Lamezia Terme - Dalle indagine condotte dalla Polizia e che hanno portato a smantellare un'organizzazione dedita allo spaccio di droga nell'area della Movida lametina, con 99 indagati e 23 destinatari di una misura (6 in carcere, uno ai domiciliari, 15 di obbligo di dimora e uno di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), emerge un quadro indiziario corposo e che interessa la realtà locale in maniera pregnante. Le indagini, come scritto nell'ordinanza firmata dal Gip, Barbara Saccà, sono scaturite dall’arresto di due soggetti che, in data 5 settembre 2017, venivano colti nella flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di 71 grammi di cocaina purissima. "La fama dell’associazione criminale facente capo alla coppia Antonio Pagliuso e Domenico Bonali - si legge altresì - era divenuta ormai di dominio pubblico così come la capacità di rifornirsi senza sosta di stupefacente, consentendo ai sodali di accaparrarsi un numero sempre maggiore di “clienti” abituali, provenienti dalle più diverse categorie sociali, ivi compresi imprenditori e liberi professionisti". I leader dell'organizzazione avevano allacciato rapporti per la fornitura di droga con i Piromalli di Gioia Tauro e con altri esponenti di Rosarno.
I professionisti fra gli acquirenti
Dalle le 315 pagine dell'ordinanza si può comprendere quanto l'uso di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, fosse una consuetudine nei diversi strati della società lametina e in particolare nella cosiddetta "Lamezia bene". "In data 7 aprile 2018 - come riporta l'ordinanza - si presentava, presso il magazzino di casa Bonali, il figlio di un noto farmacista della città. Dai dialoghi captati tra acquirente, Antonio Pagliuso e Simone Bonali, emergeva che lo stupefacente in possesso degli indagati era di buona qualità e che il medesimo farmacista era già stato loro cliente in precedenti occasioni". Nel prosieguo della conversazione Pagliuso raccomandava al cliente, di non procrastinare il pagamento della sostanza ricevuta oltre i tempi concordati e, soprattutto, lo invitava a non effettuare i pagamenti tramite accredito sulla carta poste pay, come evidentemente avvenuto in precedenti occasioni, poiché riteneva fossero facilmente tracciabili:
“Non me li mandare più sulla Postepay… lo sai che è controllabile...”.
"Nella notte tra il 20 ed il 21 giugno 2018 si registra una conversazione tra alcuni farmacisti, Antonio Pagliuso e Domenico Bonali, all’interno del magazzino di via Torre. Dal dialogo, avente ad oggetto l’acquisto di cocaina, si faceva riferimento alle cessioni effettuate loro dal Pagliuso in precedenti occasioni...". "In quella circostanza, tuttavia, le parti non riuscivano ad accordarsi e i farmacisti si lamentavano delle precedenti forniture in cui non erano rimasti soddisfatti nemmeno della qualità della sostanza. In definitiva, si riscontrava che Antonio Pagliuso, in due precedenti occasioni, aveva ceduto ai farmacisti ben otto dosi di cocaina, delle quali tre la prima volta, per un corrispettivo in denaro di 300 euro, e cinque la seconda volta. Essendo espressamente emerso dalle parole dei conversanti che le cessioni fossero state fatte da Antonio Pagliuso, è soltanto a questi che va riferita la gravità indiziaria per il delitto di cui al capo 125".
"In data 15 luglio 2018, Domenico Bonali veniva contattato telefonicamente da uno dei farmacisti il quale, utilizzando il consueto linguaggio criptico convenzionale: “Ma Barbara c’è da te? … e Carolina?”. Gli faceva intendere "di aver bisogno di un ulteriore quantitativo di cocaina. Data l’impossibilità di spostarsi da casa manifestata dal farmacista, la consegna della droga sarebbe avvenuta presso il domicilio di quest’ultimo, ove sarebbe stata portata direttamente dal Bonali". Il farmacista, nella successiva telefonata insisteva per la rapida consegna dello stupefacente, ricevendo a tal proposito rassicurazioni dal Bonali che gli confermava che sarebbe arrivato da lì a breve, in compagnia di “certi amici di Coreca” (frazione del comune di Amantea, in provincia di Cosenza). Pertanto, Bonali velocizzava le operazioni di confezionamento dello stupefacente da cedere al farmacista ed usciva dal magazzino per recarsi presso la sua abitazione in compagnia di un'altra persona non indagata, quest’ultima preoccupata di poter essere intercettata dalle forze dell’ordine. Bonali la tranquillizzava, informandola del fatto che il farmacista era un cliente fidato, con il quale concludeva affari da molto tempo, per cui anche la sua abitazione poteva considerarsi “sicura”.
A.C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA