morra: "Riflettere su dimensioni ciclopiche fenomeno"
"104 arresti fra Calabria, Toscana e Lombardia. Da un lato quest'operazione conferma che lo Stato c'è, e si può essere soddisfatti dei numeri. Dall'altro si deve riflettere sulle dimensioni ormai ciclopiche, gigantesche, del fenomeno, e sul fatto che il maggior numero degli arrestati sia al Nord". Lo scrive Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia, su Facebook, in merito alle operazioni odierne contro la 'ndrangheta. "Ed ancora - continua - si associa la 'ndrangheta alla Calabria, pensando che sia tutto sommato un fenomeno locale e perseguibile con relativa facilità!Comodo negare i problemi a casa propria per scaricarli sugli altri.La criminalità organizzata, con le sue infiltrazioni nella società civile e nel mondo della produzione, deve essere considerata un'emergenza democratica! Chi non lo vuole ammettere - conclude - avrà gravi responsabilità sulla sottovalutazione della minaccia ai valori della nostra carta costituzionale arrecata dalle mafie".
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