Operazione “Giù la testa” nel reggino: fatta luce su omicidio e tentata estorsione, 4 arresti - VIDEO

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Reggio Calabria - Un'operazione della Polizia denominata “Giù la testa”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è in corso per l'esecuzione di 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio aggravati, ad eccezione del tentato omicidio, dal metodo mafioso e dall'avere agevolato la 'ndrangheta unitaria, nella sua articolazione della cosca Tegano operante nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Nel corso dell'operazione sono state eseguite anche diverse perquisizioni domiciliari. I particolari sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa nella Questura di Reggio Calabria alla presenza del procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.

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Fatta luce su omicidio tabaccaio ucciso sulla strada nazionale per Catona nel 2017

“Giù la testa” è il nome dato all’operazione nel corso della quale, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia, gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria hanno eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere. L’indagine della Polizia di Stato ha consentito di individuare il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso con un colpo di pistola alla testa la sera del 25 maggio 2017, esploso da un killer da distanza ravvicinata, mentre rientrava a casa con lo scooter sulla strada Nazionale per Catona. L’esercente reggino di 66 anni venne ucciso per strada su mandato di un esponente della ‘ndrangheta reggina in modo plateale con una pistola abbandonata accanto al cadavere, perché non si era voluto piegare al diktat della cosca di chiudere la tabaccheria che da circa un anno aveva aperto a Gallico, facendo concorrenza a quella del mandante dell’omicidio, elemento di spicco della famiglia Tegano. Il delitto con la sua efferatezza e connotazione simbolica doveva riaffermare di fronte a tutta la comunità la perdurante operatività della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la sua potenza criminale e il dominio sul territorio.

Ricostruite le fasi dell’agguato

Un faticoso lavoro di acquisizione, estrapolazione, studio e analisi delle immagini di numerosi di impianti di videosorveglianza, per tantissime ore di registrazione, ha consentito agli investigatori della sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria di ricostruire le fasi dinamiche dell’azione delittuosa e individuare i componenti del commando che sarebbero Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino che seguivano Ielo con una Fiat Panda di colore rosso in stretto raccordo operativo con il killer Dattilo Francesco Mario che agiva a bordo di uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione lungo la strada che la vittima stava percorrendo per ritornare a casa al termine della giornata di lavoro.

Fatta luce su rapina e tentato omicidio dell’8 novembre 2016

L’analisi unitaria degli eventi delittuosi posti in essere in danno del tabaccaio ha consentito agli investigatori della Sezione Omicidi e della Sezione Contrasto al Crimine Diffuso di fare luce anche sulla rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale Bruno Ielo era stato gravemente ferito al volto con un colpo di pistola esploso da uno dei due malviventi che avevano fatto irruzione all’interno della sua tabaccheria di Gallico. La rapina organizzata con finalità intimidatorie da Francesco Polimeni e posta in essere da Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Ciaramita (che, con condotta autonoma, aveva sparato in faccia alla vittima per avergli opposto resistenza), era finalizzata a costringere Ielo a chiudere l’attività commerciale per consentire Polimeni - gestore anch’egli di una vicina tabaccheria - di accaparrarsi i guadagni derivanti dall’acquisizione della clientela della vittima. Gli investigatori hanno studiato le abitudini degli indagati, monitorato le loro condotte, analizzato le peculiari fattezze fisiche e il modus operandi particolarmente irruento e sono riusciti ad individuare elementi in comune alla rapina e all’omicidio, uno dei quali rilevato con avanzate tecnologie di polizia scientifica che consentivano di dimostrare come l’arma abbandonata da Dattilo sulla scena del crimine la sera dell’omicidio, fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina dell’8 novembre 2016, ovvero una Beretta mod. 70 cal.7.65, tanto da far ritenere che per commettere l’omicidio di Bruno Ielo, Dattilo abbia utilizzato, con elevata probabilità, la stessa pistola.

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