Processo "Black Money" contro cosca Mancuso: cade in Appello l'accusa di associazione mafiosa, c'è un nuovo pentito

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Catanzaro - Non regge l’accusa di associazione mafiosa neanche in Appello per il clan Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) nell’ambito dell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro denominata “Black money”. La Corte d’Appello di Catanzaro ha infatti confermato in pieno la sentenza del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, assolvendo anche un ulteriore imputato – Leonardo Cuppari – che in primo grado era stato invece condannato per tentata estorsione. Assolto anche in Appello dall’accusa di associazione il boss Pantaleone Mancuso (detto “Scarpuni”) che sta scontando l’ergastolo per altri processi. Cinque anni la condanna per estorsione per Antonio Mancuso e 9 anni per usura a Giovanni Mancuso. Entrambi sono stati assolti anche in Appello dall’associazione mafiosa unitamente a Giuseppe Mancuso (difeso dall'avvocato Leopoldo Marchese), 42 anni, Agostino Papianni (7 anni e 8 mesi per altri reati) ed all’imprenditore Antonino Castagna. Condannato a 5 anni e 6 mesi l’imprenditore Antonio Prestia, 7 anni a Gaetano Muscia, mentre Damian Fialek passa dai tre anni del primo grado ad un anno dell’Appello. Domenico Cuppari (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Patrizio Cuppari), assolto in primo grado per associazione e condannato per estorsione a 6 anni, adesso è stato assolto sia dall’associazione che dall’estorsione. Per l'imprenditore Antonio Velardo (difeso dall'avvocato Francesco Gambardella),  assolto per i reati fiscali in primo grado, oggi è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale. L’operazione era scattata nel marzo del 2013 con il coordinamento dell’allora procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli. In primo grado l’accusa è stata sostenuta dal pm Marisa Manzini, mentre in Appello per l’accusa c’era il pm Annamaria Frustaci.

Nel corso dell'udienza, però, è emerso un elemento di novità. C'è un nuovo pentito di 'ndrangheta del Vibonese. Si tratta di Giuseppe Comito, condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione nell'ambito del processo "Gringia" sulla faida tra i Patania, del quale è accusato di esserne stato componente, e il gruppo dei piscopisani. A rivelarlo, in udienza, è stato il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci che ha chiesto l'acquisizione dei verbali del neo-collaboratore di giustizia al processo "Black Money" relativamente alla posizione dell'imputato Pantaleone Mancuso, alias "Scarpuni", condannato all'ergastolo nel processo "Gringia". Acquisizione che i giudici hanno, tuttavia, rigettato. Comito, 40 anni, del quartiere Marina di Vibo, è stato più volte nominato da altri pentiti e nelle sue motivazioni, la Corte d'assise d'appello di Catanzaro ne tratteggiava il ruolo nell'ambito della faida, tra il 2011 e il 2012, e in particolare nel delitto di Francesco Scrugli - per il quale è stato condannato per concorso in omicidio - commesso il 21 marzo 2012 a Vibo Marina, in cui rimasero feriti Rosario Battaglia e Raffaele Moscato. "Aveva il compito - scrivevano i giudici - di dare il via libera all'ingresso dei killer nell'immobile nel momento in cui gli obiettivi si fossero allontanati ed all'interno non vi fossero nemmeno gli operai che stavano eseguendo dei lavori di ristrutturazione. Solo in tal modo sarebbe stato garantito l'effetto sorpresa dato dalla presenza dei killer lungo le scale mentre Scrugli e gli altri avrebbero fatto ritorno nell'appartamento". Di Comito ha parlato anche un altro collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, in riferimento all'omicidio di Davide Fortuna: "È avvenuto perché se l'è venduto Giuseppe Comito con Pantaleone Mancuso 'Scarpuni'. Questi non muoveva un passo senza Nazzareno Colace che è vicinissimo a 'Scarpuni'. La casa di Comito affaccia sulla spiaggia dove avvenne il delitto. La sua baracca era in una posizione strategica per essere usata come base per l'omicidio di Scrugli ed il tentato omicidio mio e di Battaglia poiché posizionata a circa 500 metri dalla casa di Fortuna, in una zona buia e senza telecamere, con la possibilità di fuga dalla spiaggia. Colace aveva detto a un tale Giuseppe Comito di sorvegliarci. E infatti quando ci fu l'omicidio di Fortuna, la ragazza di Battaglia, che era in spiaggia, prese i bambini di Fortuna e si allontanò, andando a chiedere rifugio proprio nella casa di Comito che era a 10 metri dalla nostra di via Arenile, luogo dell'agguato di marzo. E Comito le chiuse la porta in faccia". Il neo-pentito viene tirato in ballo anche da un altro collaboratore, Nicola Figliuzzi, ex braccio armato dei Patania che parlando sempre del delitto Fortuna, ha riferito: "A segnalare ai killer la presenza di Fortuna fu Giuseppe Comito, uomo di 'Scarpuni'", aggiungendo che gli appostamenti ai rivali Rosario Battaglia e Raffaele Moscato, "venivano effettuati da Giuseppe Comito e Francesco Alessandria presso il quale lavoravo e fu lui a dirmi che li avevano trovati tutti e due, più Scrugli".

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