Collaboratore Emanuele Mancuso al processo Rinascita-Scott: "Alcuni avvocati erano fissi a casa mia"

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Lamezia Terme - "C'erano avvocati che era come se avessero aperto lo studio a casa mia: venivano a mangiare a casa oppure andavano in barca con mio padre, perché in barca è difficile essere intercettati". Lo ha detto il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone detto "l'ingegnere", al processo Rinascita-Scott. Il boss ha raccontato che in una occasione, nel 2008 si presentò a casa sua un avvocato - imputato nel processo - con un fascicolo che riguardava Emanule Mancuso più altri con l'accusa di associazione mafiosa. "Avevo le carte in mano - ha detto il collaboratore - senza avere avuto nemmeno un avviso di garanzia. Era un compendio intercettivo rilevante si parlava di stupefacenti e imbasciate da portare alla mia famiglia. Stilo mi disse: stai attento che ti arrestano". Mancuso ha anche parlato di una rapina compiuta quando aveva 17 anni. In quell'occasione fu chiamato a difenderlo l'avvocato Giancarlo Pittelli, anche lui imputato nel processo. "Pittelli - ha detto il collaboratore - non è stato nominato dalla famiglia Mancuso. All'epoca per risolvere la questione si decise tramite Pinuccio Barba di nominare Pittelli. All'epoca io presi 3 anni e 4 mesi in abbreviato e dopo tre mesi e 20 giorni mi mandarono agli arresti domiciliari. La nomina di Pittelli? Era l'unico modo per farmi uscire".

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