Operazione "Mala pigna" a Gioia Tauro, procuratore Bombardieri: "Smaltimento illegale rifiuti gestito da cosche e colletti bianchi"

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Reggio Calabria - Concorso esterno in associazione mafiosa. Questa l'accusa contestata al noto penalista ed ex parlamentare di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, arrestato stamane dai carabinieri di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione coordinata dalla Dda, nome in codice "Mala Pigna", sullo smaltimento illegale di rifiuti da parte di aziende legate al clan della 'ndrangheta dei Piromalli, che ha portato all'esecuzione di 29 misure cautelari e i cui dettagli sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa dal procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci, dai vertici dell'Arma e alla presenza del generale Antonio Pietro Marzo, comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dei carabinieri.

L'avvocato Pittelli, già ai domiciliari in quanto coinvolto nell'operazione "Rinascita Scott" della Dda di Catanzaro, secondo gli inquirenti "veicolava informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti al 41 bis e in particolare tra Giuseppe Piromalli, 76 anni detto “Facciazza”, il figlio Antonio, 49 anni, e Rocco Delfino, soggetto di estrema fiducia per i Piromalli ed elemento di vertice della stessa cosca”. In particolare l'avvocato catanzarese avrebbe agito “da ‘postino’ - si legge nel capo d'imputazione - per conto dei capi della cosca Piromalli, nella perizia balistica relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti”, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ucciso il 9 agosto del 1991 in un agguato a Campo Calabro, nel reggino, mentre rientrava a casa a bordo della sua autovettura. L’ex parlamentare – hanno ricostruito gli inquirenti – avrebbe sottoposto all’attenzione di un indagato, ritenuto “soggetto di estrema fiducia” della famiglia mafiosa Piromalli di Gioia Tauro, “una missiva proveniente da Antonio Piromalli finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli (alias ‘facciazza’) indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di ‘ndrangheta e di Cosa nostra siciliana, dell’omicidio del giudice Scopelliti facendosi portavoce delle esigenze della cosca”.

Secondo Bombardieri l'avvocato Pittelli avrebbe intrapreso una serie di condotte volte ad agevolare le attività illecite della cosca di 'ndrangheta. “Quello che è emerso nel caso di Pittelli – ha spiegato – è una condotta complessiva, a tutto tondo, che esula dal mandato difensivo, posta a disposizione di Rocco Delfino e della cosca che rappresenta e che si è sostanziata sia nel costruire un punto di interrelazione tra il carcere e i reggenti delle cosca che nel quadro delittuoso dell'intestazione fittizia di beni”.

"L'inizio di una lunga battaglia per salvaguardia del nostro ambiente"

“L’attività portata a termine dal gruppo dei carabinieri forestali è stata svolta in maniera eccellente, in silenzio e con un metodo che ha messo in evidenza l’impegno eccezionale degli uomini – ha rilevato il comandante Marzo -. Purtroppo, i crimini ambientali affliggono questa terra e quando riusciamo a scardinare questi danni imperdonabili a discapito della salute dei cittadini, siamo orgogliosi perché facciamo un passo per recuperare un futuro migliore. Questo è sicuramente, l’inizio di una lunga battaglia a contrasto della criminalità e alla salvaguardia del nostro ambiente”.

“Non posso non ringraziare il generale Marzo, sceso appositamente da Roma per testimoniare l’importanza dell’operazione e delle attività svolte e gli uomini del NIPAAF che hanno ricostruito un grosso traffico di illeciti di rifiuti, un vero disastro ambientale e tutti i collegamenti tra soggetti noti con precedenti giudiziari e la cosca Piromalli – ha affermato il procuratore Bombardieri.

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L'attenzione degli inquirenti si è concentrata in particolare su Rocco Delfino, che per il procuratore Bombardieri, avrebbe promosso un’associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende intestate fittiziamente a soggetti in teoria insospettabili ma riconducibili alla diretta influenza e al dominio della sua famiglia. Le indagini condotte dai militari del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) di Reggio Calabria, hanno disvelato lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso attività di interramento nel suolo, su cui sono stati eseguiti accertamenti tecnici da parte di Consulenti nominati dalla magistratura. Dalla sede della società “Ecoservizi s.r.L.”, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica sita nella zona industriale del Comune di Gioia Tauro (RC) e gestita dalla famiglia Delfino, partivano autocarri con il cassone carico di “Car Fluff”, un rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture, e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza. Qui venivano interrati enormi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative.

Rifiuti interrati, valori sopra soglia 6.000%

Gli accertamenti eseguiti hanno consentito di individuare anche l’interramento di fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica. I terreni agricoli, a seguito degli interramenti, risultano gravemente contaminati da sostanze altamente nocive, alcune di esse rilevate sino a valori pari al 6000% del limite previsto, "con il concreto ed attuale pericolo - sottolineano gli inquirenti - che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante”. Le indagini avrebbero permesso inoltre di documentare specifiche vicende estorsive a danno di imprese impegnate nell’appalto per la demolizione delle gru di banchina ormai obsolete presso il Porto di Gioia Tauro. Questa vicenda avrebbe visto coinvolti in prima linea alcuni degli arrestati, nello specifico Rocco Delfino e Domenico Cangemi, quali esponenti della cosca Piromalli di Gioia Tauro, e Francesco B. Palaia come presunto esponente della cosca Bellocco di Rosarno.

Bruno Mirante

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