'Ndrangheta: Venti fermi e sequestro beni per 70 milioni di euro nel reggino

ros_casa.jpg

Reggio Calabria - I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito ad Oppido Mamertina, nel reggino, venti provvedimenti di fermo nei confronti di altrettante persone presunte affiliate alla 'ndrangheta. I fermati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, di alcuni omicidi, intestazioni fittizie di beni e di avere reimpiegato proventi di attività illecita nell'acquisto di immobili, anche di prestigio, a Roma. L'indagine che ha portato ai fermi è scaturita dalla ripresa della faida che vede contrapposta la cosca "Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo" a quella dei "Ferraro-Raccosta", scoppiata nel 1991.

SEQUESTRO BENI PER 70 MILIONI DI EURO

Ottantotto immobili, tra terreni e case, per un valore di oltre 70 milioni di euro, sono stati sequestrati a Roma ed in Calabria dai carabinieri nell'ambito dell'operazione che ha portato all'esecuzione di venti provvedimenti di fermo nei confronti di altrettanti affiliati alla 'ndrangheta. I sequestri sono stati disposti dalla Dda di Reggio Calabria, che ha anche emesso i provvedimenti di fermo eseguiti dai carabinieri del Comando provinciale reggino. Il gruppo criminale sgominato con l'operazione ruotava attorno alla figura dl boss Rocco Mazzagatti, di 50 anni, capo dell'omonima cosca, che è stato arrestato. Mazzagatti, attraverso una serie di prestanome, avrebbe gestito un vasto giro di attività imprenditoriali a Roma ed in Calabria, tra cui attività di commercio di automobili e distributori di carburante. Nella capitale, anche grazie a complicità che gli inquirenti stanno cercando adesso di individuare, il presunto boss avrebbe acquisito, in particolare, la proprietà di immobili ed attività commerciali ed imprenditoriali attraverso il sistema delle aste giudiziarie, per le quali non è escluso che Mazzagatti possa avere beneficiato di favoritismi. L'operazione dei carabinieri ha consentito anche di fare luce su cinque omicidi avvenuti nell'ambito della faida tra i Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo ed i Ferraro-Raccosta.

Vittima omicidio data in pasto a maiali

È stato dato in pasto ai maiali quando era ancora vivo Francesco Raccosta, una delle vittime degli omicidi attribuiti alla cosca Mazzagatti sgominata stamattina dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria con l'operazione "Erinni". Francesco Raccosta e Carmine Putrino, che erano cognati, furono fatti sparire il 13 marzo 2012 ad Oppido Mamertina e, secondo quanto è emerso dalle indagini, furono uccisi lo stesso giorno. Nella stessa giornata del 13 marzo 2012, sempre ad Oppido Mamertina, fu ucciso Vincenzo Ferraro, di 42 anni, già sorvegliato speciale. L'indagine dei carabinieri ha fatto luce anche sull'omicidio di Vincenzo Raccosta, rispettivamente, padre e suocero di Francesco Raccosta e Carmine Putrino, assassinato il 10 maggio 2012. A compiere i quattro omicidi sarebbe stato, secondo i risultati dell'inchiesta “Erinni”, Simone Pepe, di 24 anni, che è una delle venti persone fermate nell'operazione di stamattina. Pepe, secondo l'accusa, avrebbe commesso i quattro omicidi per vendicarsi dell'assassinio del patrigno, Domenico Bonarrigo, di 45 anni, avvenuto sempre ad Oppido Mamertina il 3 marzo del 2012.

I 20 fermati

Gli indagati maggiorenni colpiti dal provvedimento di fermo: Simone Pepe, di 24 anni, Rocco Mazzagatti di 40 anni, Giuseppe Mazzagatti di 29 anni, Antonino De Pasquale di 28 anni; Leone Rustino, di 32 anni; Giuseppe Rustico di 33 anni; Pasquale Rustico di 28 anni; Rocco Bonina di 35 anni; Domenico Scarfone di 56 anni; Cosmo Polimeni di 26 anni; Paolo Polimeni di 32 anni; Rocco Alessandro Ruffa di 22 anni; Francesco Mazzagatti di 22 anni; Diego Zappia di 28 anni; Carmine Murdica di 20 anni; Domenico Lentini di 19 anni (all’estero); Giuseppe Ferraro di 45 anni (latitante da diversi anni); Valerio Pepe di 22 anni; Leandro Pepe di 39 anni; Matteo Scarponi di 21 anni.

