Calabria: Cosca mette mani su "Casa Legalità", due arresti

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Reggio Calabria, 10 gennaio - Le cosche di San Luca avevano messo le mani sull'appalto per la ristrutturazione di uno stabile destinato ad ospitare la Casa della legalità e della cultura di Polsi. E' la conclusione cui sono giunti i carabinieri che hanno arrestato l'architetto Giuseppe Iofrida, di 39 anni, e l'imprenditore Giuseppe Nirta (26), con l'accusa di associazione mafiosa. I due sono ritenuti vicini al boss della 'ndrina Mammoliti, alias ''fischiante", Francesco. Il provvedimento è stato emesso dal gip di Reggio Calabria nell'ambito dell'inchiesta della Dda denominata "Metano a San Luca", che il 15 settembre del 2011 portò all'esecuzione di sette fermi. Iofrida e Nirta, legato da vincoli di parentela con Mammoliti, secondo l'accusa, con le loro condotte hanno assicurato alla cosca il controllo del territorio del comune di San Luca consentendo il raggiungimento degli scopi criminali che, nel caso, riguardava controllo dell'appalto "Pon sicurezza casa della legalità e della cultura a polsi", consistente nella ristrutturazione di un fabbricato rurale in località Polsi di San Luca, per un importo di circa 600 mila euro. In pratica, secondo gli inquirenti, Francesco Mammoliti, già detenuto, era riuscito così ad accaparrarsi l'appalto. Dalle indagini sarebbe emerso che Iofrida e Nirta sono stati coinvolti, a vario titolo e con differenti ruoli, nella gestione occulta dell'appalto, fornendo, per l'accusa, un'indispensabile collaborazione per il raggiungimento degli scopi e degli obiettivi dell'associazione stessa, coadiuvando Francesco Mammoliti nell'attività. Iofrida, in particolare, avrebbe svolto un fondamentale ruolo di collegamento tra il capocosca, che per i carabinieri era il reale dominus della ditta individuale intestata al nipote Stefano che impiegava nel cantiere i propri mezzi meccanici, e gli operai della ditta Nisca di Cotronei, aggiudicataria dell'esecuzione delle opere. Inoltre avrebbe intrattenuto numerosi contatti telefonici con Francesco Mammoliti e Francesco Messineo, arrestato nel luglio 2012 dai carabinieri con l'accusa di essere materialmente l'alter ego di Mammoliti nella gestione dell'appalto. Iofrida, ottenuta la nomina di direttore tecnico dell'impresa Nisca, ha anche fatto assumere operai riconducibili alla 'ndrina Strangio ''Janchi" assoggettata ai Mammoliti. L'architetto, inoltre, ha chiesto all'impresa Nisca di stipulare contratti di nolo a freddo con l'impresa di Stefano Mammoliti, ritenuta di proprietà dello zio Francesco, creando anche uno stato di assoggettamento nei confronti del titolare della ditta Nisca. Nirta, dal canto suo, avrebbe depistato le indagini con dichiarazioni fuorvianti e contrastanti con altre dichiarazioni acquisite dagli investigatori.
Il c0mmento della Casa della Legalità e della Cultura Onlus
Come “Casa della Legalità e della Cultura – Onlus”, con le sedi Lamezia Terme e di Locri, apprendiamo dalla stampa oggi 10 gennaio la notizia di una sorta di “furto d’identità” del nome dell’associazione da parte di una cosca di San Luca (RC). Apprendiamo anche che le cosche di San Luca avevano messo le mani sull'appalto per la ristrutturazione di uno stabile destinato ad ospitare la una fantomatica (e da noi non autorizzata e nemmeno conosciuta) “Casa della legalità e della cultura di Polsi”. Sono stati arrestati due soggetti ritenute vicini al boss della 'ndrina Mammoliti, con provvedimento emesso dal gip di Reggio Calabria nell'ambito dell'inchiesta della Dda denominata "Metano a San Luca", che il 15 settembre del 2011 portò all'esecuzione di sette fermi. I due hanno assicurato alla cosca il controllo del territorio del comune di San Luca consentendo il raggiungimento degli scopi criminali che, nel caso, riguardava controllo dell'appalto "Pon sicurezza casa della legalità e della cultura a polsi", consistente nella ristrutturazione di un fabbricato rurale in località Polsi di San Luca, per un importo di circa 600 mila euro. Non è il primo caso in cui assistiamo ad un furto dell'identità della nostra associazione (era già successo in Campania, nel Lazio ed in Emilia-Romagna) e purtroppo non sarà l'ultimo. Duole constatare, inoltre, ancora una volta, come denunciamo da anni, che vi sia un pesante condizionamento mafioso nella gestione dei beni confiscati e dei finanziamenti per progetti finalizzati alla legalità. Crediamo sia improrogabile che tutti i “soggetti” sani impegnati sul fronte della Legalità, promuovano una seria analisi volta ad affrontare e risolvere questo devastante problema, uscendo dalla retorica ed ipocrita visione “trionfalista”, che troppo spesso ha coperto e copre anche i tentativi di infiltrazione nell'ambito dei progetti di gestione dei beni confiscati e dei finanziamenti".

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