Ordigno alla caserma di Pianopoli, in aula carabiniere racconta l’esplosione

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Lamezia Terme – Nuova udienza per il processo con al centro la vicenda dell’ordigno esploso ai danni della caserma di Pianopoli nel giugno 2017. Nell’aula Garofalo del tribunale lametino, questa mattina, a rispondere alle domande del Pm Costa, davanti al presidente Carè, è stato uno dei carabinieri che risiede nella caserma di Pianopoli e che, nel cuore della notte del 5 giugno, è stato svegliato da un forte boato. “Erano le 2:30 quando ho udito l’esplosione. Mi sono alzato e sono uscito per vedere costa fosse accaduto, fuori c’erano già anche altri cittadini” racconta così in aula il testimone ricordando quella notte. “Fuori però sembrava tutto tranquillo” ricorda ancora. Da un’attenta analisi però, il carabiniere, riferisce ancora in aula, c’era un tabellone vicino al quale i militari avevano notato delle foglie di un albero cadute e un piccolo cratere così come dei manifesti bruciati. Quel tabellone si trovava a qualche metro dalla caserma. All’indomani dell’episodio, che ha suscitato tanta paura ma senza nessuna più grave conseguenza, i militari della caserma hanno continuato con le indagini visionando anche i filmati delle telecamere.

“Dalle caratteristiche somatiche, dall’andatura e dalla postura, è stato identificato Stranieri” precisa il militare anche se, aggiunge “aveva il viso travisato”. Secondo i carabinieri si tratterebbe del 26enne, già da loro attenzionato, Ottavio Stranieri. Il giovane era stato arrestato insieme ad altre sette persone, anche per questo episodio, nell’ambito dell’operazione “Zona Franca” contro un traffico di armi e droga, scattata nel maggio scorso. Secondo quanto emerso in conferenza stampa dopo quegli arresti, il giovane avrebbe agito su mandato un'altra persona, Fiorenza Naiden, che si sentiva, questo quanto emerso dalle indagini, sotto pressione da parte dei carabinieri che stavano smascherando le sue attività. La difesa, nella persona dell’avvocato Antonio Larussa, ha chiesto dei chiarimenti al teste su come era vestito e travisato il giovane, “era di spalle, non l’abbiamo visto in viso” precisa il militare in aula.

Il Pm, inoltre, ha chiesto l’acquisizione di una prova di un altro procedimento penale, un colloquio in carcere nel quale si parla proprio della circostanza dell’esplosione di questo ordigno. La difesa, invece, ha chiesto la sostituzione della misura in carcere con quella degli arresti domiciliare per il 26enne, sul quale il Tribunale si è riservato di decidere. Il processo è stato poi rinviato al 12 marzo.

R.V.

 

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