A Roma creata una “filiale criminale”. Acquistati, con prestanome, case e attività commerciali

Avevano creato a Roma una vera e propria ''filiale criminale'', secondo la definizione degli investigatori, gli affiliati alla cosca Mazzagatti. Nella Capitale il gruppo criminale capeggiato da Rocco Mazzagatti avrebbe gestito, attraverso una serie di prestanome, una serie di società ed attività commerciali ed acquistato un consistente quantitativo di immobili. In alcune telefonate intercettate dagli investigatori Rocco Mazzagatti fa riferimento alle sue attività imprenditoriali vantandosi della sua capacità nel portarle avanti e dispensando consigli agli affiliati alla sua cosca sui metodi per nascondere i proventi illeciti in modo da eludere gli accertamenti patrimoniali. In una telefonata, tra l'altro, Mazzagatti critica la cosca Alvaro della 'ndrangheta per essersi fatta sequestrare dalla Dda di Reggio Calabria il 'Cafè de Paris' a Roma. "Noi non siamo come loro. Siamo sicuramente più scaltri e più abili", afferma il boss in una conversazione telefonica con uno degli affiliati al suo gruppo criminale. Tra gli arrestati un ruolo di rilievo sarebbe stato svolto da Domenico Scarfone, di 56 anni, residente a Genzano di Roma. Sarebbe stato proprio Scarfone, grazie ad amicizie con avvocati e persone gravitanti nell'orbita delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari, a consentire alla cosca Mazzagatti di acquistare numerosi appartamenti nelle aste giudiziarie che venivano poi intestati ad altre persone. Mazzagatti aveva anche interessi a Catanzaro, dove aveva trasferito la sua residenza ed una parte dei suoi interessi economici, rilevando, sempre attraverso prestanome, una serie di attività. La cosca Mazzagatti, inoltre, a detta degli investigatori, avrebbe intrecciato stabili rapporti criminali con altri gruppi criminali di tutta la Calabria, ed in particolare con quelli di San Luca e Platì. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ha sottolineato "la capacità che aveva Rocco Mazzagatti di intrecciare rapporti anche con gruppi criminali del Crotonese e del Vibonese, oltre che di Catanzaro, ampliando così i suoi interessi". Tra i fermati nell'operazione Erinni c'è un diciottenne, all'epoca dei fatti ancora minore, "che aveva una partecipazione piena e consapevole - ha detto, in conferenza stampa, il Procuratore dei Minorenni di Reggio Calabria, Carlo Macrì - all'interno dell'organizzazione, per la quale aveva il compito di detenere delle armi, tenerle nascoste e metterle a disposizione degli uomini della cosca quand'era necessario".

REAZIONI

On. Rosanna Scopelliti (Ncd): “Si tratta d’ importante operazione"

"Con l'operazione denominata Erinni della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, coadiuvata dal Comando Provinciale Carabinieri e dallo Squadrone Eliportato 'Cacciatori' dei carabinieri è stata sgominata ad Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, una tra le più pericolose e sanguinarie cosche di 'ndrangheta che operava tra la Calabria e Roma". Lo afferma la deputata Rosanna Scopelliti (Nuovo Centrodestra), componente della Commissione Parlamentare Antimafia. "Sia i nomi - aggiunge - che il gran numero di persone arrestate, ben 20 di cui uno addirittura minorenne, oltre che l'enorme valore stimato in circa 70 milioni di euro per i beni a loro sequestrati dà la dimensione dell'operazione 'Erinni', che ha sgominato una delle cosche di 'ndrangheta - quella dei Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo - che aveva la sua base a Oppido Mamertina, ma che aveva allungato i suoi artigli profondamente nella Capitale. Alla cosca Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo la Dda di Reggio Calabria ascrive una serie infinita di reati gravissimi, che vanno da una serie di omicidi, commessi anche compiendo atrocità inumane, alle estorsioni, ai danneggiamenti fino all'immancabile traffico di stupefacenti. Questi dati fanno comprendere la complessità delle indagini compiute dalla magistratura antimafia reggina, ed anche il rischio a cui si sono esposti i Carabinieri che hanno materialmente realizzato gli appostamenti ed infine gli arresti". "L'operazione 'Erinni' - ha concluso l'on. Scopelliti - è l'ennesima riprova delle grandi professionalità che operano in Calabria come magistratura e forze dell'ordine, con uomini e donne degni dell'ammirazione non solo dei calabresi, ma dell'intero Paese".

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA