Lamezia: Scordovillo come un “fortino”, ecco come avveniva il traffico dei rifiuti

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Lamezia Terme – Una discarica a cielo aperto, ma anche un “vero e proprio fortino presidiato da soggetti dal curriculum criminale variegato e corposo, dediti alla commissione di reati delle più svariate tipologie”: così gli inquirenti parlano del campo rom di Scordovillo, così emerso nel corso delle indagini. Oltre allo “spaccio di sostanze stupefacenti, ai furti ed estorsioni, sovente con la forma del cosiddetto cavallo di ritorno”, per arrivare fino all’omicidio avvenuto poche settimane fa, gli inquirenti parlano proprio dell’allarme igienico-sanitario, del degrado ambientale e delle violazioni della normativa urbanistica ed edilizia che “sono all’ordine del giorno”.

I primi a mettere in pericolo la loro salute sono proprio i residenti del campo rom, per poi allargare la questione a tutta la cittadinanza che subisce passivamente i fumi degli incendi che, nonostante anche le numerose intimazioni, nonché operazioni delle forze dell’ordine (l’ultima in ordine di tempo "Killer Smoke"), non li ha visti desistere. 

Il ruolo della "Beda Ecologia srl"

Secondo le indagini che hanno portato all'emissione di 39 misure cautelari, supportate anche dai filmati dei carabinieri, intorno al traffico di rifiuti ci sarebbe stata la "Beda Ecologia srl", società che fa capo ad un solo amministratore unico, nonché unico dipendente, il 33enne Antonio Berlingieri.  Al vertice dell’organizzazione, ci sarebbe proprio lui, finito oggi in carcere, accusato anche di associazione a delinquere insieme a Massimo Berlingieri, 39 anni, Antonio Bevilacqua, 32 anni e Simone Berlingieri, 32 anni.

La società avrebbe le autorizzazioni necessarie al solo trasporto di rifiuti non pericolosi e a questo dovrebbe limitarsi, così come le è inibito anche il commercio di ferro e acciaio e attività di intermediazione e compravendita metalli, “[…] subordinate a specifiche autorizzazioni di cui la Beda non dispone”.

“Dall’attività di indagine svolta è emerso come anche attraverso lo schermo della Beda Srl […] la gran parte degli indagati ma non tutti, […] – si legge - gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti, mediante l’impiego di una pluralità di mezzi e risorse umane (operai, autovetture, autocarri, gru) ed ai fini di profitto, inteso sia come risparmio di spesa nella gestione, che come maggior lucro derivante dal trattamento illecito dei rifiuti. Dietro l’attività della Beda srl, autorizzata alla sola attività di trasporto di rifiuti non pericolosi […] è dissimulato un vero e proprio mercato professionale del ferro e dell’acciaio rubato o, quantomeno, di provenienza incerta”.

Il Gip Emma Sonni scrive che “[…] Ed infatti, attraverso il paravento di una attività commerciale lecita, si cela una vera e propria filiera abusiva del recupero dei metalli privi di autorizzazioni relative alle lavorazioni e sottratta ai controlli, in assenza di qualsiasi possibilità di tracciare il produttore dei rifiuti”. “I rifiuti e, quindi, anche metallo ed acciaio, consistono nel risultato di una lavorazione, che, è bene chiarirlo sin da ora, la Beda Srl non è autorizzata a svolgere”.

Quelli che vengono definiti “microconferitori”, “[…] privi di autorizzazioni al trasporto anche in relazione ai mezzi utilizzati, (di solito semplici autovetture o cariole) convogliano presso la Beda Srl, centinaia di chili di ferro ed acciaio, ricevendo, per tale apporto, il pagamento di un compenso in proporzione al peso del materiale conferito”.

E ancora: “[…] oltre alle attività di lavorazione, trasporto e commercio illecito di ferro e acciaio, devono evidenziarsi anche le condotte di stoccaggio di rifiuti pericolosi, come lavatrici, motori e pneumatici, per i quali la società che fa capo ad Antonio Berlingieri, non è neppure autorizzata al trasporto, nonché le condotte di smaltimento illecito dei rifiuti delle lavorazioni non autorizzate all’esterno della Beda srl e del campo rom. Nell’area di pertinenza della suddetta società, infine sono scaricate di fatto, le acque dilavanti i rifiuti trattati nel piazzale solo parzialmente pavimentato e privo di rete di captazione delle acque, senza che le stesse subiscano un trattamento depurativo”.

A comprova di ciò, anche le analisi dell’Arpacal che aveva effettuato anche un sopralluogo per degli accertamenti nel campo rom, sia lungo la via d’accesso che all’interno dell’area di pertinenza della Beda, entrambe sottoposte a sequestro nell’aprile del 2011. I campioni prelevati da queste aree, “hanno dimostrato – si legge – in maniera univoca, il rilascio di elementi tossici nella matrice suolo con elevato rischio di inquinamento anche delle acque sotterranee”. 

C.S.

